Il reddito dell`impresa familiare


La ripartizione del reddito dell`impresa familiare tra titolare e partecipanti
Il reddito dell`impresa familiare
La normativa tributaria, per evitare artificiose manovre volte a ridurre l`imposizione, subordina la ripartizione del reddito dell`impresa familiare tra titolare e partecipanti a varie condizioni, a volte non richieste dalla normativa civilistica in materia.
L`imputazione del reddito conseguito dall`impresa familiare è disciplinata dall`art. 5, c. 4 del TUIR, secondo cui:
a) il titolare dell`impresa, unico soggetto imprenditore, deve dichiarare almeno il 51% del reddito conseguito dall`impresa familiare.In ambito civilistico non vi è un limite quantitativo minimo del reddito spettante al titolare dell`impresa, che viene indirettamente a dipendere dalla quota di utili spettanti ai familiari. Quindi in ambito tributario, il reddito complessivamente imputato ai familiari può essere inferiore a quanto ad essi spettante secondo l`art. 230-bis C.C.
Scopo della norma tributaria è quello di evitare fittizie imputazioni di utili ai partecipanti per attenuare l`imposizione del titolare.
b) L`esistenza dell`impresa familiare deve risultare da atto pubblico o scrittura privata autenticata: avente data anteriore all`inizio del periodo di imposta, oppure contestuale all`avvio dell`attività da parte del titolare, con effetto nello stesso anno, come chiarito dalla C.M. 17.05.2000 n. 98/E; recante la sottoscrizione del titolare e dei partecipanti; indicante nominativamente i partecipanti ed il loro rapporto di parentela o affinità con il titolare; possono partecipare: il coniuge, i parenti entro il 3° grado e gli affini entro il 2° grado.
La norma antielusiva è difforme dalla normativa civilistica che, per l`esistenza dell`impresa familiare e per l`imputazione del reddito ai partecipanti, richiede solamente una situazione di fatto (la collaborazione continuativa del familiare), senza che sia necessario un atto scritto.
c) La dichiarazione dei redditi del titolare: deve indicare le quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari; deve attestare che tali quote sono proporzionate alla quantità e qualità del lavoro effettivamente prestato nell`impresa, in modo continuativo e prevalente, nel periodo di imposta.È evidente la difficoltà di valutare la correttezza dell`imputazione del reddito ai familiari, in quanto: mancano parametri di riferimento sulla qualità del lavoro; è indeterminato il significato di "prevalenza" (per reddito o per tempo? In relazione ad altre attività lavorative produttive di reddito o ad altre attività lavorative in generale?); risulta difficilissimo misurare la quantità del lavoro, anche perché nella pratica non è istituito un "libro presenze" per annotare le ore lavorate.Ai fini delle imposte dirette l`imputazione del reddito ai familiari è subordinata, quindi, a condizioni non richieste dall`art. 230-bis C.C., secondo cui la quota di utili spetta al partecipante che ha lavorato: non solo nell`impresa, ma anche o solo nella famiglia; con continuità ma non necessariamente con prevalenza.
d) I familiari devono attestare nella propria dichiarazione dei redditi di aver prestato la propria attività di lavoro nell`impresa con continuità e prevalenza.
Come in ambito civilistico, il familiare è escluso dalla partecipazione alle perdite, che gravano sul titolare.Come chiarito dallo Studio n. 227-2015/T del Consiglio Nazionale del Notariato, il reddito imputato ai familiari ha la stessa natura del reddito prodotto dall`impresa familiare; pertanto, se essa esercita: un`attività commerciale ex art. 55 del TUIR, costituisce reddito di impresa; un`attività agricola, costituisce reddito agrario oppure d`impresa se si superano i limiti di cui all`art. 32 del TUIR.
Quindi, in ogni caso, il reddito viene imputato ai familiari anche se non percepito.

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di Alessandro Brianza

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