IL RISCHIO CAMBIO NEI CONTRATTI DI LEASING
La clausola di rischio cambio rappresenta una scommessa sul futuro andamento del rapporto di cambio tra due valute
La clausola di rischio cambio rappresenta uno strumento finanziario utilizzato da molti istituti bancari ed è stato impiegato non solo all’interno dei comuni contratti di mutuo ma anche di altre tipologie di contratti bancari, quali in primis i contratti di leasing finanziario.
Vengono in rilievo in tal senso i contratti di leasing proposti per molti anni da alcune società alle imprese per l’acquisto di immobili e attrezzature strumentali all’esercizio dell’azienda.
Con il contratto di leasing finanziario la società di leasing acquista il bene scelto dall’impresa e lo offre in uso a quest’ultima dietro il pagamento di un canone di locazione, il quale sconta una parte di prezzo per l’acquisto del bene ed una parte di prezzo per il suo godimento.
Tuttavia nei contratti di leasing finanziario è accaduto che, accanto a questa struttura per così dire "tradizionale", veniva apposta al contratto una clausola di indicizzazione, il più delle volte parametrata al Libor CHF e al rapporto di cambio Euro/Franco Svizzero, ma in alcuni casi anche al Libor JPY e al rapporto di cambio yen giapponese / euro.
Un'operazione di leasing si dice "indicizzata" o a "tasso indicizzato" quando ciascuna rata del canone leasing è legata alle variazioni di un parametro finanziario di riferimento, inserito in contratto in una specifica clausola contrattuale di indicizzazione.
L’effetto dell’inserimento nel contratto di una tale clausola (il cui parametro è rappresentato dal rapporto di cambio tra l’euro ed una valuta straniera) è stato tuttavia quello di snaturare la funzione tipica del contratto di leasing, e di addossare all'utilizzatore, oltre al rischio di variazione del Libor, anche quello della fluttuazione del cambio valutario CHF/euro o yen/euro. Rischio che si sostanzia per i clienti non dotati - a differenza delle banche - di strumenti professionali previsionistici, in una vera e propria scommessa sul futuro andamento del rapporto di cambio tra le due valute, ove il canone mensile costituisce solamente la base di calcolo per determinare il differenziale spettante all'una o all'altra parte e nulla ha a che vedere con il corrispettivo, proprio del contratto di leasing, dovuto per il godimento del bene e/o per il suo finanziamento.
È dunque evidente che la banca, mediante l’inserimento di tale clausola nel contratto, ha perseguito la finalità di ottenere utilità economiche ulteriori rispetto al corrispettivo della locazione finanziaria dell’immobile. Utilità che prontamente si sono materializzate attraverso la "lievitazione" di differenziali, anche di notevole rilevanza, sempre favorevoli all'istituto di credito e mai al cliente.
A seguito dei gravi pregiudizi economici derivati da tale strumento sono fioccati abbondanti contenziosi, facilitati anche dalle notevoli difficoltà in cui le imprese si sono trovate nel far fronte ai rilevantissimi importi generati da tale indicizzazione, per lo più in un momento di grave contrazione economica.
Interessanti sono state, sul punto, le sentenze del Tribunale di Udine nei confronti dei contratti di leasing promossi da Hypo Alpe Adria Bank.
Il Tribunale friulano ha infatti ritenuto:
che la clausola di "rischio cambio" è dotata di causa propria ed autonoma rispetto il contratto di leasing, la cui autonomia è sottolineata dalla liquidazione separata di flussi finanziari che la sua esecuzione determina e dalla evidenza data nel contratto al suo carattere aleatorio;
che tale clausola integra a tutti gli effetti un contratto finanziario derivato valutario, sicché la banca concedente (che ha negoziato per conto proprio lo strumento) era tenuta al rispetto delle norme di condotta previste per gli intermediari finanziari dal d.lvo 58/1998 (TUF) e dalla normativa regolamentare applicabile;
che le norme di condotta violate da Hypo Alpe Adria Bank attengono in particolare all’obbligo di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti, di astenersi dalle operazioni nel caso di conflitti di interessi, di informarsi sull’esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari del cliente e di fornirgli informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione;
che il mancato assolvimento degli obblighi previsti dal TUF e dal regolamento della Consob integra un grave inadempimento della Banca.
Sulla scorta di tali valutazioni, il Tribunale di Udine ha dunque ritenuto che la clausola di rischio cambio, integrando a tutti gli effetti un autonomo contratto finanziario derivato, dovesse essere dichiarata risolta per grave inadempimento e la società Hypo Alpe Adria Bank condannata alla restituzione di quanto incassato a tale titolo.
Si prospetta pertanto la possibilità, per tutte le imprese che hanno stipulato uno di questi contratti di leasing, di veder cessare il funzionamento della dannosissima clausola rischio cambio e ottenere la restituzione delle considerevoli somme sino ad oggi pagate in forza di uno strumento illecitamente inserito dalla banca, senza mettere il cliente compiutamente a conoscenza del rischio che si stava assumendo!
Vengono in rilievo in tal senso i contratti di leasing proposti per molti anni da alcune società alle imprese per l’acquisto di immobili e attrezzature strumentali all’esercizio dell’azienda.
Con il contratto di leasing finanziario la società di leasing acquista il bene scelto dall’impresa e lo offre in uso a quest’ultima dietro il pagamento di un canone di locazione, il quale sconta una parte di prezzo per l’acquisto del bene ed una parte di prezzo per il suo godimento.
Tuttavia nei contratti di leasing finanziario è accaduto che, accanto a questa struttura per così dire "tradizionale", veniva apposta al contratto una clausola di indicizzazione, il più delle volte parametrata al Libor CHF e al rapporto di cambio Euro/Franco Svizzero, ma in alcuni casi anche al Libor JPY e al rapporto di cambio yen giapponese / euro.
Un'operazione di leasing si dice "indicizzata" o a "tasso indicizzato" quando ciascuna rata del canone leasing è legata alle variazioni di un parametro finanziario di riferimento, inserito in contratto in una specifica clausola contrattuale di indicizzazione.
L’effetto dell’inserimento nel contratto di una tale clausola (il cui parametro è rappresentato dal rapporto di cambio tra l’euro ed una valuta straniera) è stato tuttavia quello di snaturare la funzione tipica del contratto di leasing, e di addossare all'utilizzatore, oltre al rischio di variazione del Libor, anche quello della fluttuazione del cambio valutario CHF/euro o yen/euro. Rischio che si sostanzia per i clienti non dotati - a differenza delle banche - di strumenti professionali previsionistici, in una vera e propria scommessa sul futuro andamento del rapporto di cambio tra le due valute, ove il canone mensile costituisce solamente la base di calcolo per determinare il differenziale spettante all'una o all'altra parte e nulla ha a che vedere con il corrispettivo, proprio del contratto di leasing, dovuto per il godimento del bene e/o per il suo finanziamento.
È dunque evidente che la banca, mediante l’inserimento di tale clausola nel contratto, ha perseguito la finalità di ottenere utilità economiche ulteriori rispetto al corrispettivo della locazione finanziaria dell’immobile. Utilità che prontamente si sono materializzate attraverso la "lievitazione" di differenziali, anche di notevole rilevanza, sempre favorevoli all'istituto di credito e mai al cliente.
A seguito dei gravi pregiudizi economici derivati da tale strumento sono fioccati abbondanti contenziosi, facilitati anche dalle notevoli difficoltà in cui le imprese si sono trovate nel far fronte ai rilevantissimi importi generati da tale indicizzazione, per lo più in un momento di grave contrazione economica.
Interessanti sono state, sul punto, le sentenze del Tribunale di Udine nei confronti dei contratti di leasing promossi da Hypo Alpe Adria Bank.
Il Tribunale friulano ha infatti ritenuto:
che la clausola di "rischio cambio" è dotata di causa propria ed autonoma rispetto il contratto di leasing, la cui autonomia è sottolineata dalla liquidazione separata di flussi finanziari che la sua esecuzione determina e dalla evidenza data nel contratto al suo carattere aleatorio;
che tale clausola integra a tutti gli effetti un contratto finanziario derivato valutario, sicché la banca concedente (che ha negoziato per conto proprio lo strumento) era tenuta al rispetto delle norme di condotta previste per gli intermediari finanziari dal d.lvo 58/1998 (TUF) e dalla normativa regolamentare applicabile;
che le norme di condotta violate da Hypo Alpe Adria Bank attengono in particolare all’obbligo di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti, di astenersi dalle operazioni nel caso di conflitti di interessi, di informarsi sull’esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari del cliente e di fornirgli informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione;
che il mancato assolvimento degli obblighi previsti dal TUF e dal regolamento della Consob integra un grave inadempimento della Banca.
Sulla scorta di tali valutazioni, il Tribunale di Udine ha dunque ritenuto che la clausola di rischio cambio, integrando a tutti gli effetti un autonomo contratto finanziario derivato, dovesse essere dichiarata risolta per grave inadempimento e la società Hypo Alpe Adria Bank condannata alla restituzione di quanto incassato a tale titolo.
Si prospetta pertanto la possibilità, per tutte le imprese che hanno stipulato uno di questi contratti di leasing, di veder cessare il funzionamento della dannosissima clausola rischio cambio e ottenere la restituzione delle considerevoli somme sino ad oggi pagate in forza di uno strumento illecitamente inserito dalla banca, senza mettere il cliente compiutamente a conoscenza del rischio che si stava assumendo!
Articolo del: