La Mediazione familiare ha un senso solo se si è protagonisti, se ci si assume la propria parte di responsabilità, se si ha a cuore il bene dei figli
La separazione è di per sé un evento conflittuale per cui, anche quando la coppia sceglie di separarsi consensualmente, riesce difficile immaginare che quei coniugi che sono in presenza d’ incompatibilità e di conflittualità riescano da soli, ad elaborare la separazione, ad avere come obiettivo l’interesse superiore dei propri figli e a raggiungere un accordo che sia realmente condiviso. Quella scelta oltre ad essere dettata da una necessità legale può essere accompagnata dal desiderio di chiudere in fretta la questione per evitare le lungaggini tipiche dei processi civili, dalla necessità di ridurre i costi o dalla volontà di non affrontare in prima persona i propri conflitti. Trattative e reciproche concessioni avvengono dunque per il tramite degli avvocati e delle "battaglie" condotte dagli stessi che mal si conciliano con la opportuna necessità di mantenere un dialogo nell’interesse dei figli, d’instaurare un rapporto di fiducia e di collaborazione tra genitori per tutta la durata della crescita degli stessi. Se il contenzioso giudiziale adito dalla coppia genitoriale che non sa darsi delle regole, diventa il luogo dove far divenire la situazione più incandescente, poiché contesto ideale affinché entrambi i genitori rinforzino l’idea che è l’altro ad essere l’intruso, non è da escludere che elementi di conflittualità possano emergere anche dalle separazioni consensuali. Questo lo si osserva a posteriori ove spesso, anche dopo separazioni o divorzi consensuali, affiorano ancora sentimenti di risentimento e di rabbia, gravi difficoltà comunicative tra gli ex-coniugi. Questo perché gli accordi precedenti non sono stati conclusi attraverso una Mediazione familiare e per cui risultano: carenti, non sufficientemente condivisi con l’ex partner per propria scelta, privi del lavoro di ricostruzione della comunicazione e della relazione genitoriale. Ad emergere dunque è la conflittualità relativa all’affidamento dei figli, per le modalità del contributo, per spese straordinarie in favore dei figli come per es.: quelle relative ai libri di testo, alle gite scolastiche, alle spese mediche o sportive, per l’educazione ecc.. Quando una coppia si separa o si divorzia sia consensualmente che giudizialmente si vengono a formare due nuclei familiari. Nel primo nucleo vi è il genitore che passa molto più tempo con il figlio rispetto all’altro, che lo accudisce più dell’altro, nel secondo nucleo familiare vi è il genitore che sperimenta l’assenza del figlio, una riduzione dei tempi e della qualità del tempo trascorso, il così detto genitore "ludico", con compiti marginali sia nell’accudimento che nell’educazione e che si trova a dover assolvere la sola parte economica. Il punto centrale della situazione è che con il trascorrere del tempo il genitore rimasto solo col figlio, percepisce la responsabilità e il peso di questo accudimento, sia da un punto di vista dell’impegno quotidiano che di quello economico, come strettamente correlato alle mancanze del genitore assente e il genitore privato del figlio percepisce il dover provvedere al mantenimento del figlio senza poterlo vedere e incontrare come si vorrebbe come una responsabilità dell’altro. La Mediazione familiare assume allora un senso solo se si è protagonisti della propria vita, se ci si assume la propria parte di responsabilità, se le scelte vengono condivise e se si ha a cuore il bene dei propri figli. Dott.ssa Maria Antonietta Canestrino, Mediatrice Familiare e sociale, Codroipo (Ud).
Qualunque veste assuma la violenza domestica non deve avere ad oggetto sporadici episodi ma deve costituire una modalità quotidiana d’interazione della coppia
Le diverse forme di violenza e la differente gravità della stessa ha indotto gli studiosi a compiere un esame sull'opportunità del ricorso alla Mediazione familiare