Il sintomo: i messaggi dall'inconscio


Mentre “l’Es” continua a mandare i suoi segnali di esistenza e protesta, l’Io continua a reprimerli e disconoscerli. Ecco come superare il "sintomo" del conflitto
Il sintomo: i messaggi dall'inconscio

All’inizio della vita

All’inizio della vita tutta l’esperienza è strutturata attorno ai bisogni primari ed elementari di sopravvivenza; il nuovo nato è un essere semplice rispetto alle potenzialità future e completamente
autocentrato, in lui domina l’istinto di vita la cui unica finalità è preservarsi e procurarsi piacere.


La crescita

Col passare del tempo la progressiva maturazione delle strutture e connessioni del sistema nervoso centrale metteranno il bambino in grado di sperimentare e interagire sempre più con il mondo attorno a lui e ben presto l’egocentrico e solitario “Es” si troverà a doversi adeguare ai limiti provenienti dal mondo sociale che gli gravita attorno e da cui dipende.

La madre e il padre per primi hanno nei suoi confronti desideri, aspettative e bisogni di
gratificazione in quanto genitori; di fatto il bambino è già stato influenzato dalle fantasie e dai sogni di chi lo ha desiderato e prefigurato in un certo modo tenendolo nel proprio grembo prima che
venisse alla luce.

                                                 
Le nostre storie sono tutte diverse

“Il principio di piacere” rappresentato dall’ Es si scontrerà ora con il “principio di realtà”, la realtà sociale con tutte le sue richieste e le sue regole che non sempre saranno in armonia con il piacere e il desiderio del bambino. L’ “Io” sarà l’insieme dei compromessi fra bisogni e richieste personali e bisogni e richieste sociali.

Ed ecco delinearsi le storie di ciascuno di noi, tutte diverse, tutte non paragonabili l’una all’altra nel loro intrecciarsi irripetibile di eventi e attori. Ci saranno storie più “fortunate” ed altre meno e questo dipenderà dalle caratteristiche dell’ambiente che accoglie: ci saranno genitori sofferenti e non realizzati, portatori di desideri non soddisfatti e repressi di cui non necessariamente sono consapevoli loro stessi e in grado di darne manifestazione. Altri si troveranno immersi in preoccupazioni e conflitti nel loro presente. Situazioni di questo tipo facilmente offriranno uno spazio di ascolto e di cura fortemente inquinato dalla sofferenza; il bambino troverà poco spazio per esprimersi e sentirsi capito e ben accetto con le sue caratteristiche; su di lui verranno proiettate immagini e richieste che appartengono alla storia individuale del genitore e, per essere accudito, suo bisogno primario e da cui dipende la sua stessa sopravvivenza, si deformerà a queste richieste andando a manipolare e occultare i suoi veri bisogni.


Che ne sarà del “principio di piacere”?

“Il principio di realtà” ucciderà, quindi, “il principio di piacere”? Che ne sarà dell’ “Es”, tutto volto a preservare i bisogni naturali e soggettivi? La soluzione di adattamento provocherà il recedere nell’ombra e l’occultare nel buio della propria cantina il proprio desiderio, che tuttavia non morirà: in modo sotterraneo proprio perché carico di una proibizione originaria, continuerà a farsi sentire cozzando continuamente contro la resistenza del “principio di realtà”,  in origine rappresentato dai genitori e successivamente dalla società di cui loro resteranno i prototipi.


Ed ecco il Sintomo

Ed ecco che arriviamo al sintomo: mentre “l’Es” continua a mandare i suoi segnali di esistenza e protesta, l’Io continua a reprimerli e disconoscerli, così l’”Es”, relegato alla sfera della non consapevolezza (inconscio), continua a parlare una lingua dimenticata che non vuole e non può più essere né capita né ascoltata. Risultante di questo conflitto sarà l’affiorare di sentimenti e di comportamenti disturbanti, “strani”, incongruenti, che lavorano contro le nostre mete e si impossessano della nostra vita togliendocene la direzione e il piacere. Vissuto come tale, il sintomo è un accidente estraneo e inspiegabile, un nemico da sfuggire e cercare di tramortire con la
chimica dei farmaci che, appunto, utile a tramortire, e a volte indispensabile, non risolve il problema, ma lo modifica spesso stabilendo una dipendenza.


Il sintomo in psicoterapia

Tuttavia, nel percorso della psicoterapia, il sintomo diventa un protagonista prezioso e salvifico. Partendo dalla considerazione e dalla progressiva lettura di questo segnale che è tutt’altro che accidentale e inspiegabile, diventa possibile attraverso il processo terapeutico ricostruire a ritroso, passo dopo passo, il tragitto compiuto per arrivare ad essere come siamo. Alla nostra consapevolezza si presenta solo la risultante della trasformazione, disponiamo solo della scena finale, mentre abbiamo messo al buio il come e il perché siamo arrivati a rappresentarci proprio nel modo attuale.

Ma l’alleanza e l’esperienza dello psicoterapeuta questa volta guiderà il percorso in modo tale da mettere in grado di rivivere e recuperare proprio questi fondamentali processi mancanti e tutto avverrà naturalmente mentre si “cresce” e si diventa pronti a capire e ad accogliere ogni proprio vissuto come legittimo e profondamente sensato.

Il sintomo, durante la terapia, continuerà a parlare; ma attenuandosi e a volte sparendo velocemente. In altri casi muterà nella sua pesantezza, a tratti si ripresenterà per poi recedere e impiegando tempo per assicurarsi di non essere più necessario e finalmente sparire; sarà, comunque, in continuo dialogo attivo per segnalarci la costruttività o meno del nostro lavoro. Alla fine il soggetto, di cui nulla di importante può essere cancellato e omesso, si ritroverà visto e riconosciuto. Avendo riconquistato coscienza delle sue ragioni e dei suoi bisogni e avendoli finalmente integrati nella loro legittimità, non avrà più nulla a lavorargli contro. La forza menomante della protesta sotterranea, una volta emersa e riconosciuta, si tramuterà in lucida capacità di capire e di perseguire ciò che realmente ci occorre.


Sintomo e sogni, due alleati nel processo di guarigione

Abbiamo visto che il sintomo è il portavoce di importanti bisogni affettivi negati, in quanto non hanno trovato posto in un contesto familiare già carico di problemi personali non risolti. Questi bisogni dovranno recedere in una zona d’ombra e di inconsapevolezza dalla quale manderanno i loro segnali di vita persistente. Il loro linguaggio non sarà comprensibile al soggetto stesso che lo riceve perché, avendoli repressi come inaccettabili e portatori di continua negazione dolorosa, non potrà servire contemporaneamente due padroni in lotta e in contraddizione fra loro, sceglierà quello che più garantirà la sopravvivenza.


Che cosa scegliere?

Tra “principio di piacere” e” principio di realtà” sceglierà quest’ultimo che lo farà sentire più o meno adeguato alle richieste della società da cui dipende. Mentre l’ “Io” cercherà di parlare il linguaggio lucido e controllato della realtà sociale, come e quando parlerà l’”Es”? Nel quotidiano abbiamo già visto che troverà nel sintomo la sua manifestazione, nell’altra metà del tempo della nostra vita, il sonno, parlerà attraverso il sogno.


Il sonno, una vita parallela

Siamo portati a sottovalutare la parte notturna della nostra esistenza, la diamo per scontata e ci sembra meno importate di quella vigile, sembra non apportare contributi riconoscibili nella vita quotidiana.

In realtà, il mondo del sonno è una vera e propria vita parallela, mossa da intenti ben precisi e creatrice inesauribile di scene e personaggi attraverso i quali realizzarli ingegnosamente.


Il sogno

Il sogno ci permette di rielaborare e rimettere in discussione tutto ciò che di non risolto ci portiamo dietro dal tempo più lontano al tempo più recente.

Quale migliore testimone parlante per la verità del nostro inconscio?

E, tuttavia, il sogno come il sintomo parla un linguaggio “strano” di cui il soggetto stesso non si trova a dominare il significato; la ragione è la stessa in entrambi i casi: tramite il sogno la coscienza addormentata, non più vigile e impegnata a soddisfare la realtà, permette di parlare a quella parte repressa che la riguarda, ma chiedendole il compromesso di “svelare occultando”.


Il simbolo

Nel sogno il linguaggio è simbolico, i significati sono presentati in forma non esplicita, ma seguono un loro codice particolare che va interpretato.

Il soggetto, non potendo essere contemporaneamente avvocato di due padroni avversari, non può permettersi di nascondersi e insieme svelarsi, ed ecco che non può da solo capire ciò che l’inconscio gli sta portando all’attenzione col sogno.


Il sogno in psicoterapia

In un percorso di analisi, il sogno offre un meraviglioso contributo per svelare e sostenere la verità da reintegrare nella coscienza.

Lo psicoterapeuta, che diventa alleato della persona che segue nel suo cammino di crescita, avrà gli strumenti per capire il linguaggio dei suoi sogni e sostenerla a reintegrare la verità di cui ha bisogno per risanare la sua vita sofferente.

Il sogno, inoltre, sarà sempre un ottimo interlocutore con i suggerimenti e le interpretazioni del terapeuta. Se la direzione del lavoro sarà corretta, i sogni elaboreranno progressivamente scene di conferma la cui interpretazione “risuonerà” al paziente che si riconoscerà in essa e si sentirà progressivamente riconosciuto nella sua verità emergente. La reintegrazione dei veri bisogni vissuti finalmente come legittimi permetterà l’integrazione della personalità che acquisterà nuove forze, nuova stima e considerazione di se stessa.

 

Articolo del:


di Mely Maria Arbia

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