Il Tempo in un percorso di Counseling
Imparare a usare il tempo come amico che ci guida in un percorso di crisi personale: uno strumento efficace a portata di tutti

Quando il cliente porta una criticità all’interno di una relazione di counseling, il concetto tempo inizia a prendere connotati personalizzati. Il tempo non è soltanto lo scorrere delle lancette o del tempo del colloquio del percorso che si sta affrontando e non è nemmeno un aspetto da analizzare attraverso la percezione soggettiva data dal sentimento che si vive in un determinato momento come potrebbe essere uno stato di gioia che sembra faccia scorrere il tempo velocissimo o una pesantezza che al contrario pare rallentarlo. No, nulla di tutto questo. Sto parlando di quel tempo che sembra aver spinto il bottone pausanel nostro cervello in prossimità di una vecchia mancanza o di un’antica ferita che, nonostante cronologicamente continuiamo a crescere e a invecchiare, per quello specifico frangente, il tempo si è fermato lì. E allora ci troviamo all’interno di un’età adulta, spesse volte con un buon lavoro e una nuova famiglia accanto, a muovere azioni e richieste infantili che non appartengono alle persone che abbiamo di fronte, ma alle quali le imputiamo o che semplicemente ce le risvegliano, bloccati nell’attesa di un "sei stato bravo" o di una semplice carezza mai arrivata - se non addirittura - mai riconosciuta, di un padre o di una madre che continuiamo a cercare, nonostante la nostra stessa età avanzi e non ce ne sia nessuna logica apparente. Se ci pensiamo evitando di non cadere in un mero e superfluo giudizio verso gli interessati (e vi assicuro che sono tanti) potremmo addirittura scivolare su concetti riguardanti la fisica quantica nel considerare che la realtà che stiamo vivendo non è poi così reale come crediamo poiché noi siamo un gigantesco insieme di tasselli, di persone e di esperienze che confluiscono in un unico essere. E quell’essere sono io, sei tu, siete voi, siamo ognuno di noi e non possiamo nemmeno volendolo dissociarci dagli aspetti che sono rimasti in sospeso, proprio come quell’abbraccio desiderato, quel bacio mai dato, o quel "bravo" tanto atteso. Proprio ieri un cliente mi ha chiesto "perché ci sono persone che non sentono l’esigenza di risolvere i propri problemi?". Sarei partito in automatico con una decina di risposte logiche, figlie della mia esperienza e dei miei studi, ma ho resistito qualche secondo e ancora una volta, analizzando questa domanda, la mente mi riporta al tempo. Al tempo che mi permetto di darmi nell’ascoltare me stesso per offrirmi tutte le opportunità possibili. Se fin da piccoli impariamo ad occupare tutto il tempo che abbiamo smettiamo di sentire e ci illudiamo che l’unica esigenza che abbiamo è quella di inserire un altro tempo compensativo al fare: lavoro ferie, studio vacanze, stress weekend intenso o dissoluto e così via in un vortice senza fine. Ma è proprio quando arriviamo ad un punto di rottura che accade il miracolo, nonostante tutto il dolore o la crisi che la problematica porta con sé. Quella crisi è il risveglio, la ricerca di una soluzione che mi farà comprendere che io esisto. E sarà proprio a quell’IO che inizierò a donare il mio tempo.
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