Imprese minori: come bloccare il singolo creditore


L'introduzione della composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa consente anche alle piccole imprese di bloccare facilmente le iniziative creditorie
Imprese minori: come bloccare il singolo creditore

Bloccare le iniziative creditorie individuali nella disciplina precedente

Il tema del blocco delle iniziative di recupero del singolo creditore sul patrimonio del debitore, nell’ambio di un’operazione di risanamento, mantiene un forte appeal anche nella nuova disciplina del Codice della Crisi, nonché nella novella legislativa che ha introdotto il procedimento di composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa.

Costituisce principio ampiamente condiviso quello per cui per poter portare a termine un’operazione di risanamento - o, in generale, un tentativo di recupero della stabilità finanziaria - è indispensabile poter gestire e organizzare il proprio patrimonio, il quale deve necessariamente mantenere le caratteristiche per tutto il percorso concepito dal debitore, con la conseguente necessità di bloccare ogni azione del creditore che voglia, singolarmente, soddisfare le proprie ragioni di credito.

Concentrando l’attenzione alle imprese che non presentano le caratteristiche per poter accedere alle procedure di fallimento o concordato (imprese sotto soglia o non fallibili) è noto che la legge sul sovraindebitamento (L. n. 3/2012) prevede già la possibilità di bloccare le iniziative dei singoli creditori, creando strumenti di automatic stay in grado di paralizzarne le azioni.

L’art. 10 della Legge appena citata, prevede, infatti, che al momento di presentazione della domanda di ammissione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e soddisfazione dei crediti, il Giudice dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non si possono iniziare o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore. Stessa disciplina era prevista per il piano di risanamento: l’art. 12 bis prevede che, ove nelle more della convocazione dei creditori, la prosecuzione di specifici procedimenti di esecuzione forzata potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano, il giudice, con lo stesso decreto, può disporre la sospensione degli stessi sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo. La liquidazione dei beni (terzo e più generale strumento della legge indicata) presenta una situazione del tutto simile. Anche in questo caso, il Giudice, verificata l’ammissibilità della domanda di ammissione alla procedura da parte del debitore, può disporre l’impossibilità di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive né acquistare diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventi definitivo.

Per tirare le somme, si può affermare che, insieme alla domanda di accesso alla procedura di sovraindebitamento è buona norma esplicitare l’istanza volta a bloccare ogni azione esecutiva svolta dai creditori (come singoli) nei confronti del patrimonio che oggetto dell’operazione di ristrutturazione. Il congelamento del patrimonio e l’insensibilità alle iniziative creditorie, tuttavia, può intervenire solamente con specifico provvedimento giudiziale, che giungerà solamente ove il debitore porti all’attenzione del Tribunale un ricorso completo di tutti gli elementi richiesti dalla normativa, tra cui non ultimo, il piano specificamente concepito per traghettare l’impresa fuori dallo stato di crisi in cui versa.

Attenta dottrina ha osservato come tale procedura presenti indubbie sperequazioni rispetto al caso delle imprese commerciali rientranti nel perimetro di quelle fallibili. La ragione è evidente se si considera come, queste ultime citate, siano nella possibilità di chiedere ed ottenere quell’ombrello protettivo (c.d. automatic stay) dalle iniziative dei creditori sulla base di una domanda di accesso al c.d. concordato in bianco, all’anagrafe: concordato con riserva di piano; nel contesto del quale, non è necessario presentare al Giudice alcun piano o documento volto a certificare le effettive possibilità di un risanamento, essendo sufficiente la dichiarazione del debitore di voler procedere con una procedura concorsuale quale il concordato preventivo (ex art. 162 e ss. L.F., ovvero accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis L.F.). L’accesso alla disciplina concordataria (sebbene senza piano) comporta, per il debitore, la possibilità di avvantaggiarsi dell’area di tutela di cui sopra, sebbene il prezzo da pagare sia una limitata capacità di disporre del proprio patrimonio, sintomo principale del concordato preventivo.

 

La novella del 2021: la composizione negoziata e l’automatica stay

Se quella tratteggiata era la disciplina prevista dalla norme regolanti il fenomeno della crisi, il nuovo istituto della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa (D.L.n. 118/2021, convertito con la Legge n. 147/2021) porta con sé alcune importanti novità in tema.

E noto che la novella legislativa ha introdotto nell'ordinamento questo nuovo istituto, di matrice squisitamente stragiudiziale, che si pone quale obiettivo il risanamento dell'impresa debitrice attraverso una serie di trattative con i creditori condotte con l’ausilio di un esperto indipendente nominato dalla Camera di Commercio competente (art. 2, D.L. n. 118/2021). Tale strumento è accessibile anche alle imprese minori (come vengono definite dal nuovo Codice della Crisi dell’Impresa e dell’insolvenza) per precisa disposizione inserita all’art. 17 del citato decreto.

Orbene, nel contesto del procedimento di composizione negoziata, sia le imprese fallibili sia quelle non fallibili, hanno la possibilità di chiedere, in uno con la nomina dell’esperto ovvero in un momento successivo, l’applicazione delle misure protettive del patrimonio, ossia il determinarsi, dal giorno della pubblicazione dell’istanza di applicazione delle misure protettive fino alla chiusura delle trattative (per qualsivoglia motivo), di quel regime di automatic stay che impedisce ai creditori di acquisire diritti di prelazione se non concordati con l'imprenditore, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio dello stesso debitore e sui diritti con i quali viene esercitata l'attività di impresa.

Effetto non secondario di tale regime è il blocco delle cause volte a dichiarare il fallimento dell’impresa, che, traslata per il caso delle imprese non assoggettabili alla dichiarazione di fallimento, potrebbe significare l’impossibilità di trasformare la procedura di accordo per la composizione del sovraindebitamento in liquidazione dei beni, a seguito dell’istanza  di uno dei creditori (art. 14 quater L. n. 3/2012).

Ancora di applicazione comune alle due tipologie di impresa sarà il disposto per cui i creditori interessati dalle misure protettive non possono rifiutare unilateralmente l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento dei loro crediti anteriori (art. 6, c. 5, D.L. n. 118/2021).

Tali effetti accessori della domanda di nomina dell’esperto si proiettano, dunque, in modo eguale su entrambe le tipologia d’impresa prese in considerazione, dando luogo ad una disciplina uniforme e utilizzabile da ogni imprenditore.

 

Il tempo è un fattore fondamentale

La procedura presenta regole di non facile esecuzione, soprattutto, in termini temporali. Va rimarcato, infatti, che per l’applicazione delle misure protettive e cautelari, va effettuata, innanzitutto, l’istanza presso la Camera di Commercio competente (per mezzo della piattaforma di cui all’art. 3, D.L. n. 118/2021) e, in un secondo momento, deve essere depositata presso il Tribunale dove ha sede l’impresa, apposita domanda di convalida delle misure, entro lo stesso giorno in cui la Camera di Commercio ha pubblicato presso il Registro delle Imprese la dicitura relativa alle misure stesse. Si aggiunge che, entro trenta giorni dalla pubblicazione, l’imprenditore ha l’onere di domandare alla Camera di C. la pubblicazione del numero di ruolo del procedimento giudiziale instaurato per la convalida, pena la perdita di efficacia di ogni misura protettiva, fianco quella volta a fermare le iniziative fallimentari.

La brevità dei tempi mostra l’evidente intenzione di non consentire facili strumentalizzazioni degli istituti introdotti, evitando operazioni volte unicamente a prendere tempo, procrastinando la soluzione del problema sotteso alla crisi.

 

Per concludere

In conclusione, è evidente che il Legislatore ha inteso estendere gli strumenti concepiti per le imprese di maggiori dimensioni anche a quelle agricole o che non presentano i numeri per l’accesso (ad oggi) alla procedura fallimentare. Il senso è evidentemente quello di favorire, anche nelle realtà più contenute, la continuità dell’impresa attraverso un dialogo costruttivo e sereno con coloro i quali hanno finanziato l’impresa, senza la preoccupazione che il manifestare una situazione di difficoltà temporanea possa determinare i creditori a proteggere il proprio credito, con azioni individuali che danneggerebbero una più ampia riconfigurazione dell’intero assetto finanziario ed economico dell’impresa.

 

Articolo del:


di Avv. Sergio Nadin

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