In o Out? Dentro o fuori? Ma cosa?
Bail In o Bail out? Possiamo scegliere? (1° parte)
Sono circa tre anni che questi termini echeggiano nel nostro quotidiano. Ma perché sono importanti? Come siamo arrivati a questo?
La crisi finanziaria che dal 2008 attraversa le nostre "letture economiche" ha portato a mobilizzare i ministri dell’economia di tutto il mondo. Prima di questa data gli "aiuti" di Stato in Europa viaggiavano su una media di 60/65 miliardi di euro. Successivamente al fallimento, negli Stati Uniti, di Lehman Brother, la sola Germania ha versato per la Hypo Real Estate quasi 140 miliardi di euro. Per non parlare del Governo Inglese che per la Royal Bank of Scotland è intervenuto con oltre 160 miliardi di euro. Per non parlare degli altri Governi Europei che, per evitare un effetto domino, è intervenuto all’interno di intermediari finanziari in difficoltà comportando oneri per i contribuenti e compromettendo, in alcuni casi, l’equilibrio del bilancio pubblico.
In questo modo siamo arrivati al 1 gennaio 2016: entrata in vigore nei paesi dell’Unione Europea della direttiva Bank Recovery and Resolution Directive (Direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche) per prevenire e gestire le crisi, sia delle banche che dell’imprese d’investimento.
Per comprendere in cosa consiste questa "direttiva" vediamo come è composto il bilancio di una "Banca".
Un "Istituto di Credito" è a tutti gli effetti un’azienda e pertanto ha un attivo e un passivo.
ATTIVO
- Investimenti finanziari (titoli di Stato)
- Finanziamenti a privati e imprese: Crediti al consumo, Mutui, Prestiti
PASSIVO
- Capitale della banca (azioni)
- Fonti di Finanziamento: Obbligazioni subordinate
- Fonti di Finanziamento: Obbligazioni Seniori
- Fonti di Finanziamento: Depositi dei correntisti
Il rapporto tra Passivo ed Attivo deve mantenere sempre dei livelli adeguati.
Nel momento in cui la crisi è persistente, i tassi di remunerazione dei prestiti e dei mutui sono bassi e il margine d’intermediazione diventa insufficiente per il mantenimento delle strutture e anche il "Capitale Proprio" non è sufficiente a far fronte alle perdite.
Prima del gennaio 2016, come abbiamo visto, lo Stato interveniva in modo diretto per salvaguardare gli Istituti di Credito, ciò significava che indirettamente erano tutti i cittadini a "pagare" per gli "errori" fatti dagli "Amministratori" delle Banche.
Con il "Bail In" le "Autorità", da una parte, dispongono la continuità dell’attività con l’offerta dei servizi finanziari ritenuti essenziali per la collettività, dall’altra riducono (quando è possibile se non azzerano) il valore delle azioni e di alcuni crediti (obbligazioni subordinate e seniori) per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in misura sufficiente a ripristinare un’adeguata capitalizzazione e a non farla uscire dalla "fiducia" del mercato.
Pertanto le "Passività" assoggettabili a "Bail in" sono:
- Le azioni (capitale proprio della banca)
- Le obbligazioni subordinate (emesse dall’Istituto per far fronte ai prestiti)
- Le obbligazioni non subordinate o senior (emesse dall’istituto per far fronte ai mutui)
- I depositi dei correntisti per giacenze superiori ai 100 mila euro.
Ma a quanto ammontano in Italia queste passività? Da "Fonte Banca d’Italia del 2015", l’ammontare di Risparmio Pubblico interessato al Bail in era così composto: - oltre 125 miliardi di euro di azioni e strumenti di capitale;
- Oltre 70 miliardi di euro di titoli subordinati;
- Più di 200 miliardi di euro di altre obbligazioni;
- Circa 500 miliardi di euro di depositi sopra ai 100 mila euro.
Il 40% delle obbligazioni subordinate in Italia sono detenute dalle Famiglie Italiane.
La buona notizia è che entro il 2017 il 50% delle obbligazioni andrà in scadenza, la brutta è che il resto rimarrà fino al 2020.
Che facciamo?
Ne parleremo nella seconda parte.
La crisi finanziaria che dal 2008 attraversa le nostre "letture economiche" ha portato a mobilizzare i ministri dell’economia di tutto il mondo. Prima di questa data gli "aiuti" di Stato in Europa viaggiavano su una media di 60/65 miliardi di euro. Successivamente al fallimento, negli Stati Uniti, di Lehman Brother, la sola Germania ha versato per la Hypo Real Estate quasi 140 miliardi di euro. Per non parlare del Governo Inglese che per la Royal Bank of Scotland è intervenuto con oltre 160 miliardi di euro. Per non parlare degli altri Governi Europei che, per evitare un effetto domino, è intervenuto all’interno di intermediari finanziari in difficoltà comportando oneri per i contribuenti e compromettendo, in alcuni casi, l’equilibrio del bilancio pubblico.
In questo modo siamo arrivati al 1 gennaio 2016: entrata in vigore nei paesi dell’Unione Europea della direttiva Bank Recovery and Resolution Directive (Direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche) per prevenire e gestire le crisi, sia delle banche che dell’imprese d’investimento.
Per comprendere in cosa consiste questa "direttiva" vediamo come è composto il bilancio di una "Banca".
Un "Istituto di Credito" è a tutti gli effetti un’azienda e pertanto ha un attivo e un passivo.
ATTIVO
- Investimenti finanziari (titoli di Stato)
- Finanziamenti a privati e imprese: Crediti al consumo, Mutui, Prestiti
PASSIVO
- Capitale della banca (azioni)
- Fonti di Finanziamento: Obbligazioni subordinate
- Fonti di Finanziamento: Obbligazioni Seniori
- Fonti di Finanziamento: Depositi dei correntisti
Il rapporto tra Passivo ed Attivo deve mantenere sempre dei livelli adeguati.
Nel momento in cui la crisi è persistente, i tassi di remunerazione dei prestiti e dei mutui sono bassi e il margine d’intermediazione diventa insufficiente per il mantenimento delle strutture e anche il "Capitale Proprio" non è sufficiente a far fronte alle perdite.
Prima del gennaio 2016, come abbiamo visto, lo Stato interveniva in modo diretto per salvaguardare gli Istituti di Credito, ciò significava che indirettamente erano tutti i cittadini a "pagare" per gli "errori" fatti dagli "Amministratori" delle Banche.
Con il "Bail In" le "Autorità", da una parte, dispongono la continuità dell’attività con l’offerta dei servizi finanziari ritenuti essenziali per la collettività, dall’altra riducono (quando è possibile se non azzerano) il valore delle azioni e di alcuni crediti (obbligazioni subordinate e seniori) per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in misura sufficiente a ripristinare un’adeguata capitalizzazione e a non farla uscire dalla "fiducia" del mercato.
Pertanto le "Passività" assoggettabili a "Bail in" sono:
- Le azioni (capitale proprio della banca)
- Le obbligazioni subordinate (emesse dall’Istituto per far fronte ai prestiti)
- Le obbligazioni non subordinate o senior (emesse dall’istituto per far fronte ai mutui)
- I depositi dei correntisti per giacenze superiori ai 100 mila euro.
Ma a quanto ammontano in Italia queste passività? Da "Fonte Banca d’Italia del 2015", l’ammontare di Risparmio Pubblico interessato al Bail in era così composto: - oltre 125 miliardi di euro di azioni e strumenti di capitale;
- Oltre 70 miliardi di euro di titoli subordinati;
- Più di 200 miliardi di euro di altre obbligazioni;
- Circa 500 miliardi di euro di depositi sopra ai 100 mila euro.
Il 40% delle obbligazioni subordinate in Italia sono detenute dalle Famiglie Italiane.
La buona notizia è che entro il 2017 il 50% delle obbligazioni andrà in scadenza, la brutta è che il resto rimarrà fino al 2020.
Che facciamo?
Ne parleremo nella seconda parte.
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