Incentivi per assunzioni e per "prepensionamenti"


Flussi in entrata e in uscita: le regole della Legge di Stabilità 2016 - Il vecchio e il nuovo messi a confronto: ma vale la pena?
Incentivi per assunzioni e per "prepensionamenti"
La novità degna di nota, in materia di lavoro prevista dalla Legge di stabilità va a modificare il "bonus" sulle assunzioni già previste l'anno precedente, indirettamente incentivando di nuovo l'apprendistato; forse troppo dimenticato negli anni passati. In particolare l'esonero contributivo, in caso di assunzioni a tempo indeterminato, è ora riconosciuto per un massimo di 24 mesi e non più 36 mesi e riguarda solamente il 40% dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro nel limite massimo di € 3.250.
Si può notare quindi che questa frenata legislativa non eguaglia più tale incentivo con quelli previsti invece per l'apprendistato che torna ad essere la massima espressione di entrata nel mondo del lavoro nonché il miglior contratto in termini di qualità e costi: un particolare rapporto all'interno del quale il lavoratore potrà acquisire delle competenze professionali attraverso l'inserimento all'interno dell'organizzazione produttiva del datore di lavoro; si dice infatti che l'apprendistato sia un contratto di lavoro a causa mista: da un lato il lavoratore svolge una vera e propria prestazione lavorativa ricevendo in cambio, oltra alla retribuzione, una formazione specifica.
L'azienda avrà uno sgravio totale (...o quasi) triennale senza limiti se non quelli dettati dall'Unione Europea circa l'utilizzo degli incentivi; inoltre potrà "modellare" il nuovo dipendente alle regole ed organizzazione vigenti in azienda con un innalzamento del livello retributivo nel corso del tempo e secondo le abilità dello stesso.
Oltre ad incentivare il flusso d'entrata, il Dlgs 208/2015 tocca anche la problematica del "flusso d'uscita"; problematica ormai quotidiana nelle aziende italiane: è stata introdotta, per i lavoratori del settore privato con contratto a tempo indeterminato e tempo pieno e che maturano entro la fine del 2018 il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia, la possibilità di ridurre l'orario di lavoro in misura compresa tra il 40% e il 60% per un lasso di tempo non superiore al periodo intercorrente tra la data di concessione del beneficio e la data di maturazione del diritto alla pensione. La riduzione di orario dovrà essere però oggetto di uno specifico accordo aziendale, comprendente anche la futura data di cessazione del rapporto. Detto accordo dovrà essere comunicato all' INPS ed alla DTL che dovrà autorizzare la riduzione dell'orario. Successivamente all'autorizzazione, l'INPS potrà concedere il beneficio della contribuzione figurativa commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione lavorativa non realmente effettuata.
Inoltre, a fronte del taglio di orario, il dipendente riceverà da parte del proprio datore di lavoro, una somma, non gravata da oneri fiscali e previdenziali, corrispondente alla contribuzione ai soli fini pensionistici relativi alla prestazione lavorativa non effettuata.
Con questa previsione, i dipendenti che avranno l'accesso a tale accordo, si vedranno si diminuire l'orario di lavoro ma anche la retribuzione netta mensile ma solamente di un 65%-70% rispetto ad un normale lavoratore part-time visto l'onere dell'azienda al versamento dei contributi "in busta". La misura, con i circa 100 milioni di euro stanziati, è sicuramente sperimentale, visto che la dotazione finanziaria non è elevata, ma potrà comunque introdurre nel sistema normativo italiano una norma che consente alle imprese di accompagnare il personale di età più avanzata al pensionamento, in attesa che venga studiato il sistema di flessibilità delle pensioni.

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di Dott.ssa Alessandra Abratis

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