Incostituzionale la legge pinto


La Consulta boccia il termine per il procedimento volto all’equo indennizzo determinato da irragionevole durata del processo
Incostituzionale la legge pinto
La corte Costituzionale, con la recente sentenza n. 36 del 19.2.2016 si è trovata a decidere in merito alla questione di legittimità costituzionale, sollevata dalla Corte d’Appello di Firenze, dell’art. 2, commi 2 - bis e 2 - ter, della l. n. 89/2001 (c.d. legge Pinto), come aggiunti dall’art. 55, comma 1, lett. a), n. 2), del d.l. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della l. n. 134/2012, in riferimento agli artt. 3, comma 1, 111, comma 2, e 117, comma 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
In particolare, l’art. 2, comma 2 - bis, stabilisce che il termine è considerato ragionevole se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, due in secondo grado e un anno nel giudizio di legittimità.
In ogni caso, in base all’art. 2, comma 2 - ter, si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni.
Secondo i Giudici della Corte d’Appello, applicare detta disciplina anche ai processi volti all’ottenimento dell’equa riparazione, così equiparando detto procedimento con ogni altro procedimento civile di cognizione, sarebbe incostituzionale, posto che gli artt. 3 e 111 Cost. e l’art. 6 della CEDU imporrebbero, per tali procedimenti, una durata più contenuta.
In tal senso sia giurisprudenza europea sia le sezioni unite (sentenza n. 6312/2014) che hanno ritenuto congruo il termine di durata di un anno, per l’unico grado di merito del procedimento regolato dalla l. n. 89/2001, e quello di un ulteriore anno, relativamente al giudizio di legittimità previsto da tale legge, per complessivi due anni.
Con la citata sentenza la Corte Costituzionale ritiene fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2 - bis, nella parte in cui determina in tre anni la ragionevole durata del procedimento regolato dalla l. n. 89/2001 nel primo e unico grado di merito.
E ciò in base all’insegnamento della giurisprudenza europea secondo cui lo "Stato è tenuto a concludere il procedimento volto all’equa riparazione del danno da ritardo maturato in altro processo in termini più celeri di quelli consentiti nelle procedure ordinarie, che nella maggior parte dei casi sono più complesse e che, comunque, non sono costruite per rimediare ad una precedente inerzia nell’amministrazione della giustizia (cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 6 marzo 2012, Gagliano Giorgi contro Italia; sentenza 27 settembre 2011, CE.DI.SA Fortore snc Diagnostica Medica Chirurgica contro Italia; sentenza 21 dicembre 2010, Belperio e Ciarmoli contro Italia)".
Ne consegue che il legislatore nazionale, che sede di disciplina dei termini di ragionevole durata dei processi ai fini dell’equa riparazione, non possa autorizzare una durata complessiva del procedimento regolato dalla l. n. 89/2001 pari a quella tollerata con riguardo agli altri procedimenti civili di cognizione, anziché modellarla sul calco dei più brevi termini indicati dalla Corte di Strasburgo e recepiti dalla giurisprudenza nazionale.
L’art. 2, comma 2 - bis, va perciò dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui si applica alla durata del processo di primo grado previsto dalla l. n. 89/2001.

La Consulta ritiene, invece, che non sia fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2 - bis, nella parte in cui determina in un anno la ragionevole durata del giudizio di legittimità previsto dalla l. n. 89/2001, in quanto "il termine annuale scelto dal legislatore, infatti, è conforme alle indicazioni di massima provenienti dalla Corte europea e recepite dalla giurisprudenza nazionale. Inoltre, la dichiarazione di illegittimità costituzionale della previsione concernente la durata del processo di primo grado fa sì che la ragionevole durata complessiva di un procedimento regolato dalla l. n. 89/2001, in concreto articolatosi su due gradi di giudizio, sia inferiore a quella stabilita per gli altri procedimenti ordinari di cognizione, e comunque possa essere contenuta nel tetto di due anni, in conformità agli artt. 111, comma 2, e 117, comma 1, Cost.".

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di Avv. Gianluca Madonna

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