Indennità di accompagnamento e Alzheimer

Com’è noto, l’articolo 1 della L. 18/1980, modificato dalla Legge 508/1998 ritiene che l’indennità di accompagnamento spetta ai cittadini, italiani ed extracomunitari, di qualunque età, anche minorenni, nei cui confronti sia stata accertata una inabilità totale e che, in aggiunta, si trovino nella impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, bisognano di un’assistenza continua, senza che rilevino le sue condizioni economiche.
Di conseguenza, la concessione dell’indennità di accompagnamento è solo subordinata al titolo della minorazione fisica.
L’indennità di accompagnamento può spettare anche a un soggetto sottoposto a trattamento chemioterapico o in caso di ricovero in ospedale pubblico.
La giurisprudenza, inoltre, ha ampliato la platea degli aventi diritto, riconoscendo il diritto all’indennità di accompagnamento:
• Al sordo minore di diciotto anni, quando, per il concorso di altra infermità o indipendentemente da essa, sussistano le condizioni stabilite per essere dichiarato invalido civile e al tempo stesso sia impossibilitato a compiere gli atti quotidiani di vita senza l’aiuto permanente di un accompagnatore;
• Al soggetto affetto da anoressia e da sintomi psicotici, se alla totale inabilità al lavoro per effetto della malattia si aggiunge l’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore;
• Ai bambini in tenera età, ancorché questi, per il solo fatto di essere tali, abbisognino comunque di assistenza;
• A pazienti affetti da malattie oncologiche, anche per brevi e circoscritti periodi, più o meno equivalenti o coincidenti con la durata dei cicli di terapia chemioterapica, sebbene la giurisprudenza di legittimità abbia rimarcato la necessità che il soggetto sia impossibilitato a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore (C.f.r.: Rocchina Staiano, “Manuale pratico per invalidità civile, autismo, disabilità ed handicap, ed. Maggioli).
Dunque, il requisito dell’impossibilità di deambulare autonomamente connota i requisiti della tutela fornita dall’ordinamento.
Sotto questo aspetto, dunque, si inserisce, necessariamente, il discorso relativo al c.d. “Morbo di Alzheimer”.
Anche in questo caso è utile esaminare attentamente la giurisprudenza.
Significativa, sotto questo aspetto, è Cass. n. 1268 del 21 Gennaio 2005.
In particolare, la Corte evidenzia che “non assume alcuna rilevanza ai fini del riconoscimento all’indennità in esame la circostanza che la necessità di un concreto e fattivo aiuto fornito da terzi sia perdurante per l’intera giornata, potendo anche momenti di attesa, qualificarsi come assistenza passiva, alternarsi nel corso della giornata a momenti di assistenza attiva, nei quali la prestazione dell’accompagnatore deve concretizzarsi in condotte commissive”.
Ne consegue che “è configurabile un diritto all’indennità di accompagnamento in relazione a tutte quelle malattie che, per il grado di gravità espresso, comportano una consistente degenerazione del sistema nervoso e una limitazione delle facoltà cognitive (ad esempio Alzheimer) o impedimenti dell’apparato motorio (Parkinson) o che cagionano infermità mentali con limitazioni dell’intelligenza e che, nello stesso tempo, richiedono una giornaliera assistenza farmacologica al fine di evitare aggravamenti delle già precarie condizioni psico fisiche nonché incombenti pericoli per sè o per gli altri”.
Com’è evidente, si tratta in sostanza di una sentenza anche interpretativa e dalla vis expansiva.
La Corte, in sostanza, ribadisce i presupposti della tutela, cioè l’impossibilità di deambulare autonomamente, ma, al contempo, “aggiunge” anche altri requisiti, come, appunto, la necessità di cure continue.
Sulla stessa linea si colloca, infine Cass. Sezione VI Civile - Ordinanza del 27.11.2014, n. 25255.
Ivi, la Corte, stabilisce espressamente che “Va osservato, in termini generali, che l’indennità di accompagnamento è una prestazione del tutto peculiare in cui l’intervento assistenziale non è indirizzato - come avviene per la pensione di inabilità - al sostentamento dei soggetti minorati nelle loro capacità di lavoro (tanto è vero che l’indennità può essere concessa anche a minori degli anni diciotto e a soggetti che, pur non essendo in grado di deambulare senza l’aiuto di un terzo, svolgano tuttavia un’attività lavorativa al di fuori del proprio domicilio) ma è rivolto principalmente a sostenere il nucleo familiare onde incoraggiare a farsi carico dei suddetti soggetti, evitando così il ricovero in istituti di cura e assistenza, con conseguente diminuzione della relativa spesa sociale”.
Anche in questo caso, si nota dunque un’enunciazione di principio che, di fatto amplia, spiega e definisce i requisiti della tutela.
Dunque, anche l’Alzheimer, di fatto, oggi, grazie anche all’interpretazione giurisprudenziale, può essere tra le patologie che legittimano la concessione dell’indennità di accompagnamento.
Laddove poi tali misura non dovesse essere concessa, è oggi possibile, con la recente riforma del codice, proporre ricorso ex articolo 445 bis c.p.c, i cui aspetti salienti, tuttavia, andrebbero affrontati in ulteriore sede, cui, eventualmente, si rimanda.
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