Infortunio in itinere...in bicicletta!


Basta la normalità del percorso perchè vi sia l’indennizzabilità per l’uso del mezzo proprio
Infortunio in itinere...in bicicletta!
Nei casi di infortunio sul lavoro in itinere, sovente si registrano posizioni di non riconoscimento della fattispecie da parte dell’Istituto e ciò, soprattutto , quando l’evento si verifichi con l’utilizzo del mezzo proprio.
L’art 12 del D.lgs 238/2000 ha modificato, integrandolo, il d.lgs 1124/65, con il seguente testo:
Art. 12. Infortunio in itinere 1. All'articolo 2 e all'articolo 210 del testo unico e' aggiunto, in fine, il seguente comma: "Salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l'assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha piu' rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti. L'interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L'assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purche' necessitato. Restano, in questo caso, esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall'abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall'uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni; l'assicurazione, inoltre, non opera nei confronti del conducente sprovvisto della prescritta abilitazione di guida.
Le divergenze applicative sorgono sulla definizione dell’uso necessitato del mezzo privato.
Anche la giurisprudenza di merito si è più volte espressa in senso restrittivo, individuando nel solo carattere di residualità indispensabile, la facoltà di scelta dell’utilizzo del mezzo proprio. Tali interpretazioni hanno quindi lasciato ampi spazi discrezionali all’Istituto, nel riconoscimento della indennizzabilità di eventi così costituitisi.
Sul punto è interessante quindi rappresentare quanto osservato dalla Suprema Corte di Cassazione con la recente sentenza n 7313 del 13/04/2016.
La questione era insorta su un infortunio avvenuto per investimento di ciclista che stava recandosi a casa dal lavoro.
Mentre il giudice di primo grado aveva ritenuto la sussistenza della funzionalità dell’uso della bicicletta, quale ipotesi legittimamente alternativa ai mezzi pubblici, e quindi la ricomprensione dell’evento sinistroso nell’ambito dell’infortunio sul lavoro indennizzabile, la Corte D’Appello ne aveva negato la contingente necessità o, meglio, aveva statuito la mancanza di prova di tale contingente necessità ed il conseguente mancato riconoscimento della qualificazione di infortunio in itinere.
La Suprema Corte ha osservato che, nell’inserimento all’interno della norma integrativa, anche del percorso tra il luogo di lavoro e quello abituale di consumazione dei pasti in assenza di mensa aziendale, il legislatore ha ampliato il panorama della copertura assicurativa. Ai fini dell'assicurazione la legge parla di percorso normale. Non è richiesto altro; nè che la strada sia disagevole, nè che presenti rischi particolari e diversi da quelli normali, come si è per lungo tempo discettato in giurisprudenza in mancanza di una disciplina legale. Basta la normalità del percorso. Ed è sempre alla normalità del percorso che la legge ricollega la protezione anche nell'ipotesi in cui l'infortunio avvenga durante il tragitto per andare a consumare il pasto. Dovranno quindi essere ricercati i criteri individuativi della normalità del percorso e della necessità del mezzo - oltre i quali insorge il rischio elettivo e l'uso non necessitato facendo ricorso a valori guida dell'ordinamento giuridico, di valore costituzionale, idonei a risolvere il conflitto fra interesse dell'istituto assicuratore a non erogare prestazioni che esulino dalla funzione di copertura dei rischi propri delle attività lavorative e quello del lavoratore di veder non escluse dall'ambito di tali atti, momenti peculiari della sua personalità di uomo-lavoratore in esso coinvolte; quali, la libertà di fissazione della residenza, il rapporto con la comunità familiare, una più intensa tutela previdenziale meglio attagliata alle esigenze della società in cui opera. Oltre a quelli legittimati dai predetti valori costituzionali, altri standards in materia di attività connesse a quelle di lavoro, quale è quella di spostamento in esame, sono emersi nella società civile. In tale prospettiva è innegabile che la modalità di percorrenza tragitto abitazione-lavoro con mezzo privato possa corrispondere anche ad esigenze di un più intenso rapporto con la comunità familiare, ad es. negli intervalli lavorativi, per mantenere un più stretto e frequente legame con i membri della stessa, ovvero l’esigenza di raggiungere in maniera riposata e distesa i luoghi di lavoro. In tal modo assicurando un proficuo apporto alla organizzazione produttiva nel quale il lavoratore è inserito. Ciò risponde ad un valore di utilità sociale ben presente nell'ordinamento. Sostiene ancora la Corte che rileva la tendenza presente nell'ordinamento art. 1 C.d.S.), a favorire l'utilizzo della bicicletta in quanto mezzo che riduce costi economici, sociali ed ambientali; fino al punto che sono è oramai non pochi i comuni che mettono a disposizione dei cittadini biciclette in modo gratuito per gli spostamenti urbani casa-lavoro, anche di breve durata; e ciò al fine di ottenere benefici non solo di carattere ambientale ma anche per la salute dei cittadini, ed in prospettiva un calo delle spese sanitarie a carico del sistema nazionale.
Alla luce di questo indirizzo interpretativo, orientato nel rispetto dei principi costituzionali, l’Istituto non potrà più ancorarsi ad una stringente definizione del carattere della necessità dovendo, invece, per legittimare la esclusione dalla indennizzabilità, individuare elementi incontrovertibili per qualificare l’evento come conseguenza di un rischio derivante da tutto ciò che sia estraneo e non attinente alla attività lavorativa e dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore il quale crei ed affronti volutamente in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente all'attività lavorativa, ponendo così in essere una condotta interruttiva di ogni nesso tra lavoro rischio ed evento.

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di Roberto Tempesta

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