Insidia o trabocchetto. Danno da cose in custodia
Un bambino va a sbattere contro un palo a causa di una strada danneggiata. La Suprema corte rigetta la richiesta di risarcimento

Quante volte imprechiamo per lo stato pietoso delle nostre strade, per i marciapiedi rotti, per la presenza di buche sul manto stradale, per la presenza di cani randagi sull’asfalto.
Il caso portato all'attenzione della Cassazione, tuttavia, risulta davvero singolare. Sul lungomare di Acicastello, in Sicilia, un minorenne va a sbattere contro un palo "a causa della strada dissestata", provocandosi dei danni quantificati in circa 1500 euro.
Il Giudice di Pace aveva accolto la domanda dei genitori del minore. Il Tribunale, invece, aveva accolto l'appello del Comune, ritenendo che non fosse stato dimostrata neppure l'esatta dinamica del sinistro, e, tanto meno, la responsabilità in capo alla PA. I ricorrenti propongono ricorso per Cassazione affermando che il sinistro era incontrovertibilmente dovuto alla mancanza di mattonelle vicino alla fermata dell'autobus teatro dei fatti, e che - oltretutto - tale situazione determinava un'insidia, che avrebbe giustificato anche l'applicazione dell'art. 2043 c.c.
La sentenza qui in esame della Corte di Cassazione rigetta il ricorso e conferma la sentenza di merito, ritenendo che, pur trattandosi di una fattispecie in cui potrebbe ammettersi l'applicabilità dell'art. 2051 c.c., il danneggiato non abbia dato prova della responsabilità dell'ente proprietario.
Secondo la linea interpretativa prevalente, l'art. 2051 c.c. delinea un'ipotesi di responsabilità diversa da quella dell'art. 2043 c.c., trattandosi di vera e propria responsabilità oggettiva. Chi ha cose in custodia, infatti, è responsabile del danno da esse provocato, salvo che fornisca la prova liberatoria costituita dal caso fortuito (cui è equiparata la colpa esclusiva del danneggiato).
Il che, tuttavia, non significa che il danneggiato non sia gravato da alcun onere probatorio, dovendo pur sempre dimostrare l'elemento oggettivo della fattispecie: in altri termini, l'esistenza del danno, la presenza della situazione di pericolo ed il nesso causale tra le due cose. Secondo la Cassazione, infatti, il danneggiato non ha provato nulla, limitandosi ad allegare l'esistenza di un dislivello nel marciapiede ed il fatto che suo figlio fosse andato a sbattere contro un palo.
In effetti, però, non era stato dimostrato né che vi fosse davvero il dislivello o comunque l'anomalia del marciapiede; né se tale anomalia riguardasse effettivamente il marciapiede o il manto stradale; né che il bambino avesse perso l'equilibrio per colpa di tale anomalia; né, infine, come si fosse svolto l'incontro ravvicinato con il palo, in quanto le fotografie prodotte non ritraevano lo stesso palo contro cui, secondo l'attore, suo figlio era andato a sbattere.
A fronte di un simile quadro probatorio, se tal può definirsi, risulta difficoltoso ammettere l'applicabilità dell'art. 2051, perché non è chiaro cosa abbia provocato il danno e cosa avrebbe potuto o dovuto fare il custode per evitarlo. Perché se è vero che il custode è tenuto a controllare puntualmente la cosa, ed a fare in modo che non crei situazioni di rischio per terzi, bisogna pur sempre che il danneggiato dimostri l'esistenza di questa situazione di rischio, e che sia dovuta alla mancanza di manutenzione, o comunque alla mancanza di vigilanza del custode. La conclusione a cui era giunto il Tribunale, e da cui la Cassazione non si distacca, trattandosi di mere questioni di fatto, è che la parte attrice non avesse minimamente assolto al proprio onere probatorio.
La sentenza della Cassazione è insolitamente breve, a fronte di un ricorso al limite dell'inammissibilità, atteso che riguarda principalmente questioni di fatto (la ricostruzione della dinamica del sinistro). La somma liquidata per le spese, pur molto modesta, è quasi pari al danno richiesto dalla parte attrice. Sicuramente l'iter processuale è costato alle parti molto più di 1500 euro, e davvero viene da chiedersi se ne valesse la pena.
Il caso portato all'attenzione della Cassazione, tuttavia, risulta davvero singolare. Sul lungomare di Acicastello, in Sicilia, un minorenne va a sbattere contro un palo "a causa della strada dissestata", provocandosi dei danni quantificati in circa 1500 euro.
Il Giudice di Pace aveva accolto la domanda dei genitori del minore. Il Tribunale, invece, aveva accolto l'appello del Comune, ritenendo che non fosse stato dimostrata neppure l'esatta dinamica del sinistro, e, tanto meno, la responsabilità in capo alla PA. I ricorrenti propongono ricorso per Cassazione affermando che il sinistro era incontrovertibilmente dovuto alla mancanza di mattonelle vicino alla fermata dell'autobus teatro dei fatti, e che - oltretutto - tale situazione determinava un'insidia, che avrebbe giustificato anche l'applicazione dell'art. 2043 c.c.
La sentenza qui in esame della Corte di Cassazione rigetta il ricorso e conferma la sentenza di merito, ritenendo che, pur trattandosi di una fattispecie in cui potrebbe ammettersi l'applicabilità dell'art. 2051 c.c., il danneggiato non abbia dato prova della responsabilità dell'ente proprietario.
Secondo la linea interpretativa prevalente, l'art. 2051 c.c. delinea un'ipotesi di responsabilità diversa da quella dell'art. 2043 c.c., trattandosi di vera e propria responsabilità oggettiva. Chi ha cose in custodia, infatti, è responsabile del danno da esse provocato, salvo che fornisca la prova liberatoria costituita dal caso fortuito (cui è equiparata la colpa esclusiva del danneggiato).
Il che, tuttavia, non significa che il danneggiato non sia gravato da alcun onere probatorio, dovendo pur sempre dimostrare l'elemento oggettivo della fattispecie: in altri termini, l'esistenza del danno, la presenza della situazione di pericolo ed il nesso causale tra le due cose. Secondo la Cassazione, infatti, il danneggiato non ha provato nulla, limitandosi ad allegare l'esistenza di un dislivello nel marciapiede ed il fatto che suo figlio fosse andato a sbattere contro un palo.
In effetti, però, non era stato dimostrato né che vi fosse davvero il dislivello o comunque l'anomalia del marciapiede; né se tale anomalia riguardasse effettivamente il marciapiede o il manto stradale; né che il bambino avesse perso l'equilibrio per colpa di tale anomalia; né, infine, come si fosse svolto l'incontro ravvicinato con il palo, in quanto le fotografie prodotte non ritraevano lo stesso palo contro cui, secondo l'attore, suo figlio era andato a sbattere.
A fronte di un simile quadro probatorio, se tal può definirsi, risulta difficoltoso ammettere l'applicabilità dell'art. 2051, perché non è chiaro cosa abbia provocato il danno e cosa avrebbe potuto o dovuto fare il custode per evitarlo. Perché se è vero che il custode è tenuto a controllare puntualmente la cosa, ed a fare in modo che non crei situazioni di rischio per terzi, bisogna pur sempre che il danneggiato dimostri l'esistenza di questa situazione di rischio, e che sia dovuta alla mancanza di manutenzione, o comunque alla mancanza di vigilanza del custode. La conclusione a cui era giunto il Tribunale, e da cui la Cassazione non si distacca, trattandosi di mere questioni di fatto, è che la parte attrice non avesse minimamente assolto al proprio onere probatorio.
La sentenza della Cassazione è insolitamente breve, a fronte di un ricorso al limite dell'inammissibilità, atteso che riguarda principalmente questioni di fatto (la ricostruzione della dinamica del sinistro). La somma liquidata per le spese, pur molto modesta, è quasi pari al danno richiesto dalla parte attrice. Sicuramente l'iter processuale è costato alle parti molto più di 1500 euro, e davvero viene da chiedersi se ne valesse la pena.
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