Insinuazione al passivo e attestato di conformità
Come predisporre l'istanza di ammissione al passivo fallimentare e i documenti relativi, ovvero non tutto è oro quello che luccica su Internet
Tutti conoscono l'utilità di Internet per reperire dati e informazioni, tuttavia è frequente trovarvi pure indicazioni non del tutto corrette o perfino inesatte, anche a prescindere dai testi (spesso dimentichi della grammatica italiana...).
Di recente si è visto come alcuni siti "giuridici" (di Studi professionali o di informazioni generali) forniscano istruzioni errate a proposito della domanda di ammissione al passivo fallimentare (art. 93 L.F.), nella pratica quotidiana detta insinuazione; non tanto per la redazione dell'atto in se stesso ma per le modalità che dovrebbero accompagnarne la trasmissione via PEC all'indirizzo PEC del Curatore.
Dando per scontato che l'avvocato sappia come procedere, non lo è altrettanto per il creditore che si trovi nella situazione di dover farsi ammettere al passivo; tuttavia anche il primo potrebbe essere indotto - dalla lettura di quegli articoli - a seguire un percorso sbagliato e che pure potrebbe rivelarsi pericoloso.
Premesso che, in entrambi i casi, non è richiesto che il file pdf della domanda sia "nativo" (quindi può derivare dalla scansione del cartaceo), neppure è necessario che l'eventuale procura al legale sia sottoscritta digitalmente, da questi o dal cliente; anche qui sarà sufficiente la scansione del mandato cartaceo, con firma autenticata a mano, ma nessuno vieta che sia la domanda che la procura vengano sottoscritte con firma digitale, valendo per la seconda il principio per cui l'avvocato - inoltrandola con la PEC - non deve aggiungervi alcuna autentica o attestazione.
Un problema può sorgere al momento di predisporre i documenti, ed anche il legale potrebbe chiedersi se il Decreto Ingiuntivo ottenuto nei confronti del soggetto poi fallito - opponibile alla procedura concorsuale solo se diventato definitivo - debba essere prodotto in forma digitale o basti la scansione della copia cartacea: siccome la formula esecutiva non può essere che "tradizionale", è chiaro che sarà sufficiente scannerizzare il titolo esecutivo analogico; analogamente si procede quando la monitoria sia provvisoriamente esecutiva, però non è detto che il credito sia ammesso: ma questa è un'altra storia...
Il vero punto dolente è che gli articoli esaminati prevedono che il ricorrente o il legale attestino la conformità all'originale della documentazione unita all'istanza; ecco infatti come si affronta l'argomento: «Alla fine della domanda il creditore deve attestare, sotto la propria responsabilità, che le copie dei documenti inviati sono conformi all'originale secondo una formula del tipo: "DICHIARA sotto la propria responsabilità che le copie dei documenti inviati a mezzo PEC e indicati nell'elenco sopra redatto SONO CONFORMI ALL'ORIGINALE". È obbligatorio allegare una copia del documento d'identità insieme all'attestazione» [N.d.R.: il maiuscolo è nell'originale].
Uno di tali "contributi" prevede addirittura che tale attestazione, da riportare in calce all'istanza, assuma la forma di dichiarazione sostitutiva di atto notorio (sic), con espressa menzione delle conseguenze penali derivanti dal falso; si può forse comprendere che - in un Paese come l'Italia - serva talora uno spauracchio per evitare istanze pretestuose o peggio, ma nessuna norma prevede l'obbligo di attestazione né tantomeno di allegare il documento d'identità del firmatario.
L'assurdità di simili prescrizioni si mostra del tutto palese, tantopiù che questi "esperti" non hanno messo in conto la rischiosità loro connessa. Basti pensare che il creditore dovrebbe certificare la conformità dell'ingiunzione o dell'atto di precetto e che l'avvocato dovrebbe attestare, ad esempio, quella di fatture o D.D.T. di cui di norma non ha gli originali ma fotocopie o scansioni: l'elenco potrebbe continuare.
Che questo modus operandi sia errato e del tutto fuorviante è provato altresì dal fatto che le "istruzioni" contenute nella comunicazione del Curatore ai sensi dell'art. 92 L.F. non vi compare alcun riferimento: è buona regola - soprattutto se il creditore decide di procedere senza incaricare il professionista - attenersi ad esse volta per volta, così da evitare intoppi.
In definitiva, il legale non potrà far nulla se il proprio cliente predispone l'insinuazione da solo, salvo dargli le linee guida da seguire e spiegargli che - in caso di dubbi - è assai meglio il suo consiglio (sotto la sua responsabilità) piuttosto che seguire qualche falena impigliata nella Rete.
Di recente si è visto come alcuni siti "giuridici" (di Studi professionali o di informazioni generali) forniscano istruzioni errate a proposito della domanda di ammissione al passivo fallimentare (art. 93 L.F.), nella pratica quotidiana detta insinuazione; non tanto per la redazione dell'atto in se stesso ma per le modalità che dovrebbero accompagnarne la trasmissione via PEC all'indirizzo PEC del Curatore.
Dando per scontato che l'avvocato sappia come procedere, non lo è altrettanto per il creditore che si trovi nella situazione di dover farsi ammettere al passivo; tuttavia anche il primo potrebbe essere indotto - dalla lettura di quegli articoli - a seguire un percorso sbagliato e che pure potrebbe rivelarsi pericoloso.
Premesso che, in entrambi i casi, non è richiesto che il file pdf della domanda sia "nativo" (quindi può derivare dalla scansione del cartaceo), neppure è necessario che l'eventuale procura al legale sia sottoscritta digitalmente, da questi o dal cliente; anche qui sarà sufficiente la scansione del mandato cartaceo, con firma autenticata a mano, ma nessuno vieta che sia la domanda che la procura vengano sottoscritte con firma digitale, valendo per la seconda il principio per cui l'avvocato - inoltrandola con la PEC - non deve aggiungervi alcuna autentica o attestazione.
Un problema può sorgere al momento di predisporre i documenti, ed anche il legale potrebbe chiedersi se il Decreto Ingiuntivo ottenuto nei confronti del soggetto poi fallito - opponibile alla procedura concorsuale solo se diventato definitivo - debba essere prodotto in forma digitale o basti la scansione della copia cartacea: siccome la formula esecutiva non può essere che "tradizionale", è chiaro che sarà sufficiente scannerizzare il titolo esecutivo analogico; analogamente si procede quando la monitoria sia provvisoriamente esecutiva, però non è detto che il credito sia ammesso: ma questa è un'altra storia...
Il vero punto dolente è che gli articoli esaminati prevedono che il ricorrente o il legale attestino la conformità all'originale della documentazione unita all'istanza; ecco infatti come si affronta l'argomento: «Alla fine della domanda il creditore deve attestare, sotto la propria responsabilità, che le copie dei documenti inviati sono conformi all'originale secondo una formula del tipo: "DICHIARA sotto la propria responsabilità che le copie dei documenti inviati a mezzo PEC e indicati nell'elenco sopra redatto SONO CONFORMI ALL'ORIGINALE". È obbligatorio allegare una copia del documento d'identità insieme all'attestazione» [N.d.R.: il maiuscolo è nell'originale].
Uno di tali "contributi" prevede addirittura che tale attestazione, da riportare in calce all'istanza, assuma la forma di dichiarazione sostitutiva di atto notorio (sic), con espressa menzione delle conseguenze penali derivanti dal falso; si può forse comprendere che - in un Paese come l'Italia - serva talora uno spauracchio per evitare istanze pretestuose o peggio, ma nessuna norma prevede l'obbligo di attestazione né tantomeno di allegare il documento d'identità del firmatario.
L'assurdità di simili prescrizioni si mostra del tutto palese, tantopiù che questi "esperti" non hanno messo in conto la rischiosità loro connessa. Basti pensare che il creditore dovrebbe certificare la conformità dell'ingiunzione o dell'atto di precetto e che l'avvocato dovrebbe attestare, ad esempio, quella di fatture o D.D.T. di cui di norma non ha gli originali ma fotocopie o scansioni: l'elenco potrebbe continuare.
Che questo modus operandi sia errato e del tutto fuorviante è provato altresì dal fatto che le "istruzioni" contenute nella comunicazione del Curatore ai sensi dell'art. 92 L.F. non vi compare alcun riferimento: è buona regola - soprattutto se il creditore decide di procedere senza incaricare il professionista - attenersi ad esse volta per volta, così da evitare intoppi.
In definitiva, il legale non potrà far nulla se il proprio cliente predispone l'insinuazione da solo, salvo dargli le linee guida da seguire e spiegargli che - in caso di dubbi - è assai meglio il suo consiglio (sotto la sua responsabilità) piuttosto che seguire qualche falena impigliata nella Rete.
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