Interposizione fittizia di manodopera: licenziamento


Nel caso di interposizione fittizia di manodopera ci si pone la domanda su quali siano i termini per impugnare un licenziamento
Interposizione fittizia di manodopera: licenziamento
INTERPOSIZIONE FITTIZIA DI MANODOPERA: QUALI I TERMINI PER IMPUGNARE? Con l’Interpello n.12 del 25 marzo 2014, Assotrasporti, chiedeva al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali chiarimenti in ordine all'"estensione" del termine decadenziale di 60 giorni per l’impugnabilità del licenziamento e del termine di 180 giorni per il deposito del ricorso, ad "ogni altro caso in cui si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto". Il Ministero ha risposto che il riferimento ad "ogni altro caso" presente nell’art. 32, comma 4 lett. d), della L. n. 183/2010) include sia l’appalto illecito di manodopera, come disciplinato nella novella dell’art 29, comma 3 bis D.Lgs. n. 276/2003, sia il distacco illegittimo (cfr. art. 30, comma 4 bis, HYPERLINK "http://media.directio.it/portal/norme/20030910_DLgs276_art30.pdf"D.Lgs.HYPERLINK "http://media.directio.it/portal/norme/20030910_DLgs276_art30.pdf" n. 276/2003), tenuto conto che, in entrambe le ipotesi, le conseguenze sanzionatorie rispondono alla medesima logica della somministrazione irregolare.

La giurisprudenza di legittimità riferibile alla previgente disciplina (Cass. sent. n. 23684/2010), stabilisce come, in caso di interposizione nelle prestazioni di lavoro, l’eventuale licenziamento intimato dall’interposto nel rapporto di lavoro sia giuridicamente inesistente e non impedisca al lavoratore di far valere in ogni tempo, salva la prescrizione estintiva, il rapporto costituitosi ex lege con l’interponente. Tuttavia, ragiona il Ministero, l’art. 32, comma 4, Legge n. 183/2010, precisando alla lettera d) l’applicazione, nei predetti casi, del termine decadenziale, sembrerebbe contrapporsi alla sopracitata giurisprudenza richiedendo anche in tal caso la previa impugnativa stragiudiziale del licenziamento, a prescindere dal soggetto che lo abbia comunicato (sia esso l’interponente ovvero l’interposto).

La soluzione che fornisce il Ministero, secondo chi vi scrive, parte dalla qualificazione giuridica del licenziamento intimato dall’interposto che, secondo i principi giurisprudenziali sopra richiamati, è inesistente ovvero tamquam non esset. Invero, per quanto concerne il dies a quo per la decorrenza del termine di 60 giorni per la relativa impugnazione, in caso di licenziamento scritto con contestuale comunicazione scritta dei motivi, il termine decorre dalla data di ricezione, da parte del lavoratore, della comunicazione medesima, mentre il licenziamento verbale o di fatto o senza comunicazione dei motivi, è inefficace (art. 2, comma 3, Legge n. 604/1966), per cui, nel caso di specie, non si ritiene applicabile il termine di decadenza di 60 giorni che postula l’esistenza di un licenziamento scritto e non di un licenziamento giuridicamente inesistente. In tal caso, il lavoratore può agire per far dichiarare tale inefficacia, contestualmente all’azione per la costituzione o l’accertamento del rapporto di lavoro con il fruitore materiale delle prestazioni, senza l’onere della previa impugnativa stragiudiziale del licenziamento stesso, entro il termine prescrizionale di 5 anni.

Si ricorda qui che, con il termine "interposizione" si suole indicare l’attività di "mera fornitura di manodopera": in altre parole viene indicato quel fenomeno per il quale un imprenditore utilizza lavoratori reclutati da un altro soggetto che ne è formalmente il datore di lavoro e dal quale ricevono dunque il compenso (pensiamo, ad esempio, ai casi dell’outsourcing nei call center). La peculiarità della fattispecie è da ricercarsi nella separazione tra datore di lavoro e utilizzatore della prestazione o, in un’altra prospettiva, nella distinzione tra datore di lavoro formale e datore di lavoro sostanziale.

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di avv. Ernesto Maria Cirillo

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