Intestare la casa al figlio minore
Donare una casa a un figlio minorenne è possibile ed, oggi, necessario se si vuol tutelare il patrimonio familiare dagli imprevisti di attività commerciali, sottraendo eventualmente il bene alle pretese dei creditori ed anticipando la divisione del patrimonio rispetto alla successiva eredità.
La prima cosa da tenere in considerazione è che quando si vuol intestare una casa a un figlio di pochi anni l’unico atto che si può compiere è la donazione. Bocciata, quindi, la vendita: il minore, infatti, non ha capacità d’agire e non potrebbe acquistare neanche con il consenso del giudice tutelare.
La seconda cosa di cui prendere nota se si vuole intestare una casa a un figlio minorenne è che bisogna sempre prima chiedere l’autorizzazione in tribunale (volontaria giurisdizione: giudice tutelare). Non è possibile, quindi, andare direttamente dal notaio senza prima presentare l’istanza.
Gli schemi contrattuali con cui donare casa a un figlio di pochi anni sono sostanzialmente di due tipi:
- donazione diretta: il genitore acquista casa e la intesta a sé, successivamente decide di donarla al figlio; alla donazione devono partecipare due testimoni
- donazione indiretta con pagamento al venditore: il genitore non acquista la casa per sé ma paga il venditore affinché questi trasferisca la casa al figlio. In tale ipotesi si realizza sì un atto di acquisto, ma che ha l’indiretto scopo di donare il bene a un terzo (il figlio); ecco perché si chiama donazione indiretta.
Lo schema della donazione indiretta, per quanto appena detto, è sicuramente più conveniente in quanto non necessita di atto pubblico e non deve essere scritta. Non si pagano neanche le imposte sulla donazione.
L’aspetto principale da ricordare se si vuol intestare una casa a un figlio di pochi anni è che bisogna prima chiedere l’autorizzazione al Tribunale, nella persona del Giudice tutelare il quale valuta se l’operazione è nell’interesse del minore. Si tratta di un procedimento agevole e veloce. Di norma non trascorre molto tempo dall’autorizzazione.
L’autorizzazione è necessaria anche se si procede con lo schema della donazione indiretta.
Chi intende intestare la casa al figlio deve farlo prima di maturare debiti. Difatti, se la donazione viene realizzata quando già si è contratta un’obbligazione – a prescindere dal fatto che si sia ancora in regola con i pagamenti o meno – il creditore potrebbe, nei cinque anni successivi, chiederne la revoca. Si tratta della cosiddetta azione revocatoria con la quale viene dichiarata inefficace la donazione e il creditore riesce a pignorare la casa donata. Perché l’azione revocatoria possa però essere accolta dal giudice è necessario che il creditore dimostri l’intento fraudolento del debitore: questo si presume quando il donante cede gran parte del suo patrimonio (anche se costituito da un solo bene), rendendosi così di fatto nullatenente ai creditori. Se, invece, il donante, nonostante l’intestazione della casa al figlio, dovesse continuare ad avere in proprietà altri beni o ricchezze (basterebbe anche un cospicuo conto corrente), la revocatoria non potrebbe essere accolta.
La donazione ha effetto per i creditori dopo un anno: difatti, se entro 365 giorni dal rogito notarile un creditore iscrive nei pubblici registri il pignoramento immobiliare sul suddetto immobile, questo può essere ugualmente aggredito (ossia pignorato e messo all’asta) anche se risulta intestato a un altro soggetto (il figlio). Non c’è neanche bisogno dell’azione revocatoria. Superato l’anno, i creditori hanno altri 4 anni per esercitare la revocatoria.
Una volta donato, il bene resta nella proprietà del minore e se i genitori decidono di rivenderlo dovranno chiedere di nuovo l’autorizzazione al giudice tutelare. In questo caso, il “placet” viene concesso meno facilmente di quello per la donazione, salvo dimostrare che la vendita è nell’interesse del figlio stesso.
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