Investimenti ESG, il potere ai risparmiatori


Gli operatori finanziari propongono svariate offerte, ma in questo nuovo contesto è il risparmiatore ad avere il potere di selezionare le aziende davvero sostenibili
Investimenti ESG, il potere ai risparmiatori

Nel film del 1974 “Finché c’è guerra, c’è speranza”, con interprete (e regista) un grandissimo Alberto Sordi, il protagonista è un ex commerciante di idraulica, Pietro Chiocca, che si converte all’attività, più redditizia, del commercio internazionale di armi.
E ciò nella totale ignoranza della sua distrattissima famiglia, moglie e figli viziatissimi, che vivono, grazie agli affari spregiudicati di Pietro, nel lusso più sfrenato.
La inconsistente moglie e i frivoli figli, scoperto casualmente come stanno realmente le cose, condannano il protagonista da un punto di vista morale, arrivando a terribili ed umilianti offese. Salvo poi, messi davanti all’alternativa di rinunziare a quel lusso che solo un’attività così poco etica e moralmente discutibile poteva garantire, chiudere entrambi gli occhi e benedire l’attività del padre (epilogo assolutamente da rivedere), senza il coraggio di dirglielo di persona, continuando ad essere contro il capitalismo, alternativi al sistema, hippies, e contestatori.

E’ così in finanza?

Le attività (lecite…) che non rispettano dei valori etici rendono di più di quelle che non “chiudono gli occhi” sulle dinamiche sociali, di governance, ambientali?
Diversi anni or sono si diffuse una teoria (accademica!) che la mafia in Sicilia, svolgesse un ruolo finanziariamente “produttivo” (non considerando gli aspetti delittuosi e le note modalità di interazione col territorio). Del resto creava occupazione, reddito, incremento dei consumi, efficienti ammortizzatori sociali, un PIL parallelo con tassi di crescita a due cifre.

Ci volle un bel lavoro del Prof. Paolo Sylos-Labini, figura importantissima nello studio delle dinamiche economiche, finanziarie e sociali del meridione, per dimostrare l’infondatezza di quella tesi (tra l’altro Sylos–Labini si scontrò duramente con la corrente andreottiana sicula che vedeva in Salvo Lima il dominus).
Morale, etica, finanza, economia, società: un dibattito sempre attuale.  

Nel 2015 l’ONU ha approvato col voto favorevole di 193 paesi l’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile definendo 17 obiettivi (goals) nella sostenibilità che avrebbero impegnato i governi per i prossimi 15 anni.

Sono noti come SDGs: Sostainable Development Goals.
1)    Porre fine ad ogni forma di povertà
2)    Porre fine alla fame
3)    Salute e benessere per tutti e per tutte e età
4)    Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva
5)    Eguaglianza di genere ed emancipazione per le donne
6)    Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie
7)    Assicurare a tutti l’accesso ad energia economica, affidabile e sostenibile
8)    Promuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile
9)    Infrastrutture resistenti e industrializzazione sostenibile
10)    Ridurre le disuguaglianze
11)    Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi
12)    Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo
13)    Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere i cambiamenti climatici
14)    Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine
15)    Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema
16)    Pace, giustizia e istituzioni forti”
17)    Rafforzare i mezzi di attuazione degli obiettivi e rinnovare il partenariato mondiale

Forse è soltanto un libro dei sogni, ma ogni punto è stato declinato ed analizzato, fornendo spunti e linee guida per l’attuazione. Molti punti sono di esclusiva pertinenza della Politica, molti avranno la finanza (globalizzata e trasversale) come attore fondamentale. Importante la partecipazione e la consapevolezza di donne ed uomini in tutto il mondo.

Sempre più persone, infatti, sono sensibili agli obiettivi dell’ONU.

Persone che dovrebbero iniziare ad investire i propri risparmi cercando soluzioni che contribuiscano ad un’“economia del benessere” che non vedrà vinti e vincitori, in cui il mio guadagno non dovrà essere a discapito di un altro soggetto o dell’ambiente o scendendo a patti con la mia coscienza di Uomo.

A seguito di questa domanda di investimenti “sostenibili” molti operatori del mercato si stanno strutturando con offerte definite ESG (Environment, Social, Governance), SRI (socially responsible Investments) oppure investimenti ad Impatto (Impact investing).

Cavalcano l’onda della moda? In parte forse sì! Sarà difficile per il risparmiatore sensibile a questi temi orientarsi nella vastità dell’offerta. Sarà forse necessario l’intervento delle autorità e di organi super partes che potrebbero certificare i singoli prodotti.

Mi piace pensare, però, che questa volta la finanza “dal basso” potrebbe avere un potere di selezione delle aziende più di quanto potrebbe fare un organismo di controllo.

Un’azienda che dovesse discriminare le lavoratrici (obiettivo 5) verrebbe punita non sottoscrivendo le sue azioni o acquistando prodotti che non prevedano l’investimento in aziende simili.

E tutto questo nella consapevolezza che investimenti di questo tipo andranno di conseguenza a rendere di più (o quanto meno allo stesso modo) degli investimenti “ordinari”.

Diversi studi stanno dimostrando che portafogli creati secondo i criteri ESG hanno rendimenti in linea con portafogli “tradizionali”. Nessuna necessità, quindi, di “chiudere gli occhi”, ma anzi tenerli ben aperti con il fine di orientare la scelta verso un investimento “positivo”, consapevoli che il pianeta è uno solo e non esiste un piano “B”.

 

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di Dott. Fulvio Lupi

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