Italia-Usa: export Italia 2018
Gli Stati Uniti rappresentano uno dei principali mercati di sbocco per l’export italiano

Gli Stati Uniti ed il suo popolo hanno una speciale predilezione per i prodotti made in Italy e non a caso rappresentano uno dei mercati più dinamici ed in crescita per l’export Italiano.
Le aziende italiane sono coscienti che entrare nel mercato Statunitense non è semplice, specialmente nell’epoca Trump, e per farlo è necessario e rispettare una serie di procedure!
Quello degli Stati Uniti rappresenta uno dei principali mercati di sbocco per l’export italiano, infatti nel 2017 le PMI nostrane hanno esportato oltreoceano la cifra record di 48,281 miliardi di dollari. E anche la bilancia commerciale sorride a al Belpaese che conserva un surplus di oltre 31 miliardi di dollari, mantenendo un trend di crescita costante nell’ultimo quinquennio.
Anche i dati dei primi mesi del 2018 forniscono indicazioni positive alle PMI italiane: le previsioni per il periodo gennaio-aprile 2018 indicano che gli Stati Uniti stimano un`importazione beni per 18miliardi di dollari dall’Italia, facendo registrare una variazione positiva del 7.1%, se si prende come riferimento cronologico lo stesso lasso di tempo del 2017.
Bisogna tuttavia sottolineare il mercato americano e’ molto variegato, formato da 50 Stati che spesso si differenziano tra loro non solo dal punto di vista economico e normativo, ma soprattutto culturale.
Infatti le aziende italiane interessate all’export verso gli USA riscontrano i seguenti punti che necessitano di strategie azeindali:
- Vastità del mercato;
- Scarsa conoscenza delle modalità d’approccio sia offline che online;
- Mancanza di una strategia definita con orizzonti di medio-lungo periodo;
- Corretto approccio al mercato dal punto di vista logistico e distributivo;
- Scarsa presenza sul mercato e conseguente difficoltà nell’approccio diretto con i partner commerciali americani;
- Scarsa conoscenza dei competitor e dei trend di mercato, spesso dettata da una fase analitica svolta in maniera superficiale o non continuativa;
- Fuso orario.
Diventa dunque fondamentale capire COME esportare negli Stati Uniti e soprattutto quale strategia di approccio scegliere al fine di evitare un sanguinoso dispendio di risorse: non esiste un modus operandi univoco perché ogni azienda ha la necessità di affrontare il mercato in base alle proprie caratteristiche.
Strategie d’ingresso
Dopo aver svolto un’accurata analisi del mercato e deciso il budget che si intende destinare alle attività da svolgere, bisogna individuare una corretta strategia d’ingresso. Tra queste vi sono:
Le fiere - l`approccio usuale, e piu’ facile, ad un nuovo mercato è la partecipazione ad una fiera che rappresenta un opportunità per incontrare, selezionare e relazionarsi con operatori specializzati, competitor e stakeholder. Le regioni ed i Centri Esteri delle Camere di commercio Italiane organizzeranno la partecipazione all’International Franchising Expo e al Summer Fancy Food.
Importatori e distributori - La maggior parte dei prodotti italiani arriva negli Stati Uniti grazie ad importatori e distributori che intrattengono relazioni con supermercati, negozi alimentari, negozi specializzati e ristoranti. Tutto ciò però non è più sufficiente dal momento che i buyer americani ormai chiedono garanzie alle aziende produttrici italiane in termini di presenza sul territorio - con una warehouse che permetta stoccaggio della merce, gestione dei resi e facilità di approvvigionamento. Inoltre un’altra caratteristica fondamentale (e dispendiosa) riguarda l’impegno in termine promozione del brand/prodotto sul mercato di riferimento.
Agenti e broker - Innanzitutto c’è da fare una distinzione fondamentale: l’agente riceve il mandato dall’azienda (monomandatario o plurimandatario) per cui lavora al fine di collocarne il prodotto sul mercato, mentre il broker è un venditore indipendente che negozia i prodotti dell’azienda, la quale richiede la sua prestazione una tantum su aree geografiche prestabilite. Nel primo caso spesso gli agenti lavorano per più aziende e con marginalità differenti, mentre il broker non garantisce continuità negli ordini.
Struttura propria - Rappresenta sicuramente la strategia d’ingresso più onerosa e che ben si adatta alle realtà solide dal punto di vista economico e con una progettualità di approccio al mercato di lungo periodo.
Canale online - Sicuramente il canale più in crescita e meno battuto dalle PMI italiane, probabilmente ancora troppo legato al paradigma tradizionale con i vari intermediari come importatori e distributori (approccio che ancora produce comunque volumi molto superiori rispetto alle vendite online di Made in Italy). Le opportunità sono varie e i numeri ormai parlano chiaro, tanto che entro il 2020 l’e-commerce negli Stati Uniti dovrebbe raggiungere la cifra monstre di oltre 680 miliardi di dollari.
Logistica
La fase logistica si compone principalmente di 3 momenti:
1. Dogana export: processo che avviene in Italia e che solitamente non pone particolari problematiche;
2. Dogana import: qui vigono le leggi americane, per cui è importante affidarsi ad uno spedizioniere internazionale;
3. Sdoganamento e arrivo a destino: in questo caso bisogna stabilire gli incoterms per definire gli obblighi dei contraenti e produrre la documentazione richiesta.
Per esportare negli States sono necessari di base i seguenti elementi:
- Fattura commerciale: da redigere in inglese, senza IVA perché si esporta verso gli Stati Uniti. Bisogna includere anche il paese d’origine della merce e le classificazioni doganali secondo le tabelle merceologiche americane;
- Packing list: l’elenco dettagliato dei prodotti che vengono spediti, ordinati per scatola e per pallet (preferibilmente numerati). Bisogna necessariamente usare le stesse descrizioni del prodotto utilizzate per la fattura, e sempre in Inglese;
- Bill of Lading (POLIZZA DI CARICO) o Airway Bill prodotta dallo spedizioniere;
- Certificato di origine delle merci;
- Power of Attorney (POA): è un mandato necessario al broker doganale americano per espletare tutta la documentazione di dogana import e sdoganamento per conto dell’azienda (da richiedere allo spedizioniere);
- Customs Bond: una fidejussione a carico di chi importa e funge da garanzia per la dogana americana contro il mancato pagamento di dazi e spese;
- Importer Security Filing: dal 12 dicembre 2013 tutti gli esportatori di prodotti alimentari devono notificare in anticipo (ovvero la "Prior Notice" già in vigore nel 2003) alla FDA ogni spedizione di alimenti e preparati destinati al consumo umano e animale negli USA;
- Altre certificazioni, licenze o permessi speciali (dipende dal tipo di prodotto che si intende esportare).
Ulteriori documenti/informazioni devono essere forniti per le attività di sdoganamento e arrivo a destino. Tra questi ricordiamo:
Dichiarazione doganale
Dichiarazione giustificativa del diritto d’ingresso
Nome e indirizzo del venditore e del compratore
Descrizione dettagliata dei prodotti: nome, marchi e simboli, natura della merce, quantità e pesi, prezzo unitario, costo d’imballaggio, costo del trasporto e ogni altro onere sostenuto per l’importazione di beni
Il porto (o aeroporto) di entrata
Le prime sei cifre del Sistema Armonizzato
Il codice del fornitore
Il nome del responsabile della ditta esportatrice incaricato della transazione
Documentazione relativa al trasporto negli USA.
Espletate tali formalità il carico può essere esaminato e rilasciato. Entro 10 giorni dall’ ingresso della merce, l’importatore deve presentare una documentazione riassuntiva delle registrazioni e depositare la somma valida per i dazi al porto di sbarco. In particolare:
1. Documento di importazione restituito all’importatore, al broker o al suo agente autorizzato dopo il rilascio della merce;
2. Una registrazione riassuntiva;
3. Altre fatture o documenti necessari per il calcolo dei dazi, l’elaborazione di statistiche o per accertare che tutti i requisiti richiesti siano stati soddisfatti.
In caso di mancata dichiarazione dei beni al porto di sbarco entro i termini previsti, questi vengono collocati in un magazzino (a spese dell’importatore) e passati sei mesi possono essere distrutti o messi all’ asta.
Diventa dunque fondamentale scegliere uno spedizioniere affidabile e comunicare tempestivamente tutte le informazioni richieste per evitare problemi con l’arrivo e lo sdoganamento della merce, oltre che definire gli obblighi dei contraenti con gli Incoterms prima di procedere con qualsiasi spedizione.
Etichettatura
Infine si ricordano alcuni elementi obbligatori da non emettere nell’etichettatura dei prodotti destinati al mercato americano. Tra questi:
• Nome del prodotto;
• Paese di origine ("Made in..." o "Product of ...");
• Nome e indirizzo del produttore;
• Peso netto ("Net content...") espresso in galloni o, se inferiore al gallone, in once fluide (fl. oz.) e in pinte;
• Stato fisico del prodotto (es. intero, cubetti, porzionato) se non si evince facilmente dalla confezione o attraverso immagini riportate sull’etichetta;
• Elenco degli ingredienti;
• Informazioni nutrizionali: la porzione è determinata in base alla quantità̀ di alimento generalmente consumata da una persona, e deve essere espressa in una unità di misura familiare (cup, tablespoon, ecc.) o in pezzi, e la relativa traduzione in unità del sistema metrico (es. grammi/ml)
• Elementi allergenici: Secondo il Food Allergen Act è necessario specificare nelle etichette la presenza di elementi responsabili del 90% delle reazioni allergiche come latte, uova, nocciole, frutta secca, pesce, crostacei, grano e soia.
Tali elementi potrebbero variare a seconda del tipo di prodotto e categoria merceologica.
Un buon punto di partenza è comunque quello di consultare il sito della U.S. FOOD & DRUG ADMINISTRATION (FDA).
Le aziende italiane sono coscienti che entrare nel mercato Statunitense non è semplice, specialmente nell’epoca Trump, e per farlo è necessario e rispettare una serie di procedure!
Quello degli Stati Uniti rappresenta uno dei principali mercati di sbocco per l’export italiano, infatti nel 2017 le PMI nostrane hanno esportato oltreoceano la cifra record di 48,281 miliardi di dollari. E anche la bilancia commerciale sorride a al Belpaese che conserva un surplus di oltre 31 miliardi di dollari, mantenendo un trend di crescita costante nell’ultimo quinquennio.
Anche i dati dei primi mesi del 2018 forniscono indicazioni positive alle PMI italiane: le previsioni per il periodo gennaio-aprile 2018 indicano che gli Stati Uniti stimano un`importazione beni per 18miliardi di dollari dall’Italia, facendo registrare una variazione positiva del 7.1%, se si prende come riferimento cronologico lo stesso lasso di tempo del 2017.
Bisogna tuttavia sottolineare il mercato americano e’ molto variegato, formato da 50 Stati che spesso si differenziano tra loro non solo dal punto di vista economico e normativo, ma soprattutto culturale.
Infatti le aziende italiane interessate all’export verso gli USA riscontrano i seguenti punti che necessitano di strategie azeindali:
- Vastità del mercato;
- Scarsa conoscenza delle modalità d’approccio sia offline che online;
- Mancanza di una strategia definita con orizzonti di medio-lungo periodo;
- Corretto approccio al mercato dal punto di vista logistico e distributivo;
- Scarsa presenza sul mercato e conseguente difficoltà nell’approccio diretto con i partner commerciali americani;
- Scarsa conoscenza dei competitor e dei trend di mercato, spesso dettata da una fase analitica svolta in maniera superficiale o non continuativa;
- Fuso orario.
Diventa dunque fondamentale capire COME esportare negli Stati Uniti e soprattutto quale strategia di approccio scegliere al fine di evitare un sanguinoso dispendio di risorse: non esiste un modus operandi univoco perché ogni azienda ha la necessità di affrontare il mercato in base alle proprie caratteristiche.
Strategie d’ingresso
Dopo aver svolto un’accurata analisi del mercato e deciso il budget che si intende destinare alle attività da svolgere, bisogna individuare una corretta strategia d’ingresso. Tra queste vi sono:
Le fiere - l`approccio usuale, e piu’ facile, ad un nuovo mercato è la partecipazione ad una fiera che rappresenta un opportunità per incontrare, selezionare e relazionarsi con operatori specializzati, competitor e stakeholder. Le regioni ed i Centri Esteri delle Camere di commercio Italiane organizzeranno la partecipazione all’International Franchising Expo e al Summer Fancy Food.
Importatori e distributori - La maggior parte dei prodotti italiani arriva negli Stati Uniti grazie ad importatori e distributori che intrattengono relazioni con supermercati, negozi alimentari, negozi specializzati e ristoranti. Tutto ciò però non è più sufficiente dal momento che i buyer americani ormai chiedono garanzie alle aziende produttrici italiane in termini di presenza sul territorio - con una warehouse che permetta stoccaggio della merce, gestione dei resi e facilità di approvvigionamento. Inoltre un’altra caratteristica fondamentale (e dispendiosa) riguarda l’impegno in termine promozione del brand/prodotto sul mercato di riferimento.
Agenti e broker - Innanzitutto c’è da fare una distinzione fondamentale: l’agente riceve il mandato dall’azienda (monomandatario o plurimandatario) per cui lavora al fine di collocarne il prodotto sul mercato, mentre il broker è un venditore indipendente che negozia i prodotti dell’azienda, la quale richiede la sua prestazione una tantum su aree geografiche prestabilite. Nel primo caso spesso gli agenti lavorano per più aziende e con marginalità differenti, mentre il broker non garantisce continuità negli ordini.
Struttura propria - Rappresenta sicuramente la strategia d’ingresso più onerosa e che ben si adatta alle realtà solide dal punto di vista economico e con una progettualità di approccio al mercato di lungo periodo.
Canale online - Sicuramente il canale più in crescita e meno battuto dalle PMI italiane, probabilmente ancora troppo legato al paradigma tradizionale con i vari intermediari come importatori e distributori (approccio che ancora produce comunque volumi molto superiori rispetto alle vendite online di Made in Italy). Le opportunità sono varie e i numeri ormai parlano chiaro, tanto che entro il 2020 l’e-commerce negli Stati Uniti dovrebbe raggiungere la cifra monstre di oltre 680 miliardi di dollari.
Logistica
La fase logistica si compone principalmente di 3 momenti:
1. Dogana export: processo che avviene in Italia e che solitamente non pone particolari problematiche;
2. Dogana import: qui vigono le leggi americane, per cui è importante affidarsi ad uno spedizioniere internazionale;
3. Sdoganamento e arrivo a destino: in questo caso bisogna stabilire gli incoterms per definire gli obblighi dei contraenti e produrre la documentazione richiesta.
Per esportare negli States sono necessari di base i seguenti elementi:
- Fattura commerciale: da redigere in inglese, senza IVA perché si esporta verso gli Stati Uniti. Bisogna includere anche il paese d’origine della merce e le classificazioni doganali secondo le tabelle merceologiche americane;
- Packing list: l’elenco dettagliato dei prodotti che vengono spediti, ordinati per scatola e per pallet (preferibilmente numerati). Bisogna necessariamente usare le stesse descrizioni del prodotto utilizzate per la fattura, e sempre in Inglese;
- Bill of Lading (POLIZZA DI CARICO) o Airway Bill prodotta dallo spedizioniere;
- Certificato di origine delle merci;
- Power of Attorney (POA): è un mandato necessario al broker doganale americano per espletare tutta la documentazione di dogana import e sdoganamento per conto dell’azienda (da richiedere allo spedizioniere);
- Customs Bond: una fidejussione a carico di chi importa e funge da garanzia per la dogana americana contro il mancato pagamento di dazi e spese;
- Importer Security Filing: dal 12 dicembre 2013 tutti gli esportatori di prodotti alimentari devono notificare in anticipo (ovvero la "Prior Notice" già in vigore nel 2003) alla FDA ogni spedizione di alimenti e preparati destinati al consumo umano e animale negli USA;
- Altre certificazioni, licenze o permessi speciali (dipende dal tipo di prodotto che si intende esportare).
Ulteriori documenti/informazioni devono essere forniti per le attività di sdoganamento e arrivo a destino. Tra questi ricordiamo:
Dichiarazione doganale
Dichiarazione giustificativa del diritto d’ingresso
Nome e indirizzo del venditore e del compratore
Descrizione dettagliata dei prodotti: nome, marchi e simboli, natura della merce, quantità e pesi, prezzo unitario, costo d’imballaggio, costo del trasporto e ogni altro onere sostenuto per l’importazione di beni
Il porto (o aeroporto) di entrata
Le prime sei cifre del Sistema Armonizzato
Il codice del fornitore
Il nome del responsabile della ditta esportatrice incaricato della transazione
Documentazione relativa al trasporto negli USA.
Espletate tali formalità il carico può essere esaminato e rilasciato. Entro 10 giorni dall’ ingresso della merce, l’importatore deve presentare una documentazione riassuntiva delle registrazioni e depositare la somma valida per i dazi al porto di sbarco. In particolare:
1. Documento di importazione restituito all’importatore, al broker o al suo agente autorizzato dopo il rilascio della merce;
2. Una registrazione riassuntiva;
3. Altre fatture o documenti necessari per il calcolo dei dazi, l’elaborazione di statistiche o per accertare che tutti i requisiti richiesti siano stati soddisfatti.
In caso di mancata dichiarazione dei beni al porto di sbarco entro i termini previsti, questi vengono collocati in un magazzino (a spese dell’importatore) e passati sei mesi possono essere distrutti o messi all’ asta.
Diventa dunque fondamentale scegliere uno spedizioniere affidabile e comunicare tempestivamente tutte le informazioni richieste per evitare problemi con l’arrivo e lo sdoganamento della merce, oltre che definire gli obblighi dei contraenti con gli Incoterms prima di procedere con qualsiasi spedizione.
Etichettatura
Infine si ricordano alcuni elementi obbligatori da non emettere nell’etichettatura dei prodotti destinati al mercato americano. Tra questi:
• Nome del prodotto;
• Paese di origine ("Made in..." o "Product of ...");
• Nome e indirizzo del produttore;
• Peso netto ("Net content...") espresso in galloni o, se inferiore al gallone, in once fluide (fl. oz.) e in pinte;
• Stato fisico del prodotto (es. intero, cubetti, porzionato) se non si evince facilmente dalla confezione o attraverso immagini riportate sull’etichetta;
• Elenco degli ingredienti;
• Informazioni nutrizionali: la porzione è determinata in base alla quantità̀ di alimento generalmente consumata da una persona, e deve essere espressa in una unità di misura familiare (cup, tablespoon, ecc.) o in pezzi, e la relativa traduzione in unità del sistema metrico (es. grammi/ml)
• Elementi allergenici: Secondo il Food Allergen Act è necessario specificare nelle etichette la presenza di elementi responsabili del 90% delle reazioni allergiche come latte, uova, nocciole, frutta secca, pesce, crostacei, grano e soia.
Tali elementi potrebbero variare a seconda del tipo di prodotto e categoria merceologica.
Un buon punto di partenza è comunque quello di consultare il sito della U.S. FOOD & DRUG ADMINISTRATION (FDA).
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