Job Act e controlli a distanza nelle aziende
Tra esigenze organizzative aziendali e privacy

Il Job Act ha mutato profondamente il rapporto tra imprese e lavoratori per quanto concerne l’impiego degli impianti audiovisivi e degli strumenti informatici utilizzati dai dipendenti.
In tale ambito due sono gli aspetti che il nuovo testo della norma prende in considerazione:
Il primo, riguarda l’impiego degli impianti audiovisivi per finalità indirette di controllo a distanza dei lavoratori, ovvero non più per sole esigenze produttive, organizzative o di sicurezza sul lavoro, ma anche con l’obiettivo di tutelare il patrimonio aziendale. E proprio talultimo elemento costituisce l’aspetto innovativo della norma, poiché inserisce tra le esigenze giustificatrici dell’installazione e dell’utilizzo di strumenti di controllo a distanza, proprio la tutela del patrimonio aziendale.
In tale rinnovato contesto occorre però sottolineare che l’installazione e l’utilizzo degli impianti di controllo è considerato legittimo solo nel caso di accordo sindacale circa le modalità di utilizzo di tali apparecchiature oppure in mancanza, il datore di lavoro dovrà ottenere l’autorizzazione, a seconda delle dimensioni dell’azienda, della Direzione Territoriale del Lavoro o dal Ministero del Lavoro.
Invero, entrambi gli organi svolgono un compito di verifica della legittimità e della correttezza dell’impiego di questi strumenti a tutela di tutti i lavoratori impiegati nell’impresa.
Il secondo, riguarda l’uso di altri strumenti che il datore di lavoro assegna ai propri dipendenti per lo svolgimento della prestazione lavorativa (ad esempio, tablet, computer, telefoni), nonché di strumenti di rilevazione degli accessi e delle presenze (lettori badge).
La norma legittima l’esercizio di un controllo a distanza, definito ‘diretto’ effettuato sugli strumenti utilizzati dal lavoratore per eseguire le proprie mansioni e sugli strumenti di rilevazione degli accessi e delle presenze. In questo caso, peraltro, non vi è l’obbligo per il datore di lavoro di raggiungere una intesa sindacale o di ottenere l’autorizzazione ministeriale: il controllo è libero e può essere effettuato anche senza una precisa esigenza organizzativa o produttiva.
Da ultimo, altra novità consta nell’uso dei dati e delle informazioni raccolte dai vari sistemi di controllo che potranno essere utilizzare ‘per fini connessi ai rapporti di lavoro’, e pertanto per sanzionare o reprimere comportamenti illeciti, a condizione però che sia stata fornita idonea informativa ai dipendenti sugli eventuali utilizzi delle immagini e dei dati nel rispetto del Codice della Privacy.
In tal senso il datore di lavoro dovrà informare in modo chiaro ed esaustivo i dipendenti sulle modalità di utilizzo degli strumenti messi a disposizione per la prestazione lavorativa, sulle modalità di svolgimento dei controlli e sull’eventuali conseguenze disciplinari in caso di infrazioni.
Di conseguenza non può parlarsi di una liberalizzazione degli strumenti di controllo che dovranno sempre commisurarsi e coesistere con il Codice sulla privacy e con i provvedimenti del Garante Privacy.
In tale ambito due sono gli aspetti che il nuovo testo della norma prende in considerazione:
Il primo, riguarda l’impiego degli impianti audiovisivi per finalità indirette di controllo a distanza dei lavoratori, ovvero non più per sole esigenze produttive, organizzative o di sicurezza sul lavoro, ma anche con l’obiettivo di tutelare il patrimonio aziendale. E proprio talultimo elemento costituisce l’aspetto innovativo della norma, poiché inserisce tra le esigenze giustificatrici dell’installazione e dell’utilizzo di strumenti di controllo a distanza, proprio la tutela del patrimonio aziendale.
In tale rinnovato contesto occorre però sottolineare che l’installazione e l’utilizzo degli impianti di controllo è considerato legittimo solo nel caso di accordo sindacale circa le modalità di utilizzo di tali apparecchiature oppure in mancanza, il datore di lavoro dovrà ottenere l’autorizzazione, a seconda delle dimensioni dell’azienda, della Direzione Territoriale del Lavoro o dal Ministero del Lavoro.
Invero, entrambi gli organi svolgono un compito di verifica della legittimità e della correttezza dell’impiego di questi strumenti a tutela di tutti i lavoratori impiegati nell’impresa.
Il secondo, riguarda l’uso di altri strumenti che il datore di lavoro assegna ai propri dipendenti per lo svolgimento della prestazione lavorativa (ad esempio, tablet, computer, telefoni), nonché di strumenti di rilevazione degli accessi e delle presenze (lettori badge).
La norma legittima l’esercizio di un controllo a distanza, definito ‘diretto’ effettuato sugli strumenti utilizzati dal lavoratore per eseguire le proprie mansioni e sugli strumenti di rilevazione degli accessi e delle presenze. In questo caso, peraltro, non vi è l’obbligo per il datore di lavoro di raggiungere una intesa sindacale o di ottenere l’autorizzazione ministeriale: il controllo è libero e può essere effettuato anche senza una precisa esigenza organizzativa o produttiva.
Da ultimo, altra novità consta nell’uso dei dati e delle informazioni raccolte dai vari sistemi di controllo che potranno essere utilizzare ‘per fini connessi ai rapporti di lavoro’, e pertanto per sanzionare o reprimere comportamenti illeciti, a condizione però che sia stata fornita idonea informativa ai dipendenti sugli eventuali utilizzi delle immagini e dei dati nel rispetto del Codice della Privacy.
In tal senso il datore di lavoro dovrà informare in modo chiaro ed esaustivo i dipendenti sulle modalità di utilizzo degli strumenti messi a disposizione per la prestazione lavorativa, sulle modalità di svolgimento dei controlli e sull’eventuali conseguenze disciplinari in caso di infrazioni.
Di conseguenza non può parlarsi di una liberalizzazione degli strumenti di controllo che dovranno sempre commisurarsi e coesistere con il Codice sulla privacy e con i provvedimenti del Garante Privacy.
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