Jobs Act. Come cambia il mondo del lavoro?


La riforma interviene sui licenziamenti, i contratti e gli ammortizzatori sociali al fine di garantire una maggiore flessibilità nel mondo del lavoro
Jobs Act. Come cambia il mondo del lavoro?
Con l’approvazione dei quattro decreti delegati nel Consiglio dei Ministri del 20 Febbraio 2015 il JobsAct, dopo un tortuoso iter parlamentare nelle commissioni, dal 7 marzo è entrato in vigore.

Il cuore pulsante della riforma - che nelle intenzioni dell’esecutivo dovrà consentire una maggiore flessibilità all’interno delle relazioni industriali - ha per oggetto i licenziamenti, i contratti e gli ammortizzatori sociali.

Ma come cambia effettivamente il mercato del lavoro?

Con il primo dei decreti attuativi alla legge delega n. 183/2014 nasce il cosiddetto contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti. Dal 7 marzo dunque per i neoassunti nel settore privato (la riforma non riguarda infatti il pubblico impiego) non troverà più applicazione l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, con conseguente abolizione della tutela del reintegro in caso di licenziamento ingiustificato, tranne che nel caso di licenziamento nullo, discriminatorio o per motivi disciplinari, ma solo nel caso in cui il giudice accerti "l’insussistenza del fatto materiale contestato", ovvero quando il fatto sia stato completamente inventato dal datore di lavoro.

Di contro, il lavoratore avrà diritto ad un indennizzo in misura pari a due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mensilità. Da qui dunque deriva la definizione a tutele crescenti della nuova tipologia contrattuale, che, comunque, incontra già le prime perplessità di alcuni commentatori.

Difatti, è stata evidenziata la circostanza che per un lavoratore possa risultare problematico accettare un nuovo contratto di lavoro da un diverso datore a partire dal 1° marzo 2015, poiché ciò comporterebbe comunque l’abbandono delle vecchia protezione garantita dall’art. 18 che ovviamente da neoassunto verrebbe meno, con conseguente svilimento delle finalità perseguite dalla riforma. Tuttavia si registra anche la possibilità, delineata all’art. 11 del decreto, di una nuova procedura di conciliazione, che evita un successivo passaggio in giudizio, nella quale il datore di lavoro può avanzare una proposta di risarcimento, pari a un mese per ogni anno di anzianità, con un minimo di 2 e un massimo di 18 mensilità, del tutto esente da tasse e contributi, e in cambio il dipendente si impegna a non presentare ricorso.

Da sottolineare che l’Esecutivo ha voluto estendere tale schema anche ai licenziamenti collettivi poiché anche in questo caso troveranno applicazione le nuove regole sulla giusta causa con conseguente cancellazione del reintegro in cambio di un risarcimento dei lavoratori stabilito dall’azienda.

Con il secondo decreto è stata introdotta a far data dal 1° maggio la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego che avrà vigenza per tutti quei lavoratori licenziati con almeno tredici settimane di contributi negli ultimi quattro anni e che possano far valere almeno diciotto giornate di lavoro effettive svolte nei dodici mesi antecedenti l’inizio del periodo coperto dall’indennità.

Tale copertura riguarderà non soltanto i lavoratori in stato di disoccupazione ma comprenderà anche quei lavoratori che abbiano rassegnato le dimissioni per giusta causa ed i casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. La NASPI avrà una durata di due anni al termine dei quali sarà possibile ottenere una proroga, e il suo ammontare sarà proporzionato alla retribuzione che veniva percepita dal lavoratore con un tetto massimo di € 1.300,00. Tuttavia, dopo i primi 4 mesi l’indennità subirà una diminuzione mensile costante pari al 4 %.

Altre novità sul versante degli ammortizzatori sociali sono state l’introduzione dell’Asdi e la Dis-Coll. Con la prima s’intende un’indennità ridotta dalla durata di 6 mesi che verrà erogata a coloro i quali al termine del periodo di Naspi sono ancora senza impiego. La seconda prevede un’indennità di disoccupazione per i contratti di collaborazione che abbiano almeno tre mesi di contributi intercorrenti nel periodo a partire dal primo gennaio dell’anno precedente la disoccupazione fino alla data dell’intervenuta perdita del posto di lavoro.

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di Avv. Fabrizio Scotto

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