JOBS ACT, le nuove assunzioni
Tutto cambia con l'entrata in vigore del contratto a tutele crescenti operativo dal 7 marzo.
Il nuovo regime si applica a tutti i nuovi assunti
Il nuovo regime si applica a tutti i nuovi assunti

Il 4 marzo il Presidente della Repubblica ha firmato il primo decreto attuativo del c.d. Jobs Act.
Da sabato 7 marzo il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti è diventato operativo.
Non c’è alcuna particolare caratteristica che va prevista nel contratto a stipularsi in quanto la normativa entra automaticamente in esecuzione con la sola condizione che il contratto di lavoro sia stato stipulato con decorrenza dal giorno successivo alla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale. Il nuovo regime si applica a tutti i nuovi assunti, senza distinzione in ordine all' aspetto dimensionale dell’azienda, come avveniva invece con l’articolo 18 della legge n. 300/1970.
Per nuova assunzione deve intendersi non soltanto la nuova assunzione effettuata ab initio a tempo indeterminato, ma anche l’assunzione a tempo indeterminato quale conseguenza di conversione di contratto a tempo determinato o declaratoria di invalidità di un contratto di apprendistato. Non si specifica se quanto ora visto in tema di conversione di contratto a termine ovvero di apprendistato irregolare valga anche nel caso di somministrazione irregolare. Invero non si comprenderebbe il perché questa conversione dovrebbe avere un trattamento differenziato anche se il legislatore meglio avrebbe fatto a chiarire detto aspetto onde evitare possibili querelle giurisprudenziale.
Per il neoassunto, in definitiva, quello che effettivamente cambia, e non è poco, è la tutela, che viene considerevolmente ridotta in caso di licenziamento illegittimo.
La regola generale diventa, pertanto, l'indennizzo crescente (in base all'anzianità di servizio) che va a sostituire la reintegra.
Invero l’indennità è modesta con riferimento a rapporti di non lunga durata trattandosi di un importo pari a 2 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, con un tetto minimo di 4 e massimo di 24 mensilità.
Per le Pmi (L'acronimo "PMI" sta per "piccole e medie imprese" quali definite nel diritto dell'UE) l'indennizzo cresce di una mensilità per anno di servizio con un minimo di 2 ed un massimo di 6 mensilità. L’indennità non assoggettata a contribuzione..
Della tutela reale resta ben poco nell’ambito del licenziamento economico ovvero disciplinari, potendosi applicare la stessa solo ai licenziamenti nulli, discriminatori, e disciplinari ma, in quest’ultimo caso, solo se dovesse risultare assolutamente infondata la motivazione giustificatrice del licenziamento.
La tutela risarcitoria, così come vista, si applica anche a fronte di accertate violazioni della normativa in materia di licenziamenti collettivi la qual cosa lascia invero fortemente perplessi in quanto va ricordato che la procedura per i licenziamenti collettivi (L. 223/1991) prevede regole specifiche a cui le aziende devono attenersi ed in primis una consultazione con i sindacati, per concordare le modalità con cui scegliere i lavoratori in esubero. Con la parificazione apportata dallo Jobs act tra le due forme di licenziamento con riferimento agli effetti, invero non si comprende quale senso conservi la normativa citata venendo meno l’obiettivo della L. 223/91 di conservare il posto ai dipendenti che hanno un'età più avanzata (e quindi minori possibilità di trovare un nuovo posto) o maggiori carichi di famiglia, cioè moglie e figli da mantenere.
In qualunque ipotesi di licenziamento è previsto, inoltre, a tutto benficio del datore di lavoro, una riduzione dell’indennità qualora si pervenga ad un accordo tra il datore di lavoro e il lavoratore in sede stragiudiziale (DTL - Sindacato). In tal caso l’indennità può essere pari a una mensilità per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità. La somma è da ritenersi priva di contribuzione e fiscalmente non imponibile.
Da sabato 7 marzo il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti è diventato operativo.
Non c’è alcuna particolare caratteristica che va prevista nel contratto a stipularsi in quanto la normativa entra automaticamente in esecuzione con la sola condizione che il contratto di lavoro sia stato stipulato con decorrenza dal giorno successivo alla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale. Il nuovo regime si applica a tutti i nuovi assunti, senza distinzione in ordine all' aspetto dimensionale dell’azienda, come avveniva invece con l’articolo 18 della legge n. 300/1970.
Per nuova assunzione deve intendersi non soltanto la nuova assunzione effettuata ab initio a tempo indeterminato, ma anche l’assunzione a tempo indeterminato quale conseguenza di conversione di contratto a tempo determinato o declaratoria di invalidità di un contratto di apprendistato. Non si specifica se quanto ora visto in tema di conversione di contratto a termine ovvero di apprendistato irregolare valga anche nel caso di somministrazione irregolare. Invero non si comprenderebbe il perché questa conversione dovrebbe avere un trattamento differenziato anche se il legislatore meglio avrebbe fatto a chiarire detto aspetto onde evitare possibili querelle giurisprudenziale.
Per il neoassunto, in definitiva, quello che effettivamente cambia, e non è poco, è la tutela, che viene considerevolmente ridotta in caso di licenziamento illegittimo.
La regola generale diventa, pertanto, l'indennizzo crescente (in base all'anzianità di servizio) che va a sostituire la reintegra.
Invero l’indennità è modesta con riferimento a rapporti di non lunga durata trattandosi di un importo pari a 2 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, con un tetto minimo di 4 e massimo di 24 mensilità.
Per le Pmi (L'acronimo "PMI" sta per "piccole e medie imprese" quali definite nel diritto dell'UE) l'indennizzo cresce di una mensilità per anno di servizio con un minimo di 2 ed un massimo di 6 mensilità. L’indennità non assoggettata a contribuzione..
Della tutela reale resta ben poco nell’ambito del licenziamento economico ovvero disciplinari, potendosi applicare la stessa solo ai licenziamenti nulli, discriminatori, e disciplinari ma, in quest’ultimo caso, solo se dovesse risultare assolutamente infondata la motivazione giustificatrice del licenziamento.
La tutela risarcitoria, così come vista, si applica anche a fronte di accertate violazioni della normativa in materia di licenziamenti collettivi la qual cosa lascia invero fortemente perplessi in quanto va ricordato che la procedura per i licenziamenti collettivi (L. 223/1991) prevede regole specifiche a cui le aziende devono attenersi ed in primis una consultazione con i sindacati, per concordare le modalità con cui scegliere i lavoratori in esubero. Con la parificazione apportata dallo Jobs act tra le due forme di licenziamento con riferimento agli effetti, invero non si comprende quale senso conservi la normativa citata venendo meno l’obiettivo della L. 223/91 di conservare il posto ai dipendenti che hanno un'età più avanzata (e quindi minori possibilità di trovare un nuovo posto) o maggiori carichi di famiglia, cioè moglie e figli da mantenere.
In qualunque ipotesi di licenziamento è previsto, inoltre, a tutto benficio del datore di lavoro, una riduzione dell’indennità qualora si pervenga ad un accordo tra il datore di lavoro e il lavoratore in sede stragiudiziale (DTL - Sindacato). In tal caso l’indennità può essere pari a una mensilità per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità. La somma è da ritenersi priva di contribuzione e fiscalmente non imponibile.
Articolo del: