L'ACCERTAMENTO DEL VALORE DI AVVIAMENTO
DETERMINAZIONE DEL VALORE DI AVVIAMENTO NELLE OPERAZIONI DI CESSIONE ED ACQUISTO DI AZIENDE - L'APPLICAZIONE DELL'IMPOSTA DI REGISTRO - L'ACCERTAMENTO

Una dalle fasi particolarmente delicate da affrontare in una cessione d’azienda e’ quella della determinazione del valore di avviamento. L’avviamento, nella definizione tecnica aziendale, rappresenta una qualità dell’azienda che consente a un complesso di beni organizzati di conseguire risultati economici diversi (superiori o inferiori) a quanto si ottiene dalla somma degli elementi che ne fanno parte, limitata al loro utilizzo "isolato".
L’imposta di registro e’ quell’imposta indiretta che, nella cessione d’azienda, sostituisce l’applicazione dell’Iva. La base imponibile su cui calcolare tale imposta e’ costituita dal valore complessivo dei beni che compongono l’azienda, compreso l’avviamento.
Ma la determinazione del valore dell’avviamento e’ particolarmente complessa. E cio’ in quanto tale valore, risultando essere del tutto soggettivo, per le ragioni sopra esposte, consente l’applicazione di diverse tipologie di formule per giungere alla definizione del suo valore.
Ora, se tutte le formule finanziarie risultassero corrette per la determinazione dell’avviamento, non vi sarebbero elementi, da parte dell’Agenzia delle Entrate, per assoggettare ai normali controlli la correttezza della cessione d’azienda. Ogni imprenditore, al momento della cessione della propria azienda risulterebbe, per i motivi sopra accennati, privo di critiche in merito alla correttezza della propria modalita’ di determinazione del valore dell’avviamento della propria azienda oggetto di cessione.
Ma cosi’ non e’. Da qui, la conseguenza che la valutazione dell’avviamento diventa automaticamente elemento di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate al fine di verificare se il valore calcolato oggettivamente in sede di determinazione del prezzo di cessione della propria azienda e’ effettivamente congruo.
Inoltre, seppur risultando l’imposta di registro totalmente a carico della parte acquirente, stabilisce il principio della coobbligazione, in caso di irrogazione di maggiore imposta dovuta nonche’ di relative sanzioni ed interessi, in capo sia alla parte cedente sia alla parte cessionaria dell’azienda.
Va premesso, per altro, che, comunque, il valore dell’avviamento cosi’ come determinato dalla singola parte cedente l’azienda, non deve essere interpretato, seppur soggetto a verifica di congruita’, come sempre non congruo. Recente giurisprudenza, anche di ultimo grado, sta tendendo verso un orientamento secondo cui il risultato a cui giunge quest’ultima non costituisce piu’ una presunzione assoluta ma una presunzione semplice, nel senso che, l’Agenzia delle Entrate deve dimostrare, con prove non unicamente desunte dall’applicazione di formule matematiche ma chiare e precise, la sussistenza della propria pretesa impositiva nei confronti dei soggetti partecipanti alla cessione d’azienda.
Anche, pero’, davanti a tale ultimo nuovo orientamento della giurisprudenza, resta sempre meglio prevenire piuttosto che combattere.
E, quindi, lo strumento che i soggetti direttamente coinvolti in una cessione d’azienda hanno a disposizione per gestire il rischio di potenziali accertamenti fiscali e’ quello di applicare pedissequamente la seguente procedura.
Essendo a conoscenza il metodo seguito dall’Agenzia delle Entrate, come chiaramente sancito dall’Articolo 2 del Dpr 460/1996, nel quale si stabilisce che l'avviamento "....può essere determinato sulla base degli elementi desunti dagli studi di settore, ovvero in base alla percentuale di redditività (data dal rapporto tra reddito dichiarato e fatturato realizzato nel periodo interessato dall'operazione) applicata alla media dei ricavi accertati o dichiarati nei tre esercizi precedenti a quello in cui è avvenuto il trasferimento, moltiplicato per tre.....", risultera’ sempre opportuno confrontare il risultato ottenuto dall’applicazione delle propria formula di determinazione del valore dell’avviamento con il risultato desumibile dall’applicazione dell’unica formula utilizzata dall’Agenzia delle Entrate ed in presenza di dati non allineati per effetto di un maggior valore dell’avviamento ottenuto dal secondo metodo rispetto al primo, ove possibile, rettificare il primo valore riconciliandolo con il valore ottenuto dall’Agenzia delle Entrate.
La procedura sopra esposta consente, quanto meno, e sempre ove possibile, di evitare notifiche di avvisi di accertamento per rettifica in aumento del valore dell’avviamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. E, conseguentemente, future spese per contenziosi tributari.
L’imposta di registro e’ quell’imposta indiretta che, nella cessione d’azienda, sostituisce l’applicazione dell’Iva. La base imponibile su cui calcolare tale imposta e’ costituita dal valore complessivo dei beni che compongono l’azienda, compreso l’avviamento.
Ma la determinazione del valore dell’avviamento e’ particolarmente complessa. E cio’ in quanto tale valore, risultando essere del tutto soggettivo, per le ragioni sopra esposte, consente l’applicazione di diverse tipologie di formule per giungere alla definizione del suo valore.
Ora, se tutte le formule finanziarie risultassero corrette per la determinazione dell’avviamento, non vi sarebbero elementi, da parte dell’Agenzia delle Entrate, per assoggettare ai normali controlli la correttezza della cessione d’azienda. Ogni imprenditore, al momento della cessione della propria azienda risulterebbe, per i motivi sopra accennati, privo di critiche in merito alla correttezza della propria modalita’ di determinazione del valore dell’avviamento della propria azienda oggetto di cessione.
Ma cosi’ non e’. Da qui, la conseguenza che la valutazione dell’avviamento diventa automaticamente elemento di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate al fine di verificare se il valore calcolato oggettivamente in sede di determinazione del prezzo di cessione della propria azienda e’ effettivamente congruo.
Inoltre, seppur risultando l’imposta di registro totalmente a carico della parte acquirente, stabilisce il principio della coobbligazione, in caso di irrogazione di maggiore imposta dovuta nonche’ di relative sanzioni ed interessi, in capo sia alla parte cedente sia alla parte cessionaria dell’azienda.
Va premesso, per altro, che, comunque, il valore dell’avviamento cosi’ come determinato dalla singola parte cedente l’azienda, non deve essere interpretato, seppur soggetto a verifica di congruita’, come sempre non congruo. Recente giurisprudenza, anche di ultimo grado, sta tendendo verso un orientamento secondo cui il risultato a cui giunge quest’ultima non costituisce piu’ una presunzione assoluta ma una presunzione semplice, nel senso che, l’Agenzia delle Entrate deve dimostrare, con prove non unicamente desunte dall’applicazione di formule matematiche ma chiare e precise, la sussistenza della propria pretesa impositiva nei confronti dei soggetti partecipanti alla cessione d’azienda.
Anche, pero’, davanti a tale ultimo nuovo orientamento della giurisprudenza, resta sempre meglio prevenire piuttosto che combattere.
E, quindi, lo strumento che i soggetti direttamente coinvolti in una cessione d’azienda hanno a disposizione per gestire il rischio di potenziali accertamenti fiscali e’ quello di applicare pedissequamente la seguente procedura.
Essendo a conoscenza il metodo seguito dall’Agenzia delle Entrate, come chiaramente sancito dall’Articolo 2 del Dpr 460/1996, nel quale si stabilisce che l'avviamento "....può essere determinato sulla base degli elementi desunti dagli studi di settore, ovvero in base alla percentuale di redditività (data dal rapporto tra reddito dichiarato e fatturato realizzato nel periodo interessato dall'operazione) applicata alla media dei ricavi accertati o dichiarati nei tre esercizi precedenti a quello in cui è avvenuto il trasferimento, moltiplicato per tre.....", risultera’ sempre opportuno confrontare il risultato ottenuto dall’applicazione delle propria formula di determinazione del valore dell’avviamento con il risultato desumibile dall’applicazione dell’unica formula utilizzata dall’Agenzia delle Entrate ed in presenza di dati non allineati per effetto di un maggior valore dell’avviamento ottenuto dal secondo metodo rispetto al primo, ove possibile, rettificare il primo valore riconciliandolo con il valore ottenuto dall’Agenzia delle Entrate.
La procedura sopra esposta consente, quanto meno, e sempre ove possibile, di evitare notifiche di avvisi di accertamento per rettifica in aumento del valore dell’avviamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. E, conseguentemente, future spese per contenziosi tributari.
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