L'adozione ed il superiore interesse del minore


La Corte d'appello di Milano sentenzia su un'istanza di adozione piena da persone dello stesso sesso interpretando il concetto di ordine pubblico
L'adozione ed il superiore interesse del minore
Con sentenza in data 16.10.2015, la Corte d'appello di Milano ha deciso su un ricorso presentato da una donna che, instaurata, a partire dal 1999, una relazione affettiva con una persona dello stesso sesso, con quest'ultima ha condiviso anche la nascita e la crescita della figlia dalla stessa partorita nel 2003. In virtù del matrimonio che hanno contratto in Spagna, in data 08.05.2009 le due donne, nell'ambito del"JuzgadodePrimeraInstanciaeInstruccion" hanno anche ottenuto l’adozione della minore da parte di una delle due, «in quanto coniuge della madre biologica della bambina, in base alla legislazione spagnola (artt. 175 e segg. del Codigo Civil)», conl'attribuzione della piena responsabilità genitoriale (patria potestad); infine, con sentenza del 25.02.2013, «su domanda congiunta delle coniugi, la stessa autorità giudiziaria spagnola ha dichiarato sciolto mediante divorzio il matrimonio» con approvazione dell’accordo regolatore intervenuto il 21.12.2012 tra le parti. In data 10.12.2013, la madre adottiva chiede «il riconoscimento agli effetti civili interni dell’ordinanza di adozione spagnola della figlia, con riconoscimento degli effetti legittimanti della predetta adozione e con ordine all’Ufficiale di Stato Civile di trascrizione del provvedimento; con decreto 18 marzo/4 aprile 2014, il Tribunale per i Minorenni ha respinto la domanda» rilevando che nel caso di specie si discute non già di un’adozione internazionale, ma di un’adozione nazionale realizzata all’estero da parte di cittadina italiana di altra minore italiana figlia della coniuge (...)» e che sussiste «la regola generale riguardante la competenza della Corte d’Appello con riguardo al riconoscimento di sentenze e provvedimenti stranieri». Si arriva quindi alla Corte d'appello di Milano la quale accoglie la domanda di riconoscimento nell’ordinamento giuridico italiano e di conseguente trascrizione nei registri dello Stato Civile, in base al disposto di cui all’art. 28 del predetto DPR, dell’ordinanza del giudice spagnolo che (...) ha dichiarato l’adozione piena» della bambina (figlia della compagna), alla quale «con successiva ordinanza in data 1.6.2010, ha attribuito alla minore i cognomi» di entrambe le donne. La Corte motiva la decisione con gli articoli 65 e 66 della L. 31 maggio 1995, n. 218 «Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato» ove è previsto che i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone, nonché all’esistenza di rapporti di famiglia, come quelli di volontaria giurisdizione siano riconosciuti e direttamente applicati nel nostro ordinamento a condizione che essi producano effetti nell’ordinamento dello stato in cui sono stati pronunciati, non siano contrari all’ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti della difesa e «l’ordinanza di adozione della minore di cui si discute ha piena efficacia in Spagna ed è stata emessa da un’autorità giudiziaria spagnola (...) con l’accertato pieno consenso della madre della bambina» ricorda il Giudice Milanese. Restava tuttavia da valutare il profilo relativo all'Ordine Pubblico che la Corte di Milano identifica con «complesso di principi fondamentali caratterizzanti l'ordinamento interno in un determinato periodo storico o fondati su esigenze di garanzia, comuni ai diversi ordinamenti, di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo», ritenendo che «nessuna violazione dell’ordine pubblico internazionale comporta» il riconoscimento di «tutti i doveri e i diritti che derivano dalla filiazione naturale»: sulla base di ciò la Corte di Milano «dichiara l’efficacia nella Repubblica Italiana dell’Ordinanza emessa il 21.05.2010 dal Juzgado de Primera Instancia e Instruccion (...) con cui è stata dichiarata l’adozione della minore» ma lo fa in aperta antitesi con i presuposti che la legge italiana prevede per l'adozione piena o legitimiante e indicati al dalla legge 04.05.1983, n. 184 intitolata «Diritto del minore ad una famiglia», al TITOLO II Dell'adozione, Capo II Della dichiarazione di adottabilità, all'art. 8, ove si prevede che «Sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio». La decisione per l'adozione piena viene presa pur risultando pacifico che la bambina non versa in stato di abbandono, anzi «è stata concepita e partorita dalla madre (...); che ha vissuto con entrambe sin dalla nascita, per quasi dieci anni e sino alla cessazione della convivenza tra le due donne, avvenuta nel 2012 in Spagna, che da loro è stata alllevata, curata e mantenuta e che con loro ha evidentemente costruito stabili e forti relazioni affettive ed educative riconosciute dalle stesse donne, tanto che nel dicembre 2012; (...) la madre biologica (...) non ha in nessun modo contestato l’esistenza di rapporti significativi» tra sua figlia e la ex compagna» oltre alla «necessità per il benessere della bambina del mantenimento della relazione affettiva ed educativa con la ex compagna», in tal modo dovendosi radicalmente escludere lo stato di abbandono. Peraltro, anche a voler ricavare dall'ambito internazionale la legittimazione per un decisione di tal genere, ai sensi dell'art. 6 del Trattato sull'Unione Europea, così come è adesso, la Carta di Nizza ha il medesimo valore giuridico dei trattati e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea oggi è pienamente vincolante per le istituzioni europee e per gli Stati membri, quindi, in base all'art. 117 della Cost., essa si applica direttamente al nostro ordinamento. Tuttavia, proprio l'art. 9 della Carta Europea dei Diritti Fondamentali prevede, in tema di «Diritto di sposarsi e di costituire una famiglia» sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio», lasciando in tal modo all'esclusiva prerogativa del legislatore nazionale la regolamentazione della materia restando al Giudice il compito di applicarla.

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di Avv. Giuseppe Mazzotta

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