L'algebra e la finanza

La finanza, spesso, è controintuitiva.
Se, in algebra:
A. 5% + 5% + 5% = 15%
B. 10% - 15% + 20% = 15%
C. 10% - 20% + 25% = 15%.
In finanza:
A. 5% + 5% + 5% = 15.76%
B. 10% - 15% + 20% = 12.19%
C. 10% - 20% + 25% = 10%.
In altre parole, se gli addendi fossero rendimenti annuali di un ipotetico investimento iniziale di 100.000 euro, l’investitore A dopo 3 anni realizzerebbe un capitale di 115.760 euro, l’investitore B un capitale di 112.190 euro e l’investitore C un capitale di 110.000 euro.
Risultati sensibilmente diversi e, soprattutto, tanto peggiori quanto più violente le differenze di rendimento da un anno all’altro. La situazione si fa più drammatica per gli investitori B e C se allunghiamo il periodo di osservazione.
Dopo 20 anni l’investitore A potrebbe contare su un capitale di 265.330 euro, l’investitore B su un capitale di 215.350 euro e l’investitore C su un capitale di appena 188.850 euro.
Un rendimento annuo costante del 5% consente il raddoppio del capitale investito in poco più di 14 anni.
Gli eccessi di volatilità, oltre a danneggiare le coronarie degli investitori, distruggono sistematicamente la loro ricchezza.
La tutela del patrimonio non si realizza di certo nella ricerca del prodotto magico ma, piuttosto, nella attenta valutazione delle procedure e degli strumenti di controllo del rischio.
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