L''ansia e la paura
Da dove arriva la nostra ansia? Che origini hanno le nostre paure? E, soprattutto, cosa ci vogliono dire?

L’amore o anche la rabbia sono emozioni che spesso ci dicono qualcosa di noi e del modo con cui ci relazioniamo con l’ambiente e con gli altri.
Al pari di queste emozioni vi sono sia l’ansia che la paura. Anch’esse hanno una loro funzione. Ad esempio ci allertano di fronte a qualche pericolo, fungendo da campanelli d’allarme. La paura è considerata da molti come quell’emozione che ha consentito alla nostra specie di sopravvivere nel corso dei millenni e di evolversi. Se non fosse stato per lei, probabilmente, ci saremmo già estinti. E’ un’emozione che tutti provano nella loro vita. Tipicamente: percezione di un pericolo (cane che mi insegue) seguito dalla reazione di paura a cui poi segue una reazione (fuga). Questa è una situazione comune. Fisiologica diciamo.
Il problema, per molti individui, sorge quando questa paura è immotivata.
Almeno in apparenza lo è. Ovvero quando non vi è un pericolo reale da affrontare. La reazione alla paura è esagerata rispetto al pericolo concreto e può attivare in noi azioni spropositate e anche prive di senso.
Un esempio arriva dalla storia di Marco e dalla sua paura dei cani. Una paura che egli stesso descrisse come folle, capace di diventare terrore puro.
Marco si presentò in terapia perché non riusciva a portare sua figlia al parco per paura di incontrare dei cani. Anche di fronte ad un piccolo e morbido volpino, che Marco sapeva (a livello cognitivo) essere innocuo, egli sperimentava un terrore vivido, che non riusciva, in nessun modo, a controllare. Si bloccava, come se fosse paralizzato. A volte, aveva come la sensazione di essere sul punto di svenire. Allora, per evitare di provare quelle orribili sensazioni, non portava mai la figlia al parchetto.
Tuttavia questa rinuncia lo portava a soffrire molto. Aveva a lungo desiderato diventare padre, aveva spesso fantasticato di giocare con lei all’aria aperta, di insegnarle tutte le cose che egli sapeva fare. Desiderava essere il papà che aveva sempre sognato di essere ma qualcosa, che lui sentiva fuori dal suo controllo, glielo impediva.
Si rivolse a me proprio per questo. Era stanco, scontento di sé. Parzialmente felice. Lui voleva esserlo pienamente. Mi raccontò che questa paura lo aveva accompagnato per molto tempo (le sue parole furono "da sempre").
Negli anni precedenti, tuttavia, aveva sempre convissuto con la paura. Aveva strutturato la sua vita in funzione di essa.
Evitava infatti di andare al parco (nonostante amasse correre), di andare a trovare amici proprietari di cani (nonostante fosse un amante della compagnia), di andare in tutti quei posti dove avrebbe potuto incontrare cani. Solo l’idea era sufficiente ad agitarlo.
Questa paura diventava per lui sempre più invalidante, "come se si autoalimentasse". Marco si sentiva schiavo del suo stesso terrore.
Anche l’ansia, intesa come un’eccessiva preoccupazione accompagnata da tremori, sudori, tachicardia, senso di smarrimento, paura di non farcela, paura di non essere adeguati, paura di fare alcune cose per timore che possa accadere qualcosa di terribile, è spesso una sensazione che rende la vita di chi la sperimenta assai complicata.
Nel mondo ci sono milioni di persone che hanno paure eccessive e, a volte, inabilitanti, eppure non tutti ricorrono alla terapia. Perché dovrebbero farlo? Per diverse ragioni.
Queste persone ignorano che potrebbero stare meglio, che potrebbero avere una vita serena e potenzialmente più felice di quella che hanno. Hanno vissuto magari molto tempo accompagnati dalla paura e dall’ansia (come per Marco). A volte pensano che non ci sia nulla da fare, a parte rassegnarsi. Accettano la paura e l’ansia come se fossero dei tratti della loro personalità, qualcosa che hanno sempre avuto e di cui pare impossibile liberarsi. Dovrebbero sapere, invece, che non è così. Che nessuno di noi viene al mondo con delle paure o delle ansie. Che non fanno parte del patrimonio genetico. Che queste hanno un’origine (sempre) e che non sono condannati a subirle per il resto della vita.
A volte queste persone organizzano la loro vita in base alle loro paure, come è stato per Marco. Evitando, ad esempio, luoghi o situazioni ansiogene. La strategia di evitamento, sebbene sia la più diffusa, non è la soluzione ottimale. Non ci consente infatti di vivere al massimo del nostro potenziale. Ci limita nella nostra vita, ci preclude alcune possibilità. Ci fa soffrire, ci fa sentire sempre dipendenti da qualcuno o qualcosa. E, inoltre, a volte, non è possibile praticarla senza subire danni secondari, come nel caso di Marco (evitava di frequentare i parchetti ma soffriva molto perché non poteva stare con la sua adorata figlia).
Talvolta la paura può essere stata originata da un trauma ben identificabile. Ad esempio, se ho subito, oppure ho assistito, ad un incidente automobilistico grave, dove ci sono stati vittime e feriti, può darsi che svilupperò una paura esagerata delle automobili e che non vorrò più guidare. In questo caso la persona sa bene qual è il motivo scatenante della sua paura. Ma non sempre è così chiaro e lampante. Ci sono persone che hanno delle paure invalidanti che non riescono tuttavia a correlare a nessun evento diretto. Spesso infatti riferiscono che "sono sempre state così". Oppure si ricordano che da un certo momento in poi è comparsa la paura ma non riescono comunque ad associarla a nessun evento particolare.
Prendiamo un esempio molto diffuso. La paura, che spesso diventa invalidante, di uscire di casa o di restare da soli. Spesso la persona in terapia riferisce che non è accaduto nulla nella sua vita tale da giustificare una paura del genere, di non riuscire proprio a capirne il motivo. Anche per questo, spesso, le persone si sentono in colpa, come se fossero difettose e faticano a parlarne con altri per timore di essere giudicate e non capite.
Di fronte ad esempio alla paura dei cani, Marco cercava un episodio in cui fosse stato morso o spaventato da un cane. Non lo trovava. Più lo cercava e meno o trovava. Meno lo trovava e più si sentiva in colpa. Allora perché questa paura? Da dove arrivava?
Molto spesso, l’origine del malessere, dell’ansia, del terrore, è li, nella nostra storia di vita, tra le trame relazionali e, soprattutto, primarie. Spesso tra gli eventi della nostra infanzia. La mente, a volte, non riesce ad elaborare tutto ciò che ci accade nella vita. E allora ecco che ciò che non è elaborato resta immutato nella nostra rete mnestica. Tuttavia, la presenza di materiale non elaborato, anche se risale a molti anni prima, incide sul nostro presente.
L’origine della paura che soffocava Marco la potemmo trovare in un episodio di bullismo, avvenuto 35 anni prima, a casa di un suo amichetto che aveva un cane. La sua mente di bambino, non riuscendo ad elaborare ciò che stava accadendo, aveva memorizzato l’evento mescolando tra loro diversi elementi.
Da quel momento in poi in Marco è nata la paura dei cani. Una volta elaborato insieme quel ricordo, la paura dei cani si è come sciolta e lui ha potuto riprendere il controllo delle proprie azioni e quindi della propria vita.
L’ansia e la paura possono quindi, come illustrato, derivare da un’esperienza che ha provocato dolore, non fa alcuna differenza se fisico o psichico.
Ciò di cui facciamo esperienza nella nostra vita resta nella nostra mente. Ed influenza la nostra vita presente.
Ed ora chiediti: COSA VUOLE DIRTI LA TUA PAURA, LO SAI?
Nota: il nome utilizzato per illustrare il caso è di fantasia.
La terapia è un luogo dove si cerca di restituire serenità, dignità e benessere alla persona.
Dott.ssa Alessandra Marelli
Al pari di queste emozioni vi sono sia l’ansia che la paura. Anch’esse hanno una loro funzione. Ad esempio ci allertano di fronte a qualche pericolo, fungendo da campanelli d’allarme. La paura è considerata da molti come quell’emozione che ha consentito alla nostra specie di sopravvivere nel corso dei millenni e di evolversi. Se non fosse stato per lei, probabilmente, ci saremmo già estinti. E’ un’emozione che tutti provano nella loro vita. Tipicamente: percezione di un pericolo (cane che mi insegue) seguito dalla reazione di paura a cui poi segue una reazione (fuga). Questa è una situazione comune. Fisiologica diciamo.
Il problema, per molti individui, sorge quando questa paura è immotivata.
Almeno in apparenza lo è. Ovvero quando non vi è un pericolo reale da affrontare. La reazione alla paura è esagerata rispetto al pericolo concreto e può attivare in noi azioni spropositate e anche prive di senso.
Un esempio arriva dalla storia di Marco e dalla sua paura dei cani. Una paura che egli stesso descrisse come folle, capace di diventare terrore puro.
Marco si presentò in terapia perché non riusciva a portare sua figlia al parco per paura di incontrare dei cani. Anche di fronte ad un piccolo e morbido volpino, che Marco sapeva (a livello cognitivo) essere innocuo, egli sperimentava un terrore vivido, che non riusciva, in nessun modo, a controllare. Si bloccava, come se fosse paralizzato. A volte, aveva come la sensazione di essere sul punto di svenire. Allora, per evitare di provare quelle orribili sensazioni, non portava mai la figlia al parchetto.
Tuttavia questa rinuncia lo portava a soffrire molto. Aveva a lungo desiderato diventare padre, aveva spesso fantasticato di giocare con lei all’aria aperta, di insegnarle tutte le cose che egli sapeva fare. Desiderava essere il papà che aveva sempre sognato di essere ma qualcosa, che lui sentiva fuori dal suo controllo, glielo impediva.
Si rivolse a me proprio per questo. Era stanco, scontento di sé. Parzialmente felice. Lui voleva esserlo pienamente. Mi raccontò che questa paura lo aveva accompagnato per molto tempo (le sue parole furono "da sempre").
Negli anni precedenti, tuttavia, aveva sempre convissuto con la paura. Aveva strutturato la sua vita in funzione di essa.
Evitava infatti di andare al parco (nonostante amasse correre), di andare a trovare amici proprietari di cani (nonostante fosse un amante della compagnia), di andare in tutti quei posti dove avrebbe potuto incontrare cani. Solo l’idea era sufficiente ad agitarlo.
Questa paura diventava per lui sempre più invalidante, "come se si autoalimentasse". Marco si sentiva schiavo del suo stesso terrore.
Anche l’ansia, intesa come un’eccessiva preoccupazione accompagnata da tremori, sudori, tachicardia, senso di smarrimento, paura di non farcela, paura di non essere adeguati, paura di fare alcune cose per timore che possa accadere qualcosa di terribile, è spesso una sensazione che rende la vita di chi la sperimenta assai complicata.
Nel mondo ci sono milioni di persone che hanno paure eccessive e, a volte, inabilitanti, eppure non tutti ricorrono alla terapia. Perché dovrebbero farlo? Per diverse ragioni.
Queste persone ignorano che potrebbero stare meglio, che potrebbero avere una vita serena e potenzialmente più felice di quella che hanno. Hanno vissuto magari molto tempo accompagnati dalla paura e dall’ansia (come per Marco). A volte pensano che non ci sia nulla da fare, a parte rassegnarsi. Accettano la paura e l’ansia come se fossero dei tratti della loro personalità, qualcosa che hanno sempre avuto e di cui pare impossibile liberarsi. Dovrebbero sapere, invece, che non è così. Che nessuno di noi viene al mondo con delle paure o delle ansie. Che non fanno parte del patrimonio genetico. Che queste hanno un’origine (sempre) e che non sono condannati a subirle per il resto della vita.
A volte queste persone organizzano la loro vita in base alle loro paure, come è stato per Marco. Evitando, ad esempio, luoghi o situazioni ansiogene. La strategia di evitamento, sebbene sia la più diffusa, non è la soluzione ottimale. Non ci consente infatti di vivere al massimo del nostro potenziale. Ci limita nella nostra vita, ci preclude alcune possibilità. Ci fa soffrire, ci fa sentire sempre dipendenti da qualcuno o qualcosa. E, inoltre, a volte, non è possibile praticarla senza subire danni secondari, come nel caso di Marco (evitava di frequentare i parchetti ma soffriva molto perché non poteva stare con la sua adorata figlia).
Talvolta la paura può essere stata originata da un trauma ben identificabile. Ad esempio, se ho subito, oppure ho assistito, ad un incidente automobilistico grave, dove ci sono stati vittime e feriti, può darsi che svilupperò una paura esagerata delle automobili e che non vorrò più guidare. In questo caso la persona sa bene qual è il motivo scatenante della sua paura. Ma non sempre è così chiaro e lampante. Ci sono persone che hanno delle paure invalidanti che non riescono tuttavia a correlare a nessun evento diretto. Spesso infatti riferiscono che "sono sempre state così". Oppure si ricordano che da un certo momento in poi è comparsa la paura ma non riescono comunque ad associarla a nessun evento particolare.
Prendiamo un esempio molto diffuso. La paura, che spesso diventa invalidante, di uscire di casa o di restare da soli. Spesso la persona in terapia riferisce che non è accaduto nulla nella sua vita tale da giustificare una paura del genere, di non riuscire proprio a capirne il motivo. Anche per questo, spesso, le persone si sentono in colpa, come se fossero difettose e faticano a parlarne con altri per timore di essere giudicate e non capite.
Di fronte ad esempio alla paura dei cani, Marco cercava un episodio in cui fosse stato morso o spaventato da un cane. Non lo trovava. Più lo cercava e meno o trovava. Meno lo trovava e più si sentiva in colpa. Allora perché questa paura? Da dove arrivava?
Molto spesso, l’origine del malessere, dell’ansia, del terrore, è li, nella nostra storia di vita, tra le trame relazionali e, soprattutto, primarie. Spesso tra gli eventi della nostra infanzia. La mente, a volte, non riesce ad elaborare tutto ciò che ci accade nella vita. E allora ecco che ciò che non è elaborato resta immutato nella nostra rete mnestica. Tuttavia, la presenza di materiale non elaborato, anche se risale a molti anni prima, incide sul nostro presente.
L’origine della paura che soffocava Marco la potemmo trovare in un episodio di bullismo, avvenuto 35 anni prima, a casa di un suo amichetto che aveva un cane. La sua mente di bambino, non riuscendo ad elaborare ciò che stava accadendo, aveva memorizzato l’evento mescolando tra loro diversi elementi.
Da quel momento in poi in Marco è nata la paura dei cani. Una volta elaborato insieme quel ricordo, la paura dei cani si è come sciolta e lui ha potuto riprendere il controllo delle proprie azioni e quindi della propria vita.
L’ansia e la paura possono quindi, come illustrato, derivare da un’esperienza che ha provocato dolore, non fa alcuna differenza se fisico o psichico.
Ciò di cui facciamo esperienza nella nostra vita resta nella nostra mente. Ed influenza la nostra vita presente.
Ed ora chiediti: COSA VUOLE DIRTI LA TUA PAURA, LO SAI?
Nota: il nome utilizzato per illustrare il caso è di fantasia.
La terapia è un luogo dove si cerca di restituire serenità, dignità e benessere alla persona.
Dott.ssa Alessandra Marelli
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