L'archiviazione, parti offese e danni morali


In un processo per reati contro la P.A. a volte si incontra difficoltà nel distinguere gli interessi della parte offesa da quelli del denunciante
L'archiviazione, parti offese e danni morali
La difficoltà che a volte si incontra nel distinguere gli interessi della parte offesa da quelli del denunciante in un processo per reati contro la P.A. ci ha indotto ad analizzare il bene giuridico offeso che talvolta fa ritenere la sussistenza di un'altra parte offesa accanto a quella usuale dell'indagato. Il denunciante è portatore di un interesse processuale mediato e riflesso e come tale si distingue dalla rituale parte offesa che rimane l'unico titolare del bene giuridico leso e proprio per tale sua qualità è l'unico soggetto in grado di proporre opposizione alla richiesta di archiviazione da parte del P.M. In particolare nel reato di abuso d'ufficio, il Giudice non è tenuto a disporre l'archiviazione con la fissazione dell'udienza a seguito dell'opposizione del denunciante potendo provvedere direttamente senza altri giudizi dinanzi al GIP in quanto in capo al denunciante difetterebbe il requisito della qualità di persona offesa, essendo l'interesse tutelato solo quello della P.A. riscontrandosi una violazione nei tre noti requisiti del buon andamento, dell'imparzialità e della trasparenza, requisiti questi posti in pericolo dal comportamento dei pubblici ufficiali. Dunque la qualità di parte offesa spetta solamente alla P.A. e non anche al privato, nel caso in cui la condotta dell'indagato per abuso di ufficio si fosse esplicata con l'attribuzione di un ingiusto vantaggio patrimoniale. Se invece la condotta dell'indagato di abuso di ufficio si fosse realizzata con finalità di danno, soprattutto in reati plurioffensivi, anche il privato danneggiato assumerebbe la qualità di parte offesa assieme alla pubblica amministrazione, ed avendo così diritto a ricevere l'avviso per l'eventuale opposizione, così come anche nell'ipotesi di omissione ex art. 328 co. 1 c.p., dove può verificarsi il caso di un danneggiato da un comportamento omissivo del pubblico ufficiale e contemporaneamente la violazione del principio ex art. 97 della Costituzione del già visto buon andamento della P.A. dove coesiste l'interesse alla tutela da ogni reato di evento e di danno. In particolare sussisterebbe un analogo interesse dello Stato alla corretta amministrazione della giustizia ad esempio nella violazione dell'art. 381 co. 1 c.p. allorchè un unico avvocato assista parti contrarie in posizioni incompatibili tra loro, laddove è prevalente un interesse del privato sull'interesse pubblico. Altrettanto può dirsi per il reato di calunnia laddove i casi di archiviazione sono frequenti per insussistenza dell'elemento soggettivo rilevabile solo nell'ipotesi di esatta corrispondenza tra la sicura conoscenza della non colpevolezza dell'imputato e momento volitivo cioè intenzionalità dell'incolpazione. In tutti questi casi tuttavia il danneggiato per qualsiasi tipologia di reato potrà sempre costituirsi parte civile, subito dopo la fase della conclusione delle indagini. A seguito della nuova formulazione dell'art. 323 c.p. tale fattispecie può concretizzarsi solo in presenza di una violazione di norme o regolamenti ma anche per violazione del dovere di astensione, per interessi personali e per altri casi. Di conseguenza ogni condotta del pubblico ufficiale che consista nell'adozione di provvedimenti amministrativi illegittimi o invalidi, esula dall'ambito della fattispecie, poichè in tale circostanza si verificherebbe una violazione della discrezionalità amministrativa che rimane di competenza del TAR. Quale allora la competenza del giudice penale? Dalla corruzione alla calunnia, dall'appropriazione indebita al peculato, in tutte le predette fattispecie, provate per testi oppure documentalmente si supera il discrimine dell'archiviazione all'azione penale intrapresa dal P.M. In caso contrario l'azione si estinguerebbe con una delle seguenti formule: 1) per la mancanza di una condizione di procedibilità perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato; 2) o perchè tutti gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio. A tal proposito l'ultima annotazione è riservata al danno biologico che con la Sent. Corte Costituzionale n. 184/86 ha ruolo centrale nel sistema risarcitorio ed è da considerarsi il punto di mezzo tra il danno economico ed il danno morale: per il primo aspetto si può ritenere che il danno biologico rientri nello scenario ex art. 2043 c.c. in quanto suscettibile di quotazioni patrimoniali, per il secondo aspetto viene inquadrato nella disciplina dell'art. 2059 c.c. quale lesione o distruzione del valore uomo-persona nella configurazione del danno-evento.

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di Studio Legale TOMASSI

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