L'assegno divorzile una tantum


Possibilità di corrispondere un assegno in un'unica soluzione in sostituzione dell'assegno mensile; assegnazione di un bene specifico
L'assegno divorzile una tantum
L’articolo 5 della legge istitutiva del divorzio (Legge 1 dicembre 1970 n. 898) statuisce che, su accordo dei coniugi, la corresponsione dell’assegno divorzile può avvenire in un’unica soluzione, in alternativa all’assegno mensile.
La corresponsione una tantum è subordinata a due condizioni: l’accordo delle parti e la preventiva valutazione del Tribunale, che la deve ritenere congrua.
La congruità deve tenere conto dei seguenti fattori: 1) idoneità dell’importo; 2) diritto all’assegno; 3) assenza di adeguati mezzi di sostentamento del coniuge beneficiario; 4) tenore di vita dei coniugi in costanza di matrimonio; 5) situazione economica di entrambi i coniugi.

Si tratta di una sorta di contratto aleatorio, in quanto, al momento della corresponsione, nessuno dei due coniugi può prevedere per quanto tempo il beneficiario avrebbe percepito l’assegno mensile (diritto, questo, che verrebbe meno in caso di modifica delle condizioni degli ex coniugi, di nuove nozze del beneficiario e, ovviamente, di morte di quest’ultimo).
La suddetta previsione non contrasta con l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, secondo il quale gli accordi precedenti al divorzio sono nulli per illiceità della causa, proprio perché andrebbero ad alterare, viziandola, la libertà dei coniugi di difendersi in giudizio (Cass. Civile n. 8109/2000).
Le intese economiche raggiunte dalle parti le quali si riferiscono, a differenza di quelle preventive, ad un divorzio non semplicemente prefigurato, ma che i coniugi hanno già deciso di conseguire, riconoscendosi alle stesse il solo scopo di abbreviare il procedimento (Cass. Civile n. 2180/1991 e Cass. Civile n. 5244/1997) vengono invece considerate meritevoli di tutela e, quindi, lecite.

Ciò che le parti devono tenere ben presente è che, in caso di corresponsione di un assegno divorzile una tantum, non potrà essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico e ciò proprio in virtù del carattere dispositivo dell’attribuzione, che comporterebbe la sua sottoposizione alle norme sui contratti e non più a quelle sull’assegno di divorzio.
La corresponsione una tantum può avvenire, secondo un recente orientamento giurisprudenziale, oltre che con il pagamento di una somma di denaro, anche con l’attribuzione di beni mobili o immobili in proprietà o in godimento, o nell’impegno al trasferimento di tali diritti (Cass. Civile n. 12939/2003).

Una parte della Giurisprudenza, invece, ritiene che l’accordo inquestione andrebbe ricondotto alla figura della c.d. datio in solutum o della novazione oggettiva, escludendosi, in ogni caso, la qualificazione come donazione (Cass. Civile n. 2700/1995).
Qualunque qualificazione venga data a detto tipo di accordo, ove le possibilità economiche del coniuge onerato lo consentano, appare una via consigliabile, anche perché eviterebbe di lasciare un seppur minimo "cordone ombelicale" tra gli (ex) coniugi che, per esperienza diretta, è quanto mai consigliabile eliminare, considerando che sono molto rari, purtroppo, i casi di ex coniugi che rimangono in buoni rapporti.
E mantenere in vita un rapporto debitore/creditore (perché di questo si tratta) dopo il divorzio si tramuta spesso in fonte di ulteriori problemi.
La sentenza del Tribunale, nel recepire l’accordo delle parti sulla corresponsione una tantum, costituisce titolo esecutivo, idoneo ad ottenere il trasferimento dei beni e ad essere trascritto con la relativa opponibilità a terzi e costituisce titolo per iscrivere eventuale ipoteca giudiziale.

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di Avv. Vittorio Conti

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