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L’astensione dalle udienze penali: quale utilità?


Astensioni proclamate dall'O.U.A., suggerimenti per diffondere nei cittadini un’adeguata consapevolezza dei problemi
L’astensione dalle udienze penali: quale utilità?

Il malessere generale che coinvolge da tempo la nostra società e si manifesta in modo particolare nell’Universo Giustizia ha condotto recentemente alla proclamazione dell’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale per i giorni 8, 9 e 10 maggio 2019.

Non vi è stato, però, alcun interesse da parte del pubblico (come del resto nelle precedenti astensioni), forse perché scarsamente informato o forse perché ormai rassegnato alla situazione caotica di quell’universo che è difficile da comprendere anche (ma non solo) per le problematiche tecniche che richiedono conoscenza ed esperienza diretta come operatore della giustizia.

Ebbene, essendo io un operatore della giustizia da parecchi anni sia nel settore penale sia in quello civile, mi permetto sottoporre all’attenzione alcuni suggerimenti per diffondere nei cittadini un’adeguata consapevolezza dei problemi.

A) In primo luogo sarebbe opportuno verificare la legittimità della sospensione dei processi penali disposta a seguito dell’astensione dalle udienze da parte dell’Avvocato, anche ai fini della decorrenza della prescrizione.

Partiamo dal principio che lo strumento dell’astensione previsto dal legislatore deve essere potenzialmente idoneo a raggiungere lo scopo.

Se lo sciopero dei dipendenti è finalizzato a esercitare effetti negativi sulla produzione dei beni e dei servizi dell’azienda, anche l’astensione degli Avvocati deve essere potenzialmente idonea a produrre effetti sul servizio pubblico della Giustizia onde stimolare gli organi politici a fare le riforme nell’interesse dei cittadini.

E’ bene ricordare, al riguardo, che l’astensione non ha mai lo scopo di tutelare la categoria professionale, ma di migliorare l’amministrazione della Giustizia.

In questa ottica, qualunque paletto e/o limite e/o ostacolo all’esercizio del diritto di astensione finisce per frustrare l’obiettivo perseguito.

Dall’altro lato sarebbe, poi, opportuno un’astensione maggiormente incisiva e non limitata a pochi giorni come è sempre stato fatto.

B) In secondo luogo, sarebbe opportuno organizzare conferenze nelle scuole medie e superiori nonché presso le varie facoltà universitarie completate da tavole rotonde per la discussione con gli studenti.

C) In terzo luogo, la stessa Avvocatura potrebbe formare commissioni di studio per il confronto con altri sistemi giudiziari che hanno dato risultati positivi individuando strumenti idonei per regolare il processo e l’esecuzione della pena.

D) Infine, andrebbe fatta un’opera di divulgazione attraverso la stampa (quotidiani, libri, brevi manuali, etc…) o a mezzo altri strumenti di comunicazione delle problematiche della giustizia.

E’ inutile negare che il modo di amministrare la giustizia e regolamentare i processi (soprattutto quelli penali) è strettamente legato alle scelte politiche che, a loro volta, sono o quanto meno dovrebbero essere riflesso della volontà popolare.

E, quindi, ritorniamo al punto di partenza: l’obiettivo della buona amministrazione della giustizia potrà essere raggiunto solo in presenza di un popolo interessato a partecipare in modo consapevole alle scelte politiche scegliendo i propri rappresentanti che abbiano a loro volta adeguate competenze tecniche possibilmente applicate in concreto nell’esercizio delle funzioni difensive o giurisdizionali.

Lasciare spazio alla rabbia e al malcelato desiderio di vendetta delle persone vittime di reati o vittime di errori giudiziari non migliora certo la situazione: porta solo ad una maggiore conflittualità per finire poi nella rassegnazione per la perdita di ogni speranza di riforma.

Ciò significa anche lasciare spazio a coloro che assecondano la rabbia accentuando la funzione repressiva della pena e dimenticando la funzione principale cioè la funzione preventiva della politica giudiziaria.

La propaganda del metodo di “lasciar marcire in galera e buttar via le chiavi” non è utile a nessuno.

E sia ben chiaro, parliamo di pura e semplice utilità pratica (senza considerare il non meno importante aspetto morale) perché le carceri affollate o super affollate sono un problema per tutti i cittadini che devono, con le loro tasse, pagare tutte le spese per il mantenimento delle strutture o per il loro ampliamento, per il mantenimento e l’organizzazione del personale come le guardie carcerarie, gli psicologi, gli psichiatri e i medici in generale.

E’ sempre più attuale il pensiero di un noto Giurista il quale, temendo di essere accusato del reato di stupro della Madonnina del Duomo di Milano, si preparava a fuggire in Svizzera…per poi cercare di difendersi dall’imputazione.

I nostri nonni dicevano “male non fare e paura non avere”: ma il proverbio purtroppo ora è passato di moda.

 

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