L'atto di separazione omologato può considerarsi titolo esecutivo?

Fra le varie modalità previste dall'ordinamento per ricorrere alla separazione, una delle più veloci e rapide messe a disposizione del legislatore è quella della separazione consensuale.
Tramite questa figura, i due coniugi si presentano davanti al Presidente del Tribunale dichiarando la propria volontà di separarsi e allegando alla domanda una convenzione, ossia un accordo tramite il quale marito e moglie intendono regolare i loro futuri rapporti, quali ad esempio i rapporti patrimoniali, diritti di visita dei figli, mantenimento della prole e assegnazione della casa coniugale.
Tuttavia, l'accordo sopracitato diventa efficace fra i coniugi solo nel momento in cui il giudice lo omologa: ciò vuol dire che se ritiene le condizioni stabilite dai coniugi eque, legittime e conformi agli interessi dei figli, lo stesso diventa vincolante per le parti.
Cosa succede tuttavia se uno dei due coniugi non adempie agli obblighi assunti?
Può un coniuge, ad esempio, essere costretto a lasciare la casa coniugale se ancora vi risiede nonostante sia scaduto il termine per abbandonarla pattuito nell'omologa di separazione?
La risposta è senz'altro affermativa. La giurisprudenza e la dottrina sono ormai concordi nel ritenere l'omologa di separazione a tutti gli effetti un titolo esecutivo, vale a dire che, in caso di inadempimento da parte di uno dei due soggetti, l'altro può forzosamente (con l'ausilio della pubblica autorità) ottenere soddisfazione delle proprie ragioni.
Ciò perché l'omologa di separazione rientra nella definizione contenuta nell'art. 474 c.p.c. n. 3: sono titolo esecutivo "gli atti ricevuti da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli".
Pertanto, se nell'omologa di separazione sono contenuti degli specifici e determinati obblighi di fare, non sarà necessario un nuovo titolo esecutivo e, nell'esempio fatto pocanzi, si potrà procedere allo sfratto del coniuge inadempiente.
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