L’azione di rivalsa della struttura sanitaria sul medico


In merito alla responsabilità medica, la rivalsa può essere chiesta solo per dolo e colpa grave del medico e con dei limiti di importo
L’azione di rivalsa della struttura sanitaria sul medico

Quando un paziente si rivolge a una struttura sanitaria per ottenere delle prestazioni sanitarie in regime di Servizio Sanitario Nazionale, si creano due fattispecie di responsabilità, una nei confronti dell’ospedale e una nei confronti del medico

Quando vi è un caso di malpractice (o più comunemente noto come malasanità), il paziente può intentare una causa al fine di ottenere il riconoscimento di un risarcimento del danno.

L’azione legale contro chi deve essere mossa? Contro l’ospedale o contro il medico?

A entrambi, ma la scelta ha dei risvolti di non poco conto in relazione all’onere della prova, che vedremo tra poco.

Ma ammettendo che il paziente faccia causa all’ospedale, la struttura sanitaria, successivamente, potrebbe avviare un’azione di regresso nei confronti del medico che ha commesso l’errore.

Qual è la ripartizione del risarcimento del danno corrisposto al paziente tra l’ospedale e il medico?

Sul punto, è necessario citare una sentenza della Cassazione e la Legge n. 24/2017, meglio nota come Legge Gelli.

Iniziamo, però, a fare chiarezza sui tipi di responsabilità medica.


Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale medica

Tra il paziente e la struttura sanitaria, sia pubblica che privata, si crea un “rapporto contrattuale” in base al quale il malato chiede di essere curato e l’ospedale si impegna a fornire assistenza sanitaria.

Tale contratto, detto di spedalità, viene stipulato in sede di accettazione del paziente, momento a partire dal quale grava sulla struttura sanitaria una responsabilità fondata sul "contatto sociale".

È un contratto atipico, ovvero non regolato espressamente dal legislatore, ma presuppone comunque per l’ospedale un’obbligazione di mezzi e il dovere di assistenza attraverso le prestazioni mediche necessarie.

Si configura, dunque, una responsabilità contrattuale

Il medico che, all’interno della struttura e tramite il SSN, offre la propria consulenza è gravato da una responsabilità medica extracontrattuale, poiché il paziente non si è rivolto direttamente a un lui per ottenere le cure, ma alla struttura sanitaria. Diverso, invece, è il caso in cui il paziente si rivolga in privato o in intramoenia a uno specifico dottore. In quest’ultimo caso, il contratto atipico è stipulato direttamente tra le parti.

La differenza tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale non è di poco conto poiché ne deriva un differente onere della prova

Nel primo caso si applica l’art. 1218 c.c. (“Responsabilità del debitore”) che recita: “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”. L’onere della prova spetta alla struttura sanitaria che dovrà risarcire il paziente se non riesce a provare di non avere colpa.

Nel secondo caso, invece, ci si deve affidare all’art. 2043 c.c. (“Risarcimento per fatto illecito”) che recita: “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. In questo caso, invece, l’onere della prova spetta al paziente: dovrà essere quest’ultimo a dover provare di aver subito un pregiudizio.

È evidente che, in caso di errore, il paziente è favorito nel fare causa all’ospedale e non al medico del servizio sanitario nazionale, poiché dovrà essere la struttura ospedaliera a dover provare la sua “innocenza”.

Se ciò accade, a fronte di un errore medico, l’ospedale dovrà sobbarcarsi il risarcimento del danno.
Successivamente, potrà avviare un’azione di regresso nei confronti del medico, responsabile dell’errore.

Sul punto, la Legge n. 24/2017, ha fatto da spartiacque sulla distribuzione degli oneri tra ospedale e medico. Uno spartiacque che è stato sottolineato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 28987/2019.

 

La sentenza della Cassazione n. 28987/2019

La sentenza dell’11 novembre 2019 n. 28987 della Cassazione si è occupata di delineare i limiti entro i quali la struttura sanitaria può rivalersi sul medico che ha cagionato un danno al paziente.

La decisione degli ermellini ha preso avvio dalla considerazione che la responsabilità sia a carico sia del medico che commette l’errore, che della struttura sanitaria in quanto garante delle prestazioni derivanti dal “contratto di spedalità”. Le parti, dunque, sono responsabili in solido.

Ma come viene ripartito il risarcimento tra le parti?

La sentenza offre una prima soluzione. Nel testo, infatti, si legge il seguente principio di diritto: “...in tema di danni da “malpractice” medica nel regime anteriore alla legge n. 24 del 2017, nell’ipotesi di colpa esclusiva del medico la responsabilità dev’essere paritariamente ripartita tra struttura e sanitario, nei conseguenti rapporti tra gli stessi, eccetto che negli eccezionali casi d’inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile e oggettivamente improbabile devianza dal programma condiviso di tutela della salute cui la struttura risulti essersi obbligata”.

Dunque, prima della legge Gelli il risarcimento doveva essere suddiviso al 50% tra ospedale e medico.

Successivamente, con la Legge 24/2017 le cose sono cambiate: sono stati introdotti limiti e paletti all’azione di regresso della struttura sanitaria.

 

I limiti e i paletti all’azione di regresso della Legge Gelli

Una prima considerazione va fatta sull’articolo 7 della Legge Gelli (L. n. 24/2017 recante “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”).

La norma citata afferma, al primo comma, che “La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde (…)  delle loro condotte dolose o colpose”

Nel terzo comma, invece, si stabilisce che “L'esercente la professione sanitaria (…) risponde del proprio operato ai sensi dell'articolo 2043  del  codice civile,  salvo  che  abbia  agito  nell'adempimento  di  obbligazione contrattuale assunta con il paziente”.

Si rimarca così un doppio canale risarcitorio: da una parte quello della struttura ospedaliera, dall’altro quello del sanitario.

Ma è nel successivo articolo 9 della Legge Gelli che vengono introdotti i limiti alla rivalsa della struttura sanitaria nei confronti del medico.

Il primo limite è dettato dal comma 1 che sancisce come l’azione di regresso possa essere avviata soltanto nel caso di dolo o colpa grave del medico. L’ospedale non potrà rivalersi sul professionista, dunque, in tutti i casi di colpa lieve.

Il secondo paletto è stabilito dal secondo comma: l’azione di regresso può essere avviata dall’ospedale solo dopo che quest’ultimo abbia risarcito il paziente danneggiato, a meno che il medico non sia stato chiamato in giudizio o sia stato parte in causa della procedura stragiudiziale. Una volta versato il risarcimento, la struttura sanitaria avrà un anno di tempo dal pagamento per rivalersi sul medico.

L’ultimo limite, che influenza direttamente il quantum della quota a carico del medico, è fissato dal comma 5. Solo nel caso di colpa grave, l’importo massimo dell’azione di regresso non può superare una somma pari al triplo del valore dello stipendio maggiore percepito nell’anno in cui si è verificato l’errore oppure in quello successivo o precedente. Tale limite non viene applicato, però, in caso di dolo, per il quale il comma non prevede limiti quantitativi.

In conclusione, in caso di malpractice si verificano due tipi di responsabilità: quella contrattuale che grava sull’ospedale e quella extracontrattuale, a carico del medico.
Entrambi sono chiamati a risarcire il paziente che ha subito un danno e, nel caso il risarcimento sia erogato dalla struttura sanitaria, questa può rivalersi successivamente sul medico.
Con dei limiti: solo per colpa grave e dolo e soltanto entro il limite economico indicato (per la sola colpa grave).
 

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di Avv. Daniele Bianchi

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