L’azione revocatoria


L’anteriorità del credito litigioso rispetto all’atto da impugnare
L’azione revocatoria
Spesso accade che dopo anni e anni di giudizio la parte processualmente vittoriosa debba scontrarsi con l’impossibilità (apparente) a poter conseguire il proprio diritto di natura economica a causa del fatto che il soggetto soccombente con uno e più atti dispositivi si è nelle more spogliato di tutti o quasi i propri averi rendendo il diritto di credito interamente o parzialmente inesigibile.
Non tutti sanno che in tali casi vi è un rimedio rappresentato dalla c.d. "azione revocatoria" prevista dall’art. 2901 c.c. che è quello strumento volto alla tutela del diritto del creditore avente la funzione di ricostruire la garanzia generica assicurata a quest’ultimo dal patrimonio del suo debitore al fine di permettergli il soddisfacimento coattivo del suo credito.
Trattasi di azione di inefficacia relativa (e non di nullità assoluta) dell’atto impugnato la cui validità, quindi, non è posta in discussione e giova unicamente al creditore che l’ha esercitata (Cass. n. 5455/2003, n. 15880/2007).
L’art. 2901 c.c. non distingue tra le varie categorie di crediti e le relative fonti ed accoglie una nozione alquanto ampia di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità e di esigibilità (Cass. n. 12235/2011).
La strada in tal senso è stata tracciata dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione le quali attraverso una lettura estensiva dell’art. 2901 c.c., hanno equiparato ai crediti sottoposti a termine o condizione quelli eventuali e quelli c.d. litigiosi statuendo in relazione a quest’ultimi che l’azione revocatoria possa essere esperita anche prima della definizione del giudizio volto ad accertare la sussistenza del credito (Cass. SS. UU. 18.05.2004 n. 9440).
L’azione in parola è caratterizzata da un elemento oggettivo (c.d. eventus damni) nonché da un elemento soggettivo (c.d. scientia damni).
Il primo consiste nell’obiettivo ed effettivo pregiudizio arrecato dall’atto dispositivo e ricorre non solo allorchè l’atto renda impossibile la soddisfazione del credito ma anche quando la renda solo più incerta o difficile (Cass. n. 7767/2007 e n. 2470/2007) incombendo pur sempre sul debitore l’onere di provare che, in ragione delle entità patrimoniali residue, non sussiste il rischio che il creditore possa non trovare soddisfacimento (tra le tante cass. n. 3470/2007 e n. 1902/2015).
Per quanto attiene invece l’elemento soggettivo, in ordine agli atti compiuti successivamente al sorgere del credito è sufficiente provare che il debitore fosse a conoscenza del pregiudizio mentre per quelli anteriori che l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicare il soddisfacimento delle ragioni del creditore, trattandosi di elemento psicologico la prova potrà essere data per lo più mediante presunzioni il cui apprezzamento andrà devoluto al giudice.
Particolare importanza assume dunque lo stabilire se l’atto di disposizione sia anteriore ovvero posteriore rispetto al credito per il differente atteggiamento psicologico che deve riscontrarsi nel debitore e quindi anche il diverso regime probatorio richiesto al creditore.
La grande difficoltà nel caso di atto di disposizione anteriore rispetto al credito, risiede infatti proprio nel riuscire a fornire la prova della dolosa preordinazione da parte del debitore che a volte costituisce quasi una probatio diabolica.
Ma, come detto, se l’azione revocatoria è esperita per la tutela di un credito oggetto di precedente giudizio di accertamento e quindi di un credito litigioso, il più delle volte l’atto dispositivo dovrà essere inteso come posteriore in quanto il riferimento andrà fatto al momento in cui il credito medesimo sia insorto e non a quello, eventualmente successivo, in cui sia stato formalmente accertato con sentenza (si veda Cass. 2748/2005).
Come si vede la legge, in particolare l’art. 2901 c.c., appresta al creditore un importante mezzo di tutela contro gli espedienti del proprio debitore volti a sottrarsi alla obbligazione di pagamento consentendogli, a determinate condizioni ed in seguito al buon esito dell’azione revocatoria che va sempre esperita nel termine prescrizionale di cinque anni dalla data dell’atto (art. 2903 c.c.), di soddisfare il proprio credito rivalendosi su beni formalmente non più appartenenti a quest’ultimo.

Avv. Giuseppe Serrapica

Articolo del:


di Avv. Giuseppe Serrapica - Pompei (NA)

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