L’effetto paradosso
Separarsi come coppia a volte è l'unica soluzione possibile. Attenzione, però, a non "utilizzare" i bambini per fare del male all'ex partner

La separazione dei propri genitori, per quanto possa essere la scelta migliore e a volte l’unica possibile, rappresenta quasi sempre, per tutti i figli di qualsiasi età essi siano, un evento doloroso poiché, da un lato, divide le persone che i figli amano più di ogni altra cosa, ovvero la mamma ed il papà, e, dall’altro, infrange il sogno infantile di avere una famiglia unita e amorevole che "sopravviva" anche "oltre" loro, ovvero anche quando essi avranno preso la loro strada e lasciato il nido.
Inoltre, quando i figli sono piccoli, possono nascere sentimenti di colpa e vergogna. Succede spesso infatti che i figli sentano, senza che nessuno glielo abbia detto, di essere loro in qualche modo la causa delle liti dei genitori e della decisione di uno dei due di lasciare la casa. Oltre a ciò, altre emozioni si fanno spazio nell’animo dei figli, tipicamente rabbia, tristezza e paura.
Queste emozioni non sono rivolte, come erroneamente si pensa, ad uno solo dei genitori. Ma bensì a tutte e due perché, nell’immaginario dei bambini, essi hanno entrambi contribuito alla "rottura" della famiglia. Alla rottura di un equilibrio che, sebbene non più funzionante, tranquillizzava il bambino. Queste emozioni sono spesso transitorie. Vanno lasciate sfogare ed accolte dal mondo degli adulti.
L’ambiente adulto circostante dovrebbe fungere da faro, consentendo al bambino/a di non perdersi proprio nel tumulto delle sue emozioni che, appunto, sono spesso travolgenti.
Capita spesso, nel bambino/a e nel ragazzo/a, che questo processo sia lontano dalla consapevolezza e, pertanto, difficilmente verbalizzabile. I figli di genitori che stanno per separarsi o che lo sono da poco vivono un tumulto di emozioni contrastanti, che fanno parte del normale processo di metabolizzazione dell’evento critico.
Ad incidere sulla buona riuscita di questo processo intervengono l’età del bambino, le sue risorse personali, la sua resilienza (la capacità di rispondere prontamente alle situazioni critiche che la vita impone), il suo temperamento, ma anche l’ambiente familiare, in particolare genitori e nonni.
Per affrontare al meglio questo travagliato percorso molti genitori scelgono di avvalersi di un sostegno psicologico e terapeutico.
Questa scelta, se condivisa da entrambi i genitori, aiuta i membri coinvolti ad attraversare questo difficile momento e ad accogliere i sentimenti di tutti.
In particolare per i bambini il sostegno psicologico serve a trasformare in parole ciò che non ha forma e quindi difficilmente gestibile. Dando casa alle diverse emozioni che lo abitano.
Vorrei però in questo scritto concentrare la mia attenzione su un fenomeno (crescente) che può ostacolare e, a volte, interrompere, il processo di metabolizzazione della separazione genitoriale.
Quando la separazione è estremamente conflittuale e i due genitori provano rancore l’un l’altro si può assistere ad una vera e propria "guerra" fatta, spesso inconsapevolmente, per colpire e punire l’altro. In questa guerra vengono coinvolti i figli. Nello specifico uno, o entrambi i genitori, non perdono occasione per denigrare e insultare l’ex partner davanti ai figli. Spesso viene utilizzato il ricatto emotivo, con frasi come: "se vuoi andare da tuo padre/tua madre significa che non mi vuoi abbastanza bene!" oppure "con tutto quello che tuo padre/tua madre mi ha fatto vuoi ancora passare del tempo con lui/lei?" oppure "con tutto quello che io faccio per te vuoi davvero andare da tuo padre/tua madre?".
Oppure si mettono al corrente i figli di tutti i dettagli. Ad esempio se c’è stato un tradimento li si informa, non tenendo conto dell’età di essi, di tutti i particolari dell’accaduto. Oppure si utilizzano frasi e insulti contro l’altro. Ad esempio: "tuo padre/tua madre è un’egoista!" oppure "tuo padre/tua madre non si interessa di voi!" oppure si utilizzano veri e propri epiteti. Si cerca insomma una sorta di alleanza con i figli "contro" l’altro genitore, svalutando e denigrando l’altro.
In questo modo i figli vivono con ancora maggiore difficoltà il processo di separazione e si sentono lacerati da sentimenti contrastanti. Poiché non è da dimenticare che, qualsiasi siano le cause che hanno mosso la separazione (fatta eccezione per gli abusi) i figli amano incondizionatamente entrambi i genitori. Possono coltivare l’idea che continuando ad amare l’uno perderanno l’affetto dell’altro e quindi vivono "sotto ricatto". Il paradosso sta nel fatto che il genitore che desidera ingraziarsi i figli attraverso la denigrazione dell’altro e ottenerne così l’alleanza può effettivamente ottenerla (temporaneamente), specialmente se il genitore in questione vive sotto lo stesso tetto dei figli.
Questa però è solo una mera illusione. Quando infatti i figli cresceranno e svilupperanno un loro pensiero critico saranno in grado di comprendere questo "gioco" e non saranno contenti di essere stati strumentalizzati ed il risultato prevedibile sarà l’allontanamento dal genitore che denigrava l’altro. Questo è ciò che chiamo l’effetto paradosso.
Il rapporto tra genitori e figli va salvaguardato e le questioni che attengono gli adulti vanno affrontate non coinvolgendoli. Si può discutere animatamente, si può confliggere, ci si può anche insultare purché da questo vengano tenuti lontano i figli. Davanti ai figli anzi occorre sostenere l’altra figura genitoriale evitando di parlarne in malo modo. I figli hanno bisogno di sapere che hanno un padre e una madre che, anche se non vanno più d’accordo tra loro, ci sono per loro e si comportano da adulti rispettandosi a vicenda.
"L’isola di Ingrid compare in sogno ogni notte.
La circonda l’abbraccio antico del babbo e della mamma con lei nel mezzo, ciambella d’amore che salva sempre dall’acqua salata delle lacrime"
Da: "Due di tutto" di Arianna Papini
Inoltre, quando i figli sono piccoli, possono nascere sentimenti di colpa e vergogna. Succede spesso infatti che i figli sentano, senza che nessuno glielo abbia detto, di essere loro in qualche modo la causa delle liti dei genitori e della decisione di uno dei due di lasciare la casa. Oltre a ciò, altre emozioni si fanno spazio nell’animo dei figli, tipicamente rabbia, tristezza e paura.
Queste emozioni non sono rivolte, come erroneamente si pensa, ad uno solo dei genitori. Ma bensì a tutte e due perché, nell’immaginario dei bambini, essi hanno entrambi contribuito alla "rottura" della famiglia. Alla rottura di un equilibrio che, sebbene non più funzionante, tranquillizzava il bambino. Queste emozioni sono spesso transitorie. Vanno lasciate sfogare ed accolte dal mondo degli adulti.
L’ambiente adulto circostante dovrebbe fungere da faro, consentendo al bambino/a di non perdersi proprio nel tumulto delle sue emozioni che, appunto, sono spesso travolgenti.
Capita spesso, nel bambino/a e nel ragazzo/a, che questo processo sia lontano dalla consapevolezza e, pertanto, difficilmente verbalizzabile. I figli di genitori che stanno per separarsi o che lo sono da poco vivono un tumulto di emozioni contrastanti, che fanno parte del normale processo di metabolizzazione dell’evento critico.
Ad incidere sulla buona riuscita di questo processo intervengono l’età del bambino, le sue risorse personali, la sua resilienza (la capacità di rispondere prontamente alle situazioni critiche che la vita impone), il suo temperamento, ma anche l’ambiente familiare, in particolare genitori e nonni.
Per affrontare al meglio questo travagliato percorso molti genitori scelgono di avvalersi di un sostegno psicologico e terapeutico.
Questa scelta, se condivisa da entrambi i genitori, aiuta i membri coinvolti ad attraversare questo difficile momento e ad accogliere i sentimenti di tutti.
In particolare per i bambini il sostegno psicologico serve a trasformare in parole ciò che non ha forma e quindi difficilmente gestibile. Dando casa alle diverse emozioni che lo abitano.
Vorrei però in questo scritto concentrare la mia attenzione su un fenomeno (crescente) che può ostacolare e, a volte, interrompere, il processo di metabolizzazione della separazione genitoriale.
Quando la separazione è estremamente conflittuale e i due genitori provano rancore l’un l’altro si può assistere ad una vera e propria "guerra" fatta, spesso inconsapevolmente, per colpire e punire l’altro. In questa guerra vengono coinvolti i figli. Nello specifico uno, o entrambi i genitori, non perdono occasione per denigrare e insultare l’ex partner davanti ai figli. Spesso viene utilizzato il ricatto emotivo, con frasi come: "se vuoi andare da tuo padre/tua madre significa che non mi vuoi abbastanza bene!" oppure "con tutto quello che tuo padre/tua madre mi ha fatto vuoi ancora passare del tempo con lui/lei?" oppure "con tutto quello che io faccio per te vuoi davvero andare da tuo padre/tua madre?".
Oppure si mettono al corrente i figli di tutti i dettagli. Ad esempio se c’è stato un tradimento li si informa, non tenendo conto dell’età di essi, di tutti i particolari dell’accaduto. Oppure si utilizzano frasi e insulti contro l’altro. Ad esempio: "tuo padre/tua madre è un’egoista!" oppure "tuo padre/tua madre non si interessa di voi!" oppure si utilizzano veri e propri epiteti. Si cerca insomma una sorta di alleanza con i figli "contro" l’altro genitore, svalutando e denigrando l’altro.
In questo modo i figli vivono con ancora maggiore difficoltà il processo di separazione e si sentono lacerati da sentimenti contrastanti. Poiché non è da dimenticare che, qualsiasi siano le cause che hanno mosso la separazione (fatta eccezione per gli abusi) i figli amano incondizionatamente entrambi i genitori. Possono coltivare l’idea che continuando ad amare l’uno perderanno l’affetto dell’altro e quindi vivono "sotto ricatto". Il paradosso sta nel fatto che il genitore che desidera ingraziarsi i figli attraverso la denigrazione dell’altro e ottenerne così l’alleanza può effettivamente ottenerla (temporaneamente), specialmente se il genitore in questione vive sotto lo stesso tetto dei figli.
Questa però è solo una mera illusione. Quando infatti i figli cresceranno e svilupperanno un loro pensiero critico saranno in grado di comprendere questo "gioco" e non saranno contenti di essere stati strumentalizzati ed il risultato prevedibile sarà l’allontanamento dal genitore che denigrava l’altro. Questo è ciò che chiamo l’effetto paradosso.
Il rapporto tra genitori e figli va salvaguardato e le questioni che attengono gli adulti vanno affrontate non coinvolgendoli. Si può discutere animatamente, si può confliggere, ci si può anche insultare purché da questo vengano tenuti lontano i figli. Davanti ai figli anzi occorre sostenere l’altra figura genitoriale evitando di parlarne in malo modo. I figli hanno bisogno di sapere che hanno un padre e una madre che, anche se non vanno più d’accordo tra loro, ci sono per loro e si comportano da adulti rispettandosi a vicenda.
"L’isola di Ingrid compare in sogno ogni notte.
La circonda l’abbraccio antico del babbo e della mamma con lei nel mezzo, ciambella d’amore che salva sempre dall’acqua salata delle lacrime"
Da: "Due di tutto" di Arianna Papini
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