L’evoluzione del modello organizzativo del sistema produzione


L’evoluzione del modello organizzativo del sistema produzione: riflessioni di sociologia del lavoro
L’evoluzione del modello organizzativo del sistema produzione

Le organizzazioni, tradizionalmente, rappresentano il luogo in cui è possibile intraprendere azioni finalizzate a conseguire obiettivi complessi e soddisfare aspettative ed interessi individuali, ed è attraverso i processi organizzativi che l’azione degli individui, gruppi e classi, è premiata, incentivata o estinta.

Studiare il cambiamento nella struttura sociale significa, quindi, studiare il cambiamento nel modo delle organizzazioni intese come strutture orientate a soddisfare gli interessi parziali di una qualche “coalizione dominante” o come organismi capaci di rispondere in modo adattivo a cambiamenti e vincoli generati dall’ambiente.

Il mutamento strutturale nel sistema economico e sociale è, infatti, accompagnato dal cambiamento nella composizione demografica delle organizzazioni, oltre che dalla modificazione delle strutture e dei comportamenti di organismi preesistenti.

In tale quadro va da sè che l’innovazione tecnologica discontinua distruttiva delle precedenti competenze sia fonte, assai, importante del cambiamento delle organizzazioni. La scuola di pensiero “neo-istituzionalista” a riguardo intende la struttura organizzativa come risposta a processi e vincoli normativi. Le organizzazioni, infatti, devono seguire concezioni di “appropriatezza” socialmente definite al fine di mantenere la propria legittimità.

Innegabile è che il cambiamento della composizione delle organizzazioni sia rappresentato e dovuto anche dalle dinamiche evolutive interne dei singoli membri delle organizzazioni soprattutto in relazione al fatto che la sostituzione delle comunità organizzative avviene in funzione dei processi di sostituzione e selezione innescati dai cambiamenti tecnologici che rendono inutili le competenze delle organizzazioni esistenti, dei cambiamenti dei vincoli normativi ed istituzionali, dei processi evolutivi dipendenti dai componenti interni delle organizzazioni.

Il termine “evoluzione” nelle scienze sociali e naturali è associato al significato di cambiamento piuttosto che di perfezionamento con l’evoluzione che è un processo continuo ma che non procede sempre in una direzione chiara e definibile. Con riguardo alle teorie che si rivolgono all’evoluzione delle organizzazioni, da un lato, vi sono le teorie che sostengono che le organizzazioni sono entità connotate da “inerzia strutturale” verso il cambiamento e riescono a mutare per risposta a dinamiche ambientali e teorie che collocano all’interno delle imprese il motore del cambiamento e dell’evoluzione delle forme organizzative sottolineando la capacità di innovazione e di sviluppo dell’azione decisionale.

Le ipotesi sul modo di funzionamento dei meccanismi evolutivi che si trovano alla base di questi due filoni sono quelli per cui, da un lato, oggetto di studio sono la difficoltà di attuare il cambiamento deliberato e l’operare di forze esterne non controllabili dall’impresa e dall’altro le condizioni di funzionamento dell’impresa possono essere modificate e solo l’elaborazione di una strategia può consentire di orientare l’azioni verso nuovi modi di gestire dell’attività.

Da un altro punto di vista rilevando le differenze di concezione sulla direzione del processo evolutivo si possono, a riguardo, distinguere tra teorie che ritengono l’evoluzione un processo governato dal caso, per le quali l’analisi delle organizzazioni esistenti non consente di identificare elementi di superiorità rispetto a quelle scomparse, e teorie che identificano una qualche direzione/finalità del cambiamento con la finalizzazione che può essere intesa come migliore adattamento per cui l’evoluzione è letta come un succedersi delle varie forme organizzative.

Certo è pur vero che alcune teorie evolutive riconoscono nel cambiamento dell’organizzazione l’operare di meccanismi fondati sull’alternarsi di livelli diversi dell’evoluzione sociale ma va, comunque, sottolineato che le teorie della differenziazione presentano sempre i tratti fondamentali della differenziazione, del miglioramento delle prestazioni funzionali, della necessità di integrazione per cui è possibile, osservando la dinamica della molteplicità di forme organizzative, ritrovare dei cicli non continui assunto che la progressiva creazione ed estinzione di organizzazioni consente di identificare dei momenti di repentino mutamento delle caratteristiche delle forme organizzative con l’innovazione organizzativa che avviene quando le condizioni sociali la rendono possibile.

L’innovazione dipende, infatti, dall’insieme di relazioni sociali disponibili al momento della creazione della nuova forma organizzativa con l’organizzazione intesa come l’insieme di relazioni sociali stabili, create deliberatamente, con l’esplicita intenzione di realizzare durevolmente dei fini od obiettivi specifici. L’esperienza ed il senso più comune indicano che non è mancato il riconoscimento della necessità di cambiamento a caratterizzare i fallimenti organizzativi quanto, piuttosto, l’impossibilità di rendere tali i cambiamenti effettivi o l’impossibilità di vincere le pressioni inerziali interne ed esterne all’organizzazione.

Alcune organizzazioni non riconoscono i segnali di cambiamento ed una volta riconosciuti tali segnali, esistono forse inerziali interne ed esterne che impediscono alle organizzazioni di cambiare le proprie strutture ed i propri comportamenti in modo sufficientemente rapido. Il nesso logico tra selezione e cambiamento è l’inerzia delle strutture organizzative, le quali raramente possono essere ridisegnate con la rapidità imposta dal ritmo del cambiamento.

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di Dott. Davide Maria De Filippi

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