L’illusione organizzativa


In un mondo ad elevato livello di complessità, l'organizzazione e il controllo sono sempre più illusori. Urge ripensare le basi di un'organizzazione
L’illusione organizzativa
Chi segue le teorie che via via emergono intorno al tema dell’organizzazione può notare quanto queste siano frequenti e talvolta poco innovative. Tutte le teorie sull’organizzazione aziendale hanno qualcosa in comune: l’obiettivo di rendere più efficiente il lavoro in azienda. Tuttavia, questa continua ricerca di nuovi modelli lascia supporre che tutti quelli fino ad ora applicati abbiano sostanzialmente fallito o, per lo meno, non abbiano avuto l’impatto sperato su come l’organizzazione opera al suo interno e all’esterno.
In attesa della prossima teoria, credo che sia utile fare un ragionamento sull’idea stessa di "organizzazione". Una delle caratteristiche che differenzia i Paesi sviluppati da quelli in via di sviluppo è proprio il numero, le dimensioni e l’efficacia delle organizzazioni, siano esse pubbliche o private. È altresì evidente che queste migliorano la qualità della vita. La capacità di una comunità di organizzarsi è proporzionale al suo livello culturale e di benessere. Quindi, le organizzazioni sono in sé un aspetto positivo di una società. Ma come gestirlo?
Qualche tempo fa, leggendo il libro "L’elogio dell’imbecille" di Pino Aprile, mi colpì un passaggio in cui l’autore in sostanza sosteneva che le regole servissero all’organizzazione per evitare che gli idioti facessero troppi danni. Secondo l’autore infatti, una persona intelligente, istruita, che abbia ben chiaro l’obiettivo e sia motivata, non ha bisogno di regole, anzi.
In termini diversi esprime concetti analoghi anche Gary Hamel, professore di Harvard e autore del libro "Il futuro del management", il quale scrisse sulla Harvard Business Review (la bibbia dei manager): "volete che la vostra azienda abbia successo? Licenziate tutti i manager". E con manager qui intende persone che "gestiscono" altre persone. Perché? Perché imbrigliano, rallentano e demotivano coloro che hanno voglia di fare.
Nel libro "Drive", un altro best-seller, questa volta dedicato al tema della motivazione, Daniel Pink sostiene attraverso autorevoli studi scientifici che il modello di incentivazione attuale, basato su incentivi economici o di carriera, comune - aggiungo io - a tutti i modelli organizzativi, non solo non funziona, ma addirittura demotiva le persone deprimendone la performance.
In un mondo la cui complessità è arrivata ad un livello fino ad ora sconosciuto all’essere umano e la cui evoluzione continua ad accelerare, molte persone a capo di organizzazioni vivono l’illusione di poter tenere sotto controllo tutto quanto accada, attraverso la chiara definizione di ruoli e responsabilità e l’istituzione di processi e procedure sempre più numerosi e dettagliati. Questa ossessiva ricerca del controllo ha come effetto la depressione del rendimento delle persone e dell’organizzazione nel suo complesso. Lo dimostra il fatto che, negli ultimi anni, accanto alla continua produzione di modelli organizzativi, è cresciuto il bisogno di Leader in azienda che avessero la capacità di ispirare. Se i modelli organizzativi funzionassero non si sentirebbe questa esigenza perché sarebbe molto semplice "guidare la macchina" attivando questa o quella procedura.
Il paradosso diventa poi palese quando chi è a capo dell’organizzazione lamenta uno scarso "spirito imprenditoriale" da parte dei dipendenti, che sarebbero incapaci di prendere iniziativa o proporre innovazioni. In altre parole: le persone vengono "costrette" all’interno di regole e procedure sempre più numerose e dettagliate, ma ci si lamenta della loro scarsa autonomia. Contraddittorio, no? E lo è ancora di più se si pensa che la realtà delle organizzazioni, anche di quelle che a parole promuoverebbero lo spirito di iniziativa, è quella di vedere coloro che provano ad agire fuori dagli schemi come dei pericoli per l’organizzazione stessa.Credo che un’organizzazione moderna e attenta alla complessità debba basarsi su pochi principi forti e condivisi da tutti. Debba abbandonare "l’illusione" del controllo, a favore dello sviluppo di una libertà di pensiero e azione che faccia emergere i "veri" leader in grado di ispirare le persone verso una direzione comune. Leader capaci di creare un ambiente basato sulla fiducia e sulla condivisione, dove la responsabilità e la libertà personale siano accolte e sostenute, anche (o forse soprattutto) quando queste ingenerino un senso di disorientamento, perché è solo perdendo l’equilibrio che si riesce a muovere un passo in avanti.

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di Luca Berni

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