L'obbligo di mantenimento dei figli nell'emergenza del Coronavirus

Lo stato di emergenza sanitaria conseguente alla diffusione del Coronavirus ha reso necessaria, al fine di contenere gli effetti più nefasti della pandemia, l’emanazione, in via di urgenza, di una serie di norme che hanno sospeso o comunque ridotto la possibilità di svolgere molte attività economiche e commerciali qualificate come “non essenziali”.
Tali restrizioni - certamente temporanee ma non per questo necessariamente di breve durata - hanno avuto (e continueranno ad avere) pesanti ricadute economiche, lasciando pressoché ogni categoria di lavoratori (autonomi, subordinati, liberi professionisti e quant’altro) a fronteggiare un’improvvisa ed imprevedibile contrazione reddituale.
Fra le molteplici problematicità che questa compromessa situazione porta all’attenzione degli operatori del diritto vi è certamente quella dell’intervenuta impossibilità - per il genitore onerato del contributo al mantenimento del figlio - di adempiere (o di adempiere per intero) la propria obbligazione.
La questione è tanto di grande rilievo quanto di non facile ed immediata soluzione e richiede un’opera di bilanciamento dei vari interessi in gioco che non può prescindere dall’esame del singolo caso concreto che, di volta in volta, si presenta.
In via generale si devono comunque tenere a mente i seguenti principi.
• In primo luogo, l’obbligo parentale di mantenimento materiale della prole trova il suo fondamento proprio nella nostra carta costituzionale e, dunque, all’obbligazione che ne deriva non possono estendersi, sic et simpliciter, le norme del codice civile relative alle obbligazioni di fonte contrattuale, con particolare riferimento all’impossibilità sopravvenuta o alle cause di forza maggiore. La difficoltà, anche quando oggettiva e comprovata, del genitore che ha visto, in conseguenza della situazione contingente alla pandemia, il proprio reddito contrarsi (ed in alcuni casi azzerarsi del tutto), deve in ogni caso essere esaminata alla luce dei doveri genitoriali di cui all’art. 30 Cost. e del più ampio dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost.. Non a caso, è ormai consolidato orientamento giurisprudenziale che l’obbligo di contributo al mantenimento stabilito a carico di un genitore non venga meno in considerazione del solo fatto che al sostentamento della prole possano provvedere l’altro genitore o eventualmente anche altri soggetti terzi. Lo stato di bisogno del figlio minore è infatti sempre presunto nei confronti del genitore onerato del suo mantenimento.
• In secondo luogo ed al contempo, deve però considerarsi che l’art. 337-ter c.c. prevede che il giudice della famiglia stabilisca, ove necessario, l’obbligo di corresponsione di un assegno di mantenimento a carico del genitore sempre nel rispetto del principio di proporzionalità, ovvero in ragione dell’ammontare del suo reddito e che l’entità del contributo debba essere determinata anche tenendo conto delle “risorse economiche di entrambi i genitori”. L’onere parentale al mantenimento della prole non può dunque mai prescindere da una valutazione sia della condizione economica del genitore obbligato, sia della complessiva consistenza delle risorse economiche della famiglia (intesa come nucleo originario). Inoltre, l’art. 337-quinquies c.c. consente ai genitori di poter chiedere, in ogni tempo, la revisione delle disposizioni relative “alla misura e alla modalità del contributo”. Di conseguenza, la comprovata ed incolpevole impossibilità del genitore di far fronte alle proprie obbligazioni (nella misura determinata dal provvedimento giurisdizionale che le stabilisce) è questione che può sempre essere portata all’attenzione del giudice ed al tavolo di trattativa e dialogo con l’altro genitore.
Fermi dunque questi due principi - che devono guidare gli operatori del diritto nell’affrontare le questioni che sono loro poste sotto questo profilo - è evidente che non possono esistere soluzioni univoche e predeterminate e che tutti gli aspetti appena esaminati devono, per ciascun singolo caso concreto, essere attentamente considerati e bilanciati.
Se, infatti, la sospensione dell’assegno (o la corresponsione di un assegno di importo minore) non può essere di certo imposta - o semplicemente comunicata in via unilaterale all’altra parte - dal genitore onerato che si trovi in difficoltà, è evidente che la sua mutata (fosse anche temporaneamente) condizione reddituale dovrà essere presa in considerazione al fine di rideterminare l’obbligazione di mantenimento a suo carico.
L’accertamento (che dovrà essere rigoroso) non può che essere demandato al giudice della famiglia, al quale spetta di compiere il bilanciamento ed il contemperamento degli interessi in gioco. Ove invece si scelga di percorrere la strada della negoziazione assistita dai propri legali, la multata situazione economica dovrà essere comprovata nell’ambito di un confronto leale ed aperto con l’altro genitore e costituirà l’oggetto di un nuovo accordo che dovrà essere autorizzato dal competente Pubblico Ministero.
Il genitore interessato a richiedere la modifica della propria obbligazione di mantenimento potrà pertanto ricorrere al Tribunale competente (in via contenziosa o in via consensuale), oppure intraprendere un percorso di negoziazione assistita.
Il raggiungimento di una soluzione condivisa e, ancora prima, la scelta di una strada improntata al dialogo e al confronto fra le parti, è senza dubbio l’opzione maggiormente auspicabile perché riduce gli attriti e consente di accertare con rapidità l’effettivo mutamento, in conseguenza della congiuntura economica connessa all’emergenza sanitaria in atto, della condizione economica e reddituale del genitore onerato.
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