L'opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal giudice di pace per crediti professionali


La Cassazione a Sezioni Unite non tiene conto dei decreti ingiuntivi resi dai Giudici di Pace
L'opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal giudice di pace per crediti professionali

Con la sentenza resa a sezioni Unite in data 23/2/18, distinta dal n. 4485/2018, la Corte di Cassazione è intervenuta per risolvere i contrasti giurisprudenziali esistenti in tema di crediti professionali dell’avvocato successivamente all'entrata in vigore del D.lgs n. 150 del 2011 intitolato: “Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69”, che ha sostituito l'art. 28 ed abrogato gli artt. 29 e 30 della L. 794 del 1942, ed ha identificato la figura del procedimento di cognizione sommario “speciale” quale unica tipologia di rito applicabile nella fase di merito.

Il nuovo art. 28 della L. 794 del 1942 così dispone: “Per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti nei confronti del proprio cliente l'avvocato, dopo la decisione della causa o l'estinzione della procura, se non intende seguire il procedimento di cui agli articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile, procede ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150”.

Detta norma impone all'avvocato un rito sommario, avente talune caratteristiche tipiche della procedura di cui all'art. 702 bis c.p.c. ed altre, completamente differenti, che lo avvicinano al vecchio rito camerale ante riforma.

Nelle controversie di cui all'art. 28, rientra ogni “controversia con cui l'avvocato chiede la liquidazione delle spettanze della sua attività professionale svolta in giudizio civile o con l'espletamento di prestazioni professionali che si pongono in stretto rapporto di dipendenza con il mandato relativo alla difesa giudiziale, in modo da potersi considerare esplicazione di attività strumentale o complementare di quella propriamente processuale”.

 

Se per il periodo precedente alla riorganizzazione dei riti si è registrato un orientamento giurisprudenziale teso ad ammettere altri riti oltre a quello monitorio e camerale, ovvero l’ordinario e, dal 2009, il sommario di cognizione codicistico “puro”, giusta pronunce rese dalle SS. UU. nella sentenza n. 646 del 1968, n. 614 del 1960 e n. 152 del 1966, nella recentissima sentenza oggetto di commento, tale possibilità, è assolutamente esclusa a far data dall'introduzione del D.lgs n. 150 del 2011.

Così oggi, “…non è sostenibile che sia rimasta praticabile né la possibilità di esercitare l'azione di cui all'art. 28 citato con il sommario codicistico (n.d.r. differente da quello delineato dall'art. 14 D.lgs n. 150 del 2011) di cui all'art. 702 bis. e ss. c.p.c., né la possibilità di esercitarla con il rito ordinario di cognizione piena”.

Per giustificare tale principio le SS. UU. hanno evidenziato, in primo luogo, che l'utilizzo nell'attuale art. 28 di una forma verbale imperativa è avvenuto in un contesto di evoluzione dell'ordinamento, tendente a semplificare le forme processuali, con esclusione della osmosi fra quella speciale di cui al procedimento sommario e quella ordinaria; in secondo luogo ed in stretta correlazione, hanno evidenziato che il procedimento sommario, a differenza dell'antico procedimento camerale di cui agli artt. 737 c.p.c. e segg., presenta un corredo di norme, negli artt. 702-bis e segg. e nel D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 3 e 4, che formalizzano le regole del suo svolgimento.

Conseguentemente, nel nuovo quadro normativo, l'eventuale opposizione a d.i. emesso nelle materie di cui all'art. 28 della L. 794 del 1942 dovrà essere regolata dal rito sommario di cognizione delineato dall'art. 14 e dagli artt. 3 e 4 del D.lgs n. 150 del 2011.

“Ne discende che l'atto introduttivo del giudizio di opposizione si deve intendere regolato dall'art. 702-bis c.p.c. e così pure l'attività di costituzione dell'opposto. Peraltro, nel caso di introduzione dell'opposizione con la citazione, la congiunta applicazione del comma 1 del comma 4 del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, renderà l'errore privo di conseguenze”.

Tenuto conto del fatto che , non è esclusa la possibilità di ricorrere al Giudice di Pace per ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo di valore contenuto nei limiti di euro 5.000,00;

Considerato che, il Giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo è l’unico cui è demandata funzionalmente la competenza a decidere sulla opposizione;

Esclusa la possibilità che, dinanzi al Giudice di pace, possano essere instaurati i procedimenti con il rito sommario di cognizione, come si deve proporre l’opposizione al decreto ingiuntivo da questi reso?

 

Si registra sul punto una lacuna che impone sicuramente un ulteriore chiarimento, atteso che, o si deve escludere che in ragione del Dlgs 150/11 il Giudice di Pace sia ancora competente ad emettere decreti ingiuntivi in materia di crediti professionali degli avvocati, oppure si deve ammettere che, nonostante l’entrata in vigore del D. lgs 150/11, non risultando esplicitamente modificata la competenza dei Giudici di Pace a poter emettere decreti ingiuntivi anche per i crediti professionali degli avvocati, nei limiti della competenza, sia residuata e permanga la possibilità di opposizione a decreto ingiuntivo con il rito ordinario.

 

Tale soluzione sarebbe quella auspicabile.

Nel frattempo, il dubbio persiste.

 

Ed il dubbio è giustificato se si pensa che la Corte di legittimità, dopo aver definitivamente escluso ogni possibilità di utilizzo di riti differenti dal monitorio o dal sommario di cognizione “speciale”, ha ribaltato anche il vecchio orientamento giurisprudenziale (Cass. Sent. n. 5081 del 1986, Cass. Sent. n. 1920 e 12748 del 1993) che impediva l'applicabilità del rito camerale speciale alle controversie vertenti non solo sulla “quantificazione” sic et simpliciter ma anche sulla “sussistenza del credito del legale”, cui veniva preferito il rito ordinario affermando “Ritengono le Sezioni Unite che la scelta del legislatore, giusto il tenore del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, si debba leggere” nel senso di “prevedere il rito speciale sommario (o fin dall'introduzione del procedimento, o, nel caso di attivazione del procedimento per ingiunzione, con riferimento all'opposizione) pur nel caso in cui vi fosse stata la stessa contestazione del rapporto di clientela” così che oggi il principio di diritto esistente ha il seguente contenuto “la disciplina dell'art. 28 della Legge del 1942 e dell'art. 14 va intesa nel senso che la domanda inerente alla liquidazione cui allude la prima norma e che dice introducibile ai sensi dell'art. 14 non ha un oggetto limitato alla richiesta di liquidazione (…) al contrario, detto oggetto si deve identificare nella proposizione di una domanda di pagamento del corrispettivo della prestazione giudiziale senza quella limitazione e dunque anche in presenza di contestazione del rapporto e dell'an debeatur”.

 

E’ evidente che il conto non torna, risultando pretermessa ogni valutazione in merito alla competenza dei Giudici di pace ad emettere i decreti ingiuntivi.

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di Avv. Maria Cuomo

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