L'ultimo baluardo del licenziamento illegittimo
Con il Jobs Act per le medio/grandi imprese nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e soggettivo è prevista la sola tutela risarcitoria

Una giovane collaboratrice lavorava da anni con un contratto a tempo indeterminato in un centro estetico e di benessere, ma di ritorno dalle ferie estive, veniva licenziata per cessazione dell`attività commerciale, in realtà mai avvenuta essendo proseguita nella stessa sede operativa ma con una diversa ragione sociale. Ferma l’individuazione dell’assetto proprietario coincidente tra la precedente e la nuova società, la lavoratrice adiva l’autorità giudiziaria per il rispetto dei limiti sostanziali propri del recesso unilaterale datoriale.
Il caso in esame rientra nella fattispecie del licenziamento senza "giustificato motivo oggettivo", contrario alla normativa prevista dall’art. 3 l. n. 604/66 che lo rende possibile per i lavoratori a tempo indeterminato solo quando sussiste un’esplicita necessità aziendale, ossia quando si verificano le "ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa" che non consentono alcuna ipotesi di prosecuzione del rapporto di lavoro (non c’è la possibilità di ricollocare il collaboratore presso un altro reparto o settore diverso, anche con mansioni differenti). Tra le cause di giusto motivo oggettivo rientrano, a titolo di esempio, le ipotesi di riduzione del personale per fine lavorazione, di fallimento o liquidazione dell’azienda, di riorganizzazione aziendale per una gestione più economica, di cessazione dell’attività, nonché gli altri motivi che possono essere previsti dal ccnl di settore. Tutte le ipotesi devono concretamente sussistere, proprio per evitare un uso improprio del diritto di libertà dell’attività economica del datore, previsto dall’art. 41 della costituzione, il quale al comma 2 indirizza e coordina l’attività economica privata (ma anche pubblica) ai fini sociali, quindi a beneficio dell’intera collettività. Ad ogni modo, per tale forma di interruzione del rapporto di lavoro è necessario il rispetto del tempo di preavviso, in assenza del quale va corrisposta la relativa indennità al collaboratore licenziato seduta stante.
Differenti sono i licenziamenti individuali previsti per "giusta causa" e per "giustificato motivo soggettivo". Il primo, a norma dell’art. 2119 c.c., si sostanzia nell’ipotesi di "una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto", dunque quando si verifica un grave inadempimento degli obblighi contrattuali del collaboratore in grado di ledere il rapporto di fiducia con il datore, pertanto con il verificarsi, per dolo o colpa gravissima, di un comportamento del lavoratore, anche riguardante la sua vita extra-lavorativa, che pregiudica l’affidamento datoriale sulla sua persona, tale di per sé da consentire il licenziamento in tronco o senza preavviso (ma per i lavoratori a tempo indeterminato va comunque corrisposta un’indennità corrispondente alla retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore per il periodo di preavviso). Ad esempio, rientrano nella casistica che lo giustifica: il falso infortunio o falsa malattia del dipendente, la violazione del patto di non concorrenza (art. 2105 c.c.), la falsa badgiatura del cartellino (attestante l’inizio e la fine del servizio), l’insubordinazione (minacce rivolte ai superiori o al datore), il furto di beni aziendali, gli altri motivi previsti dal ccnl. Per "giustificato motivo soggettivo", introdotto dall’art. 3 della l. n. 604/66 come "notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del prestatore di lavoro", si intende sempre un licenziamento disciplinare che rende insanabile il regolare proseguimento del rapporto di lavoro, ma attinente ad un motivo, solo contrattuale (contratto di riferimento), meno grave di quello previsto per il licenziamento in tronco, difatti occorre rispettare sempre il tempo di preavviso stabilito dal ccnl e soprattutto la specifica procedura regolata dall’art. 7 l. n. 300/70 (Statuto dei Lavoratori), il cui difetto rende inefficace il licenziamento stesso (prima del licenziamento sono inoltre possibili le sanzioni disciplinari del rimprovero verbale, della contestazione scritta, della multa e della sospensione). Rientrano, ad esempio, i casi di reiterati ritardi sul posto di lavoro, l’assenza per malattia prolungata o il superamento del periodo del "comporto", la sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore.
Per i rapporti di lavoro instaurati prima del 7 marzo 2015, giorno in cui è entrata in vigore la nuova disciplina dei licenziamenti (riforma del lavoro del Jobs Act), in caso di contenzioso e di illegittimità del licenziamento, perché non sorretto da giustificato motivo o da giusta causa, il lavoratore di azienda fino a 15 dipendenti ha diritto, in base all’art. 8 l. n. 604/66 così come sostituito dall’art. 2 della legge 108/1990, alla c.d. tutela obbligatoria ossia alla riassunzione entro 3 giorni o il risarcimento attraverso un’indennità di importo compreso tra 2,5 e un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (a seconda del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’impresa, dell’anzianità di servizio del lavoratore, nonché del comportamento e della condizione delle parti).
Per le imprese con più di 15 dipendenti (unità produttiva con più di 15 lavoratori, o più di 5 se si tratta di imprenditore agricolo, o più di 60 dipendenti in totale) si applica, sempre con riguardo ai contratti stipulati prima del Jobs Act e per i licenziamenti senza giustificato motivo soggettivo o giusta causa, l’art. 18 l. n. 300/1970 come modificato dalla l. n. 92/2012 c.d. Fornero, che prevede il diritto per i dipendenti al reintegro nel posto di lavoro ed a un risarcimento pari alla retribuzione maturata dal giorno del licenziamento a quello dell’effettivo reintegro (in ogni caso non superiore alle 12 mensilità). In alcune ipotesi, il giudice può discrezionalmente dichiarare risolto il rapporto di lavoro e garantire al lavoratore una tutela unicamente risarcitoria, tra le 12 e le 24 mensilità. Si applica altresì il risarcimento senza reintegro con indennità tra le 12 e le 24 mensilità nel caso in cui il licenziamento avvenga per motivi economici o giustificato motivo oggettivo ("tenendo conto dell’anzianità del lavoratore, del numero dei dipendenti, della dimensione dell’attività economica e del comportamento e condizioni delle parti" nonché "delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione"), previa obbligatoria procedura conciliativa, con esclusione dell’ipotesi di manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento, dove trova applicazione il reintegro e il risarcimento con indennizzo commisurato alla retribuzione nel limite di 12 mensilità, oltre al versamento dei contributi previdenziali.
Con il Jobs Act (l. n. 183/2014 e decreto legislativo attuativo n. 23/15 sul "contratto di lavoro a tutele crescenti" in vigore dal 7 marzo 2015), per le medio/grandi imprese nel caso di licenziamento di lavoratore subordinato a tempo indeterminato per giustificato motivo oggettivo e soggettivo è prevista la sola tutela risarcitoria con un’indennità determinata in relazione all’anzianità aziendale del collaboratore e senza la procedura conciliativa obbligatoria (prevista per il motivo oggettivo). Resta la tutela reale della reintegrazione per i licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo se si dimostra in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato dal datore. Per le piccole imprese, in tutti i casi di licenziamenti viziati di motivazione, è prevista la sola tutela risarcitoria (non più alternativa alla riassunzione) determinata anch’essa sul criterio dell’anzianità di servizio.
Il caso in esame rientra nella fattispecie del licenziamento senza "giustificato motivo oggettivo", contrario alla normativa prevista dall’art. 3 l. n. 604/66 che lo rende possibile per i lavoratori a tempo indeterminato solo quando sussiste un’esplicita necessità aziendale, ossia quando si verificano le "ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa" che non consentono alcuna ipotesi di prosecuzione del rapporto di lavoro (non c’è la possibilità di ricollocare il collaboratore presso un altro reparto o settore diverso, anche con mansioni differenti). Tra le cause di giusto motivo oggettivo rientrano, a titolo di esempio, le ipotesi di riduzione del personale per fine lavorazione, di fallimento o liquidazione dell’azienda, di riorganizzazione aziendale per una gestione più economica, di cessazione dell’attività, nonché gli altri motivi che possono essere previsti dal ccnl di settore. Tutte le ipotesi devono concretamente sussistere, proprio per evitare un uso improprio del diritto di libertà dell’attività economica del datore, previsto dall’art. 41 della costituzione, il quale al comma 2 indirizza e coordina l’attività economica privata (ma anche pubblica) ai fini sociali, quindi a beneficio dell’intera collettività. Ad ogni modo, per tale forma di interruzione del rapporto di lavoro è necessario il rispetto del tempo di preavviso, in assenza del quale va corrisposta la relativa indennità al collaboratore licenziato seduta stante.
Differenti sono i licenziamenti individuali previsti per "giusta causa" e per "giustificato motivo soggettivo". Il primo, a norma dell’art. 2119 c.c., si sostanzia nell’ipotesi di "una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto", dunque quando si verifica un grave inadempimento degli obblighi contrattuali del collaboratore in grado di ledere il rapporto di fiducia con il datore, pertanto con il verificarsi, per dolo o colpa gravissima, di un comportamento del lavoratore, anche riguardante la sua vita extra-lavorativa, che pregiudica l’affidamento datoriale sulla sua persona, tale di per sé da consentire il licenziamento in tronco o senza preavviso (ma per i lavoratori a tempo indeterminato va comunque corrisposta un’indennità corrispondente alla retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore per il periodo di preavviso). Ad esempio, rientrano nella casistica che lo giustifica: il falso infortunio o falsa malattia del dipendente, la violazione del patto di non concorrenza (art. 2105 c.c.), la falsa badgiatura del cartellino (attestante l’inizio e la fine del servizio), l’insubordinazione (minacce rivolte ai superiori o al datore), il furto di beni aziendali, gli altri motivi previsti dal ccnl. Per "giustificato motivo soggettivo", introdotto dall’art. 3 della l. n. 604/66 come "notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del prestatore di lavoro", si intende sempre un licenziamento disciplinare che rende insanabile il regolare proseguimento del rapporto di lavoro, ma attinente ad un motivo, solo contrattuale (contratto di riferimento), meno grave di quello previsto per il licenziamento in tronco, difatti occorre rispettare sempre il tempo di preavviso stabilito dal ccnl e soprattutto la specifica procedura regolata dall’art. 7 l. n. 300/70 (Statuto dei Lavoratori), il cui difetto rende inefficace il licenziamento stesso (prima del licenziamento sono inoltre possibili le sanzioni disciplinari del rimprovero verbale, della contestazione scritta, della multa e della sospensione). Rientrano, ad esempio, i casi di reiterati ritardi sul posto di lavoro, l’assenza per malattia prolungata o il superamento del periodo del "comporto", la sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore.
Per i rapporti di lavoro instaurati prima del 7 marzo 2015, giorno in cui è entrata in vigore la nuova disciplina dei licenziamenti (riforma del lavoro del Jobs Act), in caso di contenzioso e di illegittimità del licenziamento, perché non sorretto da giustificato motivo o da giusta causa, il lavoratore di azienda fino a 15 dipendenti ha diritto, in base all’art. 8 l. n. 604/66 così come sostituito dall’art. 2 della legge 108/1990, alla c.d. tutela obbligatoria ossia alla riassunzione entro 3 giorni o il risarcimento attraverso un’indennità di importo compreso tra 2,5 e un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (a seconda del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’impresa, dell’anzianità di servizio del lavoratore, nonché del comportamento e della condizione delle parti).
Per le imprese con più di 15 dipendenti (unità produttiva con più di 15 lavoratori, o più di 5 se si tratta di imprenditore agricolo, o più di 60 dipendenti in totale) si applica, sempre con riguardo ai contratti stipulati prima del Jobs Act e per i licenziamenti senza giustificato motivo soggettivo o giusta causa, l’art. 18 l. n. 300/1970 come modificato dalla l. n. 92/2012 c.d. Fornero, che prevede il diritto per i dipendenti al reintegro nel posto di lavoro ed a un risarcimento pari alla retribuzione maturata dal giorno del licenziamento a quello dell’effettivo reintegro (in ogni caso non superiore alle 12 mensilità). In alcune ipotesi, il giudice può discrezionalmente dichiarare risolto il rapporto di lavoro e garantire al lavoratore una tutela unicamente risarcitoria, tra le 12 e le 24 mensilità. Si applica altresì il risarcimento senza reintegro con indennità tra le 12 e le 24 mensilità nel caso in cui il licenziamento avvenga per motivi economici o giustificato motivo oggettivo ("tenendo conto dell’anzianità del lavoratore, del numero dei dipendenti, della dimensione dell’attività economica e del comportamento e condizioni delle parti" nonché "delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione"), previa obbligatoria procedura conciliativa, con esclusione dell’ipotesi di manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento, dove trova applicazione il reintegro e il risarcimento con indennizzo commisurato alla retribuzione nel limite di 12 mensilità, oltre al versamento dei contributi previdenziali.
Con il Jobs Act (l. n. 183/2014 e decreto legislativo attuativo n. 23/15 sul "contratto di lavoro a tutele crescenti" in vigore dal 7 marzo 2015), per le medio/grandi imprese nel caso di licenziamento di lavoratore subordinato a tempo indeterminato per giustificato motivo oggettivo e soggettivo è prevista la sola tutela risarcitoria con un’indennità determinata in relazione all’anzianità aziendale del collaboratore e senza la procedura conciliativa obbligatoria (prevista per il motivo oggettivo). Resta la tutela reale della reintegrazione per i licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo se si dimostra in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato dal datore. Per le piccole imprese, in tutti i casi di licenziamenti viziati di motivazione, è prevista la sola tutela risarcitoria (non più alternativa alla riassunzione) determinata anch’essa sul criterio dell’anzianità di servizio.
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