L'usucapione
Analisi della modalità di acquisto della proprietà per usucapione
L’usucapione è il modo di acquisto della proprietà a titolo originario: in una battuta, si diventa proprietari di un bene - mobile, immobile o universalità - senza bisogno di un contratto, di un testamento e, persino, di qualsiasi forma di accordo con il proprietario del bene in questione, od addirittura in contrasto con la sua volontà.
Due sono gli elementi richiesti dagli articoli 1158 c.c e seguenti perché si possa realizzare l’usucapione: il possesso della cosa e il trascorrere di un determinato periodo di tempo.
L’acquisto del possesso dovrà essere avvenuto in via pacifica (quindi non violenta), pubblica (non clandestina), continuativa ed ininterrotta; è invece irrilevante che il possessore sia o meno in buona fede, ovvero sia o meno consapevole che il bene su cui sta esercitando il possesso è in realtà di proprietà di un altro soggetto. È inoltre necessario che il possessore sia caratterizzato da un preciso corpus e animus possidendi; si dovrà cioè comportare come se fosse il vero proprietario, ponendo in essere un serie di condotte che dimostrino, anche esternamente, la indiscussa e piena signoria sul bene, incompatibile con il possesso altrui.
A queste condotte dovrà contrapporsi l’assoluta inerzia del proprietario, il quale si dovrà disinteressare completamente alle sorti del bene, lasciando che l’usucapiente eserciti in via continuata il possesso. Si badi bene infatti che per interrompere l’usucapione e quindi rivendicare la proprietà, non basterà una diffida od una mera contestazione verbale da parte del proprietario: è necessaria invece la notifica di uno specifico atto giudiziario, volto a riprendersi il possesso del bene.
Non sarà tuttavia funzionale all’usucapione il possesso acquisito con la tolleranza e la condiscendenza del proprietario; una situazione che si verifica specialmente in ragione di rapporti di amicizia, parentela o vicinato tra il proprietario e l’utilizzatore. Per valutare se l’attività corrispondente all’esercizio della proprietà è compiuta con l’altrui tolleranza, e quindi non valga all’acquisto dell’usucapione, si dovrà considerare la durata dell’attività di possesso: se essa è prolungata, la tolleranza si presume solo quando tra le parti ci sono rapporti di parentela e non, invece, nel caso di rapporti di semplice conoscenza.
Per tale ragione recenti e diffusi orientamenti della giurisprudenza di merito escludono che possa verificarsi usucapione, ad esempio, tra genitori e figli (da ultimo Tribunale di Tivoli, sentenza n. 326 del 22/2/2017, tratta da www.lex24.it).
Per quanto concerne invece il requisito temporale, questo ultimo varia sulla base di una serie di fattori: la categoria del bene; l’esistenza o meno di un titolo idoneo, nonchè l’esistenza o meno della trascrizione. Genericamente, servono 20 anni per usucapire gli immobili e le universalità di beni mobili, mentre 10 anni sono sufficienti per i beni mobili. Tuttavia - a queste disposizioni generali - si inseriscono una serie di previsioni normative più specifiche: nel caso in cui l’usucapiente acquisti in buona fede il possesso del bene immobile da chi non ne è proprietario, ma in forza di un titolo astrattamente idoneo a trasferirne la proprietà e debitamente trascritto, basteranno 10 anni ad usucapire il bene.
Nel caso in cui l’immobile sia un fondo rustico, situato in un comune montano, saranno invece necessari ad usucapire 15 anni di possesso continuato o 10 anni nel caso in cui l’acquisto del fondo sia avvenuto in virtù di un titolo debitamente trascritto.
La proprietà dei beni mobili si acquista invece in virtù del possesso continuato per 10 anni, qualora il possesso sia stato acquistato in buona fede; occorrono invece 20 anni, qualora il possesso sia di malafede. Tuttavia, nel caso di beni mobili registrati (navi, aeromobili, autovetture ecc.), se l’usucapiente ha acquistato il possesso in buona fede da chi non ne è proprietario, ma in forza di un titolo idoneo debitamente trascritto, il tempo necessario ad usucapire si riduce a soli 3 anni.
Per la loro natura e la funzione cui assolvono, non sono usucapibili i beni demaniali e i beni che appartengono a province e comuni, salvo il caso che - come ammettono certi recenti orientamenti (Corte di Cassazione, sentenza n. 7059/2010) - tali beni non siano effettivamente destinati al servizio pubblico.
L’obiettivo sotteso a questa peculiare modalità di acquisto della proprietà è evidente: assicurare la certezza dei rapporti giuridici. Attraverso la disciplina dell’usucapione il legislatore - decidendo appunto di attribuire la proprietà a chi abbia di fatto, per un considerevole lasso temporale, esercitato poteri di dominio su di un bene - dimostra una sostanziale predilezione per chi, pur non essendo proprietario, cura per lungo tempo un certo bene, producendo benefici anche sull’intera collettività, rispetto a chi invece, nonostante sia il proprietario, trascura a lungo di servirsene e di attivarsi per contrastare l’esercizio continuato dell’altrui possesso.
Due sono gli elementi richiesti dagli articoli 1158 c.c e seguenti perché si possa realizzare l’usucapione: il possesso della cosa e il trascorrere di un determinato periodo di tempo.
L’acquisto del possesso dovrà essere avvenuto in via pacifica (quindi non violenta), pubblica (non clandestina), continuativa ed ininterrotta; è invece irrilevante che il possessore sia o meno in buona fede, ovvero sia o meno consapevole che il bene su cui sta esercitando il possesso è in realtà di proprietà di un altro soggetto. È inoltre necessario che il possessore sia caratterizzato da un preciso corpus e animus possidendi; si dovrà cioè comportare come se fosse il vero proprietario, ponendo in essere un serie di condotte che dimostrino, anche esternamente, la indiscussa e piena signoria sul bene, incompatibile con il possesso altrui.
A queste condotte dovrà contrapporsi l’assoluta inerzia del proprietario, il quale si dovrà disinteressare completamente alle sorti del bene, lasciando che l’usucapiente eserciti in via continuata il possesso. Si badi bene infatti che per interrompere l’usucapione e quindi rivendicare la proprietà, non basterà una diffida od una mera contestazione verbale da parte del proprietario: è necessaria invece la notifica di uno specifico atto giudiziario, volto a riprendersi il possesso del bene.
Non sarà tuttavia funzionale all’usucapione il possesso acquisito con la tolleranza e la condiscendenza del proprietario; una situazione che si verifica specialmente in ragione di rapporti di amicizia, parentela o vicinato tra il proprietario e l’utilizzatore. Per valutare se l’attività corrispondente all’esercizio della proprietà è compiuta con l’altrui tolleranza, e quindi non valga all’acquisto dell’usucapione, si dovrà considerare la durata dell’attività di possesso: se essa è prolungata, la tolleranza si presume solo quando tra le parti ci sono rapporti di parentela e non, invece, nel caso di rapporti di semplice conoscenza.
Per tale ragione recenti e diffusi orientamenti della giurisprudenza di merito escludono che possa verificarsi usucapione, ad esempio, tra genitori e figli (da ultimo Tribunale di Tivoli, sentenza n. 326 del 22/2/2017, tratta da www.lex24.it).
Per quanto concerne invece il requisito temporale, questo ultimo varia sulla base di una serie di fattori: la categoria del bene; l’esistenza o meno di un titolo idoneo, nonchè l’esistenza o meno della trascrizione. Genericamente, servono 20 anni per usucapire gli immobili e le universalità di beni mobili, mentre 10 anni sono sufficienti per i beni mobili. Tuttavia - a queste disposizioni generali - si inseriscono una serie di previsioni normative più specifiche: nel caso in cui l’usucapiente acquisti in buona fede il possesso del bene immobile da chi non ne è proprietario, ma in forza di un titolo astrattamente idoneo a trasferirne la proprietà e debitamente trascritto, basteranno 10 anni ad usucapire il bene.
Nel caso in cui l’immobile sia un fondo rustico, situato in un comune montano, saranno invece necessari ad usucapire 15 anni di possesso continuato o 10 anni nel caso in cui l’acquisto del fondo sia avvenuto in virtù di un titolo debitamente trascritto.
La proprietà dei beni mobili si acquista invece in virtù del possesso continuato per 10 anni, qualora il possesso sia stato acquistato in buona fede; occorrono invece 20 anni, qualora il possesso sia di malafede. Tuttavia, nel caso di beni mobili registrati (navi, aeromobili, autovetture ecc.), se l’usucapiente ha acquistato il possesso in buona fede da chi non ne è proprietario, ma in forza di un titolo idoneo debitamente trascritto, il tempo necessario ad usucapire si riduce a soli 3 anni.
Per la loro natura e la funzione cui assolvono, non sono usucapibili i beni demaniali e i beni che appartengono a province e comuni, salvo il caso che - come ammettono certi recenti orientamenti (Corte di Cassazione, sentenza n. 7059/2010) - tali beni non siano effettivamente destinati al servizio pubblico.
L’obiettivo sotteso a questa peculiare modalità di acquisto della proprietà è evidente: assicurare la certezza dei rapporti giuridici. Attraverso la disciplina dell’usucapione il legislatore - decidendo appunto di attribuire la proprietà a chi abbia di fatto, per un considerevole lasso temporale, esercitato poteri di dominio su di un bene - dimostra una sostanziale predilezione per chi, pur non essendo proprietario, cura per lungo tempo un certo bene, producendo benefici anche sull’intera collettività, rispetto a chi invece, nonostante sia il proprietario, trascura a lungo di servirsene e di attivarsi per contrastare l’esercizio continuato dell’altrui possesso.
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