L'usura sopravvenuta


L’inesistenza dell’usura sopravvenuta alla luce della sentenza a SS.UU. della Corte di Cassazione n. 24675 del 19/10/2017
L'usura sopravvenuta
A seguito della novella del 1996, si è assistito nel nostro ordinamento ad un netto inasprimento delle sanzioni previste in tema di usura, con la nota previsione dell’integrale gratuità del mutuo in caso di pattuizione di interessi usurari.
Negli ultimi anni, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo a più riprese di pronunciarsi in merito alla configurabilità dell’usura nel peculiare campo dei contratti bancari.
Da ultimo, la recentissima pronuncia delle Sezioni Unite n. 24675 ha affrontato l’ipotesi in cui il tasso pattuito dalle parti divenga usurario (per superamento delle soglie fissate trimestralmente) nel corso del rapporto, quando in fase genetica lo stesso era perfettamente lecito. Le Sezioni semplici hanno avuto nel tempo una posizione ondivaga, affermando ora la configurabilità dell’usura cd. sopravvenuta, ora negandone l’esistenza. In particolare, l’orientamento favorevole riteneva poi necessario operare una sostituzione automatica della previsione di interessi, divenuti nel frattempo usurari, con quella degli interessi da fissarsi al tasso legale, ovvero al tasso soglia (in tal senso si è espressa appena qualche mese fa Cass. Sez. I n. 9405/17).
D’altro canto, l’orientamento opposto faceva leva sulla norma di interpretazione autentica ex d.l. 394/2000 la quale, ai fini della determinazione dell’usurarietà del tasso pattuito statuisce che si debba far riferimento al momento della convenzione degli stessi tra le parti e non già al momento del loro pagamento (circostanza che ha permesso alla giurisprudenza di affermare la sussistenza dell’usura anche in tutti quei casi in cui fossero i soli interessi di mora a superare la soglia di legge, pur se gli stessi non fossero mai stati effettivamente pagati).
E’ opportuno precisare che la sent. n. 9405/17 non obliterava l’esistenza della norma di interpretazione autentica innanzi richiamata, ma riteneva corretto operare un distinguo in merito alle conseguenze civilistiche e penalistiche connesse alla pretesa di interessi divenuti usurari in corso di svolgimento del rapporto. E’, invero, un principio di basilare civiltà giuridica quello che impone di non applicare le sanzioni penali in relazione ad una fattispecie che nel suo momento genetico si configurava per la sua assoluta liceità, sfuggendo la dinamica fissazione delle soglie rilevanti ai fini dell’usura alle determinazione del singolo agente.
Tuttavia, non pareva irragionevole la scelta di operare una riduzione degli interessi pattuiti quantomeno alla misura massima pro tempore fissata.
La pronuncia qui in esame, invece, inserendosi nel solco della tesi negativa circa la configurabilità dell’usura sopravvenuta, ritiene non sussistente l’usura in tutte quelle circostanze in cui non vi sia una violazione dell’art. 644 c.p. Ne consegue che il mutuatario non potrà mai invocare in tali ipotesi la gratuità del mutuo o la sostituzione del tasso pattuito con quello legale o, almeno, con quello soglia, non dovendosi ritenere ipso iure contraria al principio di buona fede nell’esecuzione del contratto la pretesa di interessi originariamente non usurari.
Parte della dottrina e della pregressa giurisprudenza di legittimità delle Sezioni semplici avevano, invece, argomentato la sostituibilità ope legis delle clausole divenute frattanto illecite, giusta la sussistenza di un dovere solidaristico fondato sull’art. 2 Cost, che imporrebbe al creditore di non pretendere in forza di un vecchio contratto interessi in misura nettamente superiore a quelli che avrebbe pattuito se il mutuo fosse nato in un momento successivo.
La sentenza qui in commento afferma che solo in caso di presenza di particolari modalità o circostanze (peraltro non puntualizzate) si potrebbe postulare una violazione del dovere di buona fede, che comporterebbe la caducazione della previsione degli interessi ad un tasso che è divenuto oltre soglia. Diversamente, residuano al mutuatario solo gli altri strumenti di tutela normativamente previsti (quindi, nel caso di mutui bancari la possibilità di surroga, ovvero la richiesta di una rinegoziazione del tasso).
E’ innegabile come questa pronuncia, pur compiutamente argomentata sotto svariati profili, implichi una significativa compressione della posizione della parte contrattualmente debole, la cui tutela subisce un grave affievolimento.

Articolo del:


di Maria Elisa Gargiulo

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse