La cancellazione della società e i "crediti"
I crediti certi della società non “scompaiono” dopo la cancellazione della società stessa ed i medesimi possono esser rivalsi dal socio
Con la riforma del 2003 il legislatore ha statuito che, con la chiusura della liquidazione di una società, i debiti ed i crediti certi si trasferiscono in capo ai soci.
L'estinzione della società di capitali per effetto della volontaria cancellazione dal registro delle imprese dà luogo infatti ad un fenomeno di tipo successorio nei confronti dei soci, in virtù del quale: l'obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, che rispondono nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione, o illimitatamente, a seconda che fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa...
La Corte di Cassazione ha infatti affermato che: "...il fatto che sia mancata la liquidazione di quei beni o di quei diritti, il cui valore economico sarebbe stato altrimenti ripartito tra i soci, comporta che, sparita la società, s’instauri tra i soci medesimi, (...) un regime di contitolarità o di comunione indivisa, onde anche la relativa gestione seguirà il regime proprio della contitolarità o della comunione" (Cass. Civ., Sez. Un., 12 Marzo 2013, nn. 6070, 6071 e 6072).
La giurisprudenza, intervenuta sul punto, ha inoltre chiarito la portata normativa, equiparato l’ipotesi legislativamente prevista di trasferimento dei debiti a quella dei crediti in capo ai soci, statuendo che non sussiste volontà abdicativa da parte del liquidatore della società nel caso di beni o diritti certi.
In particolare, la differenziazione operata dai giudici di merito e di legittimità fonda le proprie ragioni su due ordini di considerazioni:
in caso di mere pretese la cancellazione della società manifesta volontà abdicativa volta alla tacita rinuncia alla relativa pretesa;
in caso di beni o diritti certi, si realizza un trasferimento in via successoria instaurandosi sui beni un regime di comunione indivisa tra i soci.
La giurisprudenza ha chiarito che le mere pretese vanno individuate nei diritti non individuabili con sicurezza nel patrimonio sociale ove tali beni non avrebbero neppure ragionevolmente essere iscritti nell’attivo del bilancio finale di liquidazione.
Invero nella decisione del 16.07.2010 n. 16758 la Corte di Cassazione, in riferimento ad un contratto preliminare di acquisto di un appezzamento di terreno, stipulato da due società, delle quali una era stata cancellata dal registro delle imprese, ed ad una successiva scrittura privata in cui avevano dichiarato di voler consensualmente risolvere quel contratto, veniva azionato il giudizio al fine di dichiarare la simulazione dello stesso o l’annullamento del contratto.
La decisione ha chiarito la non azionabilità, e non trasmissibilità, di mere pretese e le ha così identificate: "Non si tratta, quindi, di beni, di crediti o comunque di valori di sicura identificazione, dei quali si sarebbe potuto ipotizzare la liquidazione in favore dei soci, e la cui successiva scoperta consentirebbe perciò di dubitare che la cancellazione sia stata effettuata in presenza dei presupposti richiesti dalla legge (il che potrebbe anche, come detto, aprire la strada alla cancellazione d'ufficio da parte del giudice del registro della precedente cancellazione)."
Pertanto, gli ex-soci di una società estinta hanno legittimazione solo ove si tratti di beni, crediti o valori di sicura identificazione.
Occorre allora accertare quando il credito è da ritenersi certo oppure consista in una mera pretesa.
In particolare la giurisprudenza afferma che prova del credito è portata dalla semplice fattura non contestata (in tal senso, tra le altre Trib. Milano, 5 novembre 2012, Sez. III, n. 12054) nonché da una ricognizione di debito (in tale senso la Suprema Cassazione nella sentenza n. 8001/2015). Toccherà analizzare caso per caso quando trattasi di crediti oppure di mere pretese, considerando tuttavia, che la società cancellata è definitivamente estinta e non può più avere alcuna capacità giuridica e processuale per agire per il recupero dei crediti, pertanto, spetterà soltanto agli ex soci la legittimazione ad agire in giudizio ed a ottenere (pro quota, secondo le norme sulla comunione), il soddisfacimento dei crediti di cui era titolare la società̀ estinta.
L'estinzione della società di capitali per effetto della volontaria cancellazione dal registro delle imprese dà luogo infatti ad un fenomeno di tipo successorio nei confronti dei soci, in virtù del quale: l'obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, che rispondono nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione, o illimitatamente, a seconda che fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa...
La Corte di Cassazione ha infatti affermato che: "...il fatto che sia mancata la liquidazione di quei beni o di quei diritti, il cui valore economico sarebbe stato altrimenti ripartito tra i soci, comporta che, sparita la società, s’instauri tra i soci medesimi, (...) un regime di contitolarità o di comunione indivisa, onde anche la relativa gestione seguirà il regime proprio della contitolarità o della comunione" (Cass. Civ., Sez. Un., 12 Marzo 2013, nn. 6070, 6071 e 6072).
La giurisprudenza, intervenuta sul punto, ha inoltre chiarito la portata normativa, equiparato l’ipotesi legislativamente prevista di trasferimento dei debiti a quella dei crediti in capo ai soci, statuendo che non sussiste volontà abdicativa da parte del liquidatore della società nel caso di beni o diritti certi.
In particolare, la differenziazione operata dai giudici di merito e di legittimità fonda le proprie ragioni su due ordini di considerazioni:
in caso di mere pretese la cancellazione della società manifesta volontà abdicativa volta alla tacita rinuncia alla relativa pretesa;
in caso di beni o diritti certi, si realizza un trasferimento in via successoria instaurandosi sui beni un regime di comunione indivisa tra i soci.
La giurisprudenza ha chiarito che le mere pretese vanno individuate nei diritti non individuabili con sicurezza nel patrimonio sociale ove tali beni non avrebbero neppure ragionevolmente essere iscritti nell’attivo del bilancio finale di liquidazione.
Invero nella decisione del 16.07.2010 n. 16758 la Corte di Cassazione, in riferimento ad un contratto preliminare di acquisto di un appezzamento di terreno, stipulato da due società, delle quali una era stata cancellata dal registro delle imprese, ed ad una successiva scrittura privata in cui avevano dichiarato di voler consensualmente risolvere quel contratto, veniva azionato il giudizio al fine di dichiarare la simulazione dello stesso o l’annullamento del contratto.
La decisione ha chiarito la non azionabilità, e non trasmissibilità, di mere pretese e le ha così identificate: "Non si tratta, quindi, di beni, di crediti o comunque di valori di sicura identificazione, dei quali si sarebbe potuto ipotizzare la liquidazione in favore dei soci, e la cui successiva scoperta consentirebbe perciò di dubitare che la cancellazione sia stata effettuata in presenza dei presupposti richiesti dalla legge (il che potrebbe anche, come detto, aprire la strada alla cancellazione d'ufficio da parte del giudice del registro della precedente cancellazione)."
Pertanto, gli ex-soci di una società estinta hanno legittimazione solo ove si tratti di beni, crediti o valori di sicura identificazione.
Occorre allora accertare quando il credito è da ritenersi certo oppure consista in una mera pretesa.
In particolare la giurisprudenza afferma che prova del credito è portata dalla semplice fattura non contestata (in tal senso, tra le altre Trib. Milano, 5 novembre 2012, Sez. III, n. 12054) nonché da una ricognizione di debito (in tale senso la Suprema Cassazione nella sentenza n. 8001/2015). Toccherà analizzare caso per caso quando trattasi di crediti oppure di mere pretese, considerando tuttavia, che la società cancellata è definitivamente estinta e non può più avere alcuna capacità giuridica e processuale per agire per il recupero dei crediti, pertanto, spetterà soltanto agli ex soci la legittimazione ad agire in giudizio ed a ottenere (pro quota, secondo le norme sulla comunione), il soddisfacimento dei crediti di cui era titolare la società̀ estinta.
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