La capacita' di intendere e di volere nel testamento


Il rapporto tra scrittura e incapacità di intendere e di volere nel codice civile e nella pratica grafologica
La capacita' di intendere e di volere nel testamento

In ambito giuridico civile, la incapacità di intendere e di volere è prevista dagli artt.428 e 591 del codice civile.

L'art.428 (Atti compiuti da persona incapace di intendere e di volere) attiene l'annullamento del negozio giuridico in genere mentre l'art. 591 (Casi di incapacità) riguarda specificatamente la capacità di disporre per testamento.

Essi sono accomunati dal fatto che lo stato di incapacità di intendere e di volere deve essere dimostrato come sussistente al momento del compimento dell'atto.

Diversa è tuttavia l'entità della incapacità di intendere e di volere richiesta, poiché nel negozio giuridico può bastare anche un'incapacità relativa mentre nell'atto di ultime volontà - anche per una forma di favor testamenti – l’incapacità di intendere e di volere deve essere assoluta.

La prova dell'incapacità di intendere e di volere deve essere fornita in modo "rigoroso" e può provarsi "con ogni mezzo" (Cass.civ., sez., sent. n. 06506 del 04.11.1983) sia "de facto" (valutazione medico-psichiatrica), sia presuntivamente (juris tantum) o in maniera indiziaria.

In quest'ultima categoria si inserisce l'indagine grafologica.

Dallo stretto legame esistente fra il sistema nervoso centrale e la motricità personale, conseguono due principi fondamentali per l'argomento trattato, ovvero che la scrittura presuppone un livello mentale sufficiente per la comprensione del simbolismo grafico [1] e che, come ampiamente dimostrato dalla casistica medica, le patologie si ripercuotono e si manifestano anche nella scrittura.

La grafia estremamente ridotta ("micrografia") prodotta da un malato di Parkinson o la degenerazione grafica dovuta all'arteriosclerosi, ne sono esempi illuminanti.

Pertanto sussistendo un preciso rapporto fra il sintomo della malattia ed il sintomo grafologico, è logico dedurre che dai segni rilevabili nella grafia, è possibile individuare gli stati patologici dello scrivente.

"Lo studio di scritture alterate è appannaggio della grafo patologia" [2] il cui compito, tuttavia, non è così semplice come potrebbe sembrare perché, di norma coesistono - specie in una persona anziana - diverse patologie i cui sintomi si sommano e si influenzano reciprocamente.

Per converso, come rileva il Moretti [3] "la disintegrazione di ogni individuo è singolare, si può ripetere in altri individui ma non nello stesso modo né nella medesima maniera".

Si aggiunga inoltre il fatto che molti segni rilevabili nella scrittura, specie nei testamenti, sono anche propri dell'età matura.
Non si deve infatti dimenticare che la grafia muta con l'età e con lo stato di salute del soggetto e questa è una regola che nessuno può contestare.
Essa si evolve fino ad un massimo che, generalmente, si raggiunge al giro di boa dei 50-55 anni.
Poi immancabilmente inizia il - più o meno lento - decadimento.

Dopo i 60 anni - se si ha la fortuna di non incappare in stati patologici seri - iniziano a manifestarsi, con inarrestabile progressione, alcune tipologie grafiche senili, proprie dell'invecchiamento e dovute al fatto che, come tutti i movimenti, anche quello scrittorio, subisce gli effetti dell'invecchiamento delle cellule nervose che perdono le caratteristiche giovanili e della maturità: elasticità, agilità, riflessi e coordinazione.

La scrittura tende a rimpicciolirsi, ad appesantirsi, a slegarsi, ad esitare nell'incesso ed a rallentare.
Il ritmo grafico inizia ad incepparsi e la direzione si fa incerta.
Conseguentemente si evidenziano od appaiono ex novo, rigidità, angolosità, irregolarità nell'irrogazione pressoria, indurimenti, scosse, sconnessione e tremore.

Naturalmente non tutti i predetti caratteri devono coesistere e non è detto che l'involuzione grafica non possa tardare anche fino ad età superiori a quella sopra indicata, ma una volta che essa si presenta, non si torna indietro poiché è dovuta a fattori degenerativi e involutivi che, come tali, non ammettono un trend opposto.

Quale può essere quindi il livello di incisività della grafologia nella rilevazione della incapacità di intendere e di volere?

Mentre in alcuni casi giudiziari, la presenza negli atti di diagnosi medico-specialistiche la rende superflua, in altri essa può costituire un valido sussidio a valutazioni mediche seppur non specialistiche.
Altre volte invece la sintomatologia grafologica può costituire l'unica possibilità di dimostrazione della sussistenza della "incapacità di intendere e di volere".

Ma per potere assumere questa funzione diagnostica "vicaria", la grafologia dovrebbe potere rispondere scientificamente, dando riscontri obiettivi e chiari ad alcuni quesiti di fondo ed in particolare se la scrittura sia un fenomeno costante nel tempo e in situazioni diverse o se le c.d. "variabili di produzione" come la pressione e la velocità grafica, possano essere registrate solo "in diretta", nel momento in cui vengono eseguite, o possano essere analizzate con la stessa validità empirica, anche in un secondo tempo, dall'esame del solo elaborato grafico.

Le recenti tendenze della psicologia della scrittura fanno un punto di partenza irrinunciabile del fatto che, se dai segni grafici devono essere dedotti dati fondamentali ai fini della rilevazione della incapacità di intendere e di volere, essi devono essere rilevati in maniera univoca e da tutti accettata.

Superata questa condizione preliminare, bisogna individuare quali siano le fenomenologie grafologiche ricorrenti che poi debbano essere valutate in correlazione alle sindromi patologiche.

Bruno Vettorazzo [4], ripercorrendo la classificazione di Renato Perrella [5], elenca quelle anomalie denominandole "turbe" che, in soggetti vecchi o con danno cerebrale, possono distinguersi in "grafiche", "paragrafiche" ed "extragrafiche".

Per quanto invece attiene alla correlazione tra sintomatologia grafologica e clinica, per Bouchet [6] "il disordine grafico è sintomo di disordine mentale".

A tale proposito Bruno Vettorazzo [7] distingue ancora una volta alcune "turbe" (riguardanti ordinamento, allineamento, larghezze, forma...):
- "dell'attenzione";
- "senso-percettive";
- "mnemoniche";
- "della volontà";
- "del ragionamento".

Mentre la capacità di intendere è l'attitudine di una persona di capire il valore sociale di una sua azione, la capacità di volere è l'idoneità ad autodeterminarsi.
Tra queste due funzioni esiste un rapporto costante in cui esse condividono coscienza, controllo e consapevolezza e per tale motivo il legislatore le ha riunite in un unico concetto.

Rilevanti per l'argomento trattato in queste note, sono quelle che il Vettorazzo con encomiabile scelta chiama "turbe della volontà" e "turbe del ragionamento".

I sintomi grafologici delle "turbe della volontà": sono individuabili nell'ordinamento (una corretta ancorché sofferta disposizione delle masse grafiche è un indice di impegno), nell'allineamento (lo sforzo di normalizzazione all'approssimarsi del margine inferiore è un indice di impegno) e soprattutto nel tratto grafico.

Molti sono gli autori che, ai fini della qualificazione dell'elemento volitivo, hanno compreso e valutato l'importanza del tratto grafico, la cui marcatura - sostiene Periot [8] - indica lo "scarico dell'energia in una certa direzione" e - aggiunge Klages [1] "non si dà scarico senza volontà".

Pulver [10] precisa che "la pressione grafica è sempre manifestazione di energia, ma la sua intensità proviene dalla sfera vitale: la pressione quindi è in primo luogo una manifestazione delle forze istintuali e non della volontà cosciente".

Marchesan [11] ribadisce che la "vezione" dello scarico indica l'energia volitiva canalizzata in quella direzione. Saudek [12], nel ricordarci che "la vera pressione non è data dalla marcatura generale della grafia, ma dalla differenza di pressione tra tratti ascendenti e discendenti...", rileva che "una pressione costante richiede naturalmente una notevole forza di volontà e la sua interpretazione, quale sintomo di volontà risoluta, è fin troppo ovvia. Il problema è diverso quando ci troviamo ad analizzare una pressione non costante, cioè una pressione regolare nell'intensità ma che si manifesta solo in certe parti dello scritto".

Sulla stessa linea, il Bravo [13] "nelle componenti qualitative della forza pressoria sono da rilevare (...) la continuità e la regolarità (...). La continuità deve essere assoluta, in particolare nei percorsi discendenti che meglio canalizzano l'intensità pressoria". La regolarità va considerata nel senso della non interruzione, dal momento che le interruzioni pressorie, gli sbalzi, le sconnessioni e le anomalie della stessa pressione nel gesto grafico naturale, e non artificioso, sono indici di sofferenza.

Leibl [14] individua l'espressione grafica di una serie, ben graduata di disturbi specifici della volontà che può essere influenzabile, indecisa, lenta, instabile ed abulica.
In quest'ultimo caso, "l'assenza di volontà" (abulia) provocherebbe un tratto molle e indeciso, un tracciato lento, forme arrotondate, pressione pastosa e sbaffata.

“Turbe del ragionamento": i suoi sintomi grafici sono più evanescenti rispetto alla capacità di intendere e conseguentemente più difficili da valutare anche perché possono non avere un significato preciso, come peraltro avviene in medicina per le c.d. "sintomatologie aspecifiche".

Indubbiamente la lunghezza dello scritto da esaminare contribuisce ad una migliore individuazione di un eventuale "sintomatologia grafologica" necessaria ad esprimere un parere sulla sussistenza o meno della "incapacità di intendere e di volere".

Il testamento olografo costituisce, quindi, l'oggetto per eccellenza di questo tipo di indagine che nello specifico assume un'importanza primaria a causa della materiale impossibilità di sottoporre il "de cuius" ad una esame psichiatrico, grafologico o di qualsiasi altra natura.

Ma a differenza degli esami medici, la grafologia non può avere supporti diagnostici obiettivi e, quindi, non si deve neppure parlare di "diagnosi" ricavata dall'analisi della scrittura che resta comunque di grande utilità, soprattutto però in funzione sussidiaria e complementare alla clinica medica.

[1] C. Ferrio, Trattato di psichiatria clinica e forense, vol.2, II ed., Torino, Utet, 1970.
[2] V.Tarantino - La facoltà di intendere e di volere in perizia grafica - I settori della perizia grafica - Atti del Convegno Roma 1992.
[3] G.Moretti
[4] B.Vettorazzo - Metodologia della Perizia Grafica su Base Grafologica - Giuffrè 1998
[5] R.Perrella - La capacità di intendere e volere dell'autore di un testamento olografo in grafopatologia - Scrittura n.49. 1984
[6] A.Bouquet - La perizia dei documenti manoscritti - Pioda Imaging -Roma 2007
[7] B.Vettorazzo - Metodologia della Perizia Grafica su Base Grafologica - Giuffrè 1998
[8] M.Periot - P.Brosson - Morpho Physiologie de l'ecriture - Paris 1971
[9] L.Klages - Graphologie - Paris 1943
[10] M.Pulver - La simbologia della scrittura - Boringhieri - Torino 1983
[11] M.Marchesan - Fondamenti e leggi della psicologia della scrittura - Milano 1955
[12] R.Saudek - Psicologia della scrittura - Messaggero - Padova 1982
[13] A.Bravo - Argomenti di Grafologia Peritale - ESI Napoli 2001
[14] M.Leibl - Caratterologia grafologica - F.lli Bocca - Milano 1942

 

 

Articolo del:


di Dott. Roberto Coppola

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse