La compensazione delle spese deve essere motivata
E’ quanto ha disposto dalla Suprema Corte di Cassazione Civ. 5 con la Sentenza 31 maggio 2016, n°11217 sulle spese di giudizio compensate

La Sentenza N°11217 del 31/05/2016 pronunciata dalla Corte di Cassazione:
La pronuncia della Corte di Cassazione in commento, ad avviso di chi scrive rileva non poco poichè si colloca evidentemente nel solco dei principi normativi e giurisprudenziali sopra richiamati, avendo ritenuto i Giudici di Palazzaccio assolutamente non congrua in chiave motivazionale la sentenza che dispone la compensazione delle spese di lite (in espressa deroga al principio della soccombenza di cui all’art.15 comma 2 del D.lgs.n°546/1992) previo utilizzo della generica formula spesso utilizzata in sede di giudicato: "peculiarità della materia del contendere".
In particolare, i Giudici di legittimità nel caso di specie hanno ritenuto il capo della sentenza impugnata relativo al regolamento delle spese processuali meritevole di cassazione con conseguente rinvio alla Commissione tributaria regionale della campania che in diversa composizione provvederà in ordine alle spese processuali relative al procedimento giudiziale di cui si tratta.
Tuttavia, è comunque fatta salva la possibilità del giudice tributario di dichiarare in tutto o in parte compensate, ossia, destinate a rimanere in tutto o in parte a carico di chi le ha sostenute, le spese in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono necessariamente essere espressamente motivate in sentenza secondo quanto disposto dal più volte richiamato art.15 comma 2 del D.lgs.n°546/1992. Il dato normativo ci porta a sostenere che, in tema di liquidazione delle spese, la compensazione delle stesse costituisce chiaramente una eccezione rispetto alla regola generale della soccombenza processuale.
In altre parole, il principio generale dispone che paga chi provoca la lite e, di regola, si intende che provochi la lite chi si trova nel torto. La regola generale vuole che chi è titolare di un diritto leso non debba subire la soccombenza processuale in termini di spese processuali per ottenerne il riconoscimento in sede giurisdizionale.
- Conclusioni:
A parere di chi scrive, può dirsi condivisibile l’orientamento ultimo assunto dai Giudici di legittimità i quali nella pronuncia in commento hanno ritenuto che la Commissione tributaria regionale non abbia fatto corretta applicazione della normativa contenuta nell’art.15 comma 2 del più volte richiamato D.lgs.n°546/1992 ritenendo, il Collegio tributario giudicante sussistenti i presupposti per giustificare la compensazione delle spese processuali, pur esimendosi il giudice tributario da qualsiasi giustificazione in tal senso, in deroga espressa al precetto normativo contenuto nel richiamato art.15 comma 2 del D.lgs.n°546/1992.
In particolare, la giurisprudenza prevalente ritiene che la pronuncia avente ad oggetto la compensazione delle spese processuali è da ritenersi insindacabile in sede di legittimità, eccetto i casi in cui siano espresse ragioni palesemente illogiche tali da inficiare per la loro stessa inconsistenza o palese erroneità il processo formativo della volontà decisionale[5].
In particolare, proprio sulla questione delle spese processuali la stessa Corte di Cassazione a Sezioni Unite in concomitanza della pronuncia N°20598 del 30/07/2008[6] ha sancito la necessità che il provvedimento di compensazione delle spese processuali trovi sempre e comunque un adeguato supporto motivazionale.
[1] Cfr. Cass. 17/09/2015, n°18276
[2] Cfr. Cass.13/07/2015, n°14546.
[3] Cfr. Cass.17/09/2015, n°18276.
[4] Cfr. Cass. 13/01/2015, n°373.
[5] Cfr. Cass. 3218/2008; Cass.23719 del 21/10/13.
[6] Nella richiamata pronuncia, le Sezioni Unite civili hanno affermato che «Il potere del giudice di pronunciare la compensazione fra le parti dell'onere circa il sostenimento delle spese del giudizio non è arbitrario, discrezionale o svincolato dalla correlativa disposizione che impone in conformità ai canoni del giusto processo ed effettività del diritto di difesa di gravare il soccombente del costo economico della lite. Conseguentemente, laddove il giudice ritenga di derogare a tale principio devono essere manifestate in modo intellegibile le ragioni che conducono a detta conclusione desumibili anche dalle statuizioni contenute nella motivazione della decisione. Ragioni che possono essere costituite da oscillazioni giurisprudenziali sul thema decidendum, oggettive difficoltà di accertamento dei fatti dedotti in causa, ovvero palese sproporzione fra l'interesse realizzato dalla parte vittoriosa ed il costo delle attività processuali richieste.».
La pronuncia della Corte di Cassazione in commento, ad avviso di chi scrive rileva non poco poichè si colloca evidentemente nel solco dei principi normativi e giurisprudenziali sopra richiamati, avendo ritenuto i Giudici di Palazzaccio assolutamente non congrua in chiave motivazionale la sentenza che dispone la compensazione delle spese di lite (in espressa deroga al principio della soccombenza di cui all’art.15 comma 2 del D.lgs.n°546/1992) previo utilizzo della generica formula spesso utilizzata in sede di giudicato: "peculiarità della materia del contendere".
In particolare, i Giudici di legittimità nel caso di specie hanno ritenuto il capo della sentenza impugnata relativo al regolamento delle spese processuali meritevole di cassazione con conseguente rinvio alla Commissione tributaria regionale della campania che in diversa composizione provvederà in ordine alle spese processuali relative al procedimento giudiziale di cui si tratta.
Tuttavia, è comunque fatta salva la possibilità del giudice tributario di dichiarare in tutto o in parte compensate, ossia, destinate a rimanere in tutto o in parte a carico di chi le ha sostenute, le spese in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono necessariamente essere espressamente motivate in sentenza secondo quanto disposto dal più volte richiamato art.15 comma 2 del D.lgs.n°546/1992. Il dato normativo ci porta a sostenere che, in tema di liquidazione delle spese, la compensazione delle stesse costituisce chiaramente una eccezione rispetto alla regola generale della soccombenza processuale.
In altre parole, il principio generale dispone che paga chi provoca la lite e, di regola, si intende che provochi la lite chi si trova nel torto. La regola generale vuole che chi è titolare di un diritto leso non debba subire la soccombenza processuale in termini di spese processuali per ottenerne il riconoscimento in sede giurisdizionale.
- Conclusioni:
A parere di chi scrive, può dirsi condivisibile l’orientamento ultimo assunto dai Giudici di legittimità i quali nella pronuncia in commento hanno ritenuto che la Commissione tributaria regionale non abbia fatto corretta applicazione della normativa contenuta nell’art.15 comma 2 del più volte richiamato D.lgs.n°546/1992 ritenendo, il Collegio tributario giudicante sussistenti i presupposti per giustificare la compensazione delle spese processuali, pur esimendosi il giudice tributario da qualsiasi giustificazione in tal senso, in deroga espressa al precetto normativo contenuto nel richiamato art.15 comma 2 del D.lgs.n°546/1992.
In particolare, la giurisprudenza prevalente ritiene che la pronuncia avente ad oggetto la compensazione delle spese processuali è da ritenersi insindacabile in sede di legittimità, eccetto i casi in cui siano espresse ragioni palesemente illogiche tali da inficiare per la loro stessa inconsistenza o palese erroneità il processo formativo della volontà decisionale[5].
In particolare, proprio sulla questione delle spese processuali la stessa Corte di Cassazione a Sezioni Unite in concomitanza della pronuncia N°20598 del 30/07/2008[6] ha sancito la necessità che il provvedimento di compensazione delle spese processuali trovi sempre e comunque un adeguato supporto motivazionale.
[1] Cfr. Cass. 17/09/2015, n°18276
[2] Cfr. Cass.13/07/2015, n°14546.
[3] Cfr. Cass.17/09/2015, n°18276.
[4] Cfr. Cass. 13/01/2015, n°373.
[5] Cfr. Cass. 3218/2008; Cass.23719 del 21/10/13.
[6] Nella richiamata pronuncia, le Sezioni Unite civili hanno affermato che «Il potere del giudice di pronunciare la compensazione fra le parti dell'onere circa il sostenimento delle spese del giudizio non è arbitrario, discrezionale o svincolato dalla correlativa disposizione che impone in conformità ai canoni del giusto processo ed effettività del diritto di difesa di gravare il soccombente del costo economico della lite. Conseguentemente, laddove il giudice ritenga di derogare a tale principio devono essere manifestate in modo intellegibile le ragioni che conducono a detta conclusione desumibili anche dalle statuizioni contenute nella motivazione della decisione. Ragioni che possono essere costituite da oscillazioni giurisprudenziali sul thema decidendum, oggettive difficoltà di accertamento dei fatti dedotti in causa, ovvero palese sproporzione fra l'interesse realizzato dalla parte vittoriosa ed il costo delle attività processuali richieste.».
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