La condanna alle spese nella fase cautelare nel giudizio di opposizione

Con la decisione sull’istanza di sospensione, il Giudice provvede sulle spese del procedimento cautelare.
In questa fase, il concetto di parte soccombente assume, però, caratteri particolari proprio perché il giudizio non attiene al merito (il terzo ha offerto solo un fumus del diritto di proprietà) e, nonostante la sussistenza di gravi motivi, la situazione è, per così dire, allo stato fluido.
In considerazione di tali particolarità l’accoglimento dell’istanza di sospensione non permette di qualificare il creditore procedente, tout court, parte soccombente per il solo fatto che ha resistito all’istanza di sospensione evidenziando al Giudice fatti e circostanze attinenti al fumus boni iuris: la assoluta discrezionalità che il legislatore ha lasciato al Giudice nella decisione sulla sospensiva e nella valutazione dei gravi motivi conduce a ritenere che altrettanta discrezionalità sia stata lasciata al Giudice sulla liquidazione delle spese (sia in punto an sia in punto quantum).
Ciò è confermato dal fatto che non sembra possibile applicare l’art. 91 c.p.c. non solo perché riferito alla liquidazione delle spese con sentenza (mentre la decisione sull’istanza di sospensione viene pronunciata con ordinanza), ma soprattutto perché la suddetta norma richiede che il provvedimento del Giudice sia tale da chiudere il giudizio davanti a lui, mentre la fase cautelare non chiude il processo che proseguirà con il giudizio di merito per l’accertamento del diritto di proprietà reclamato dal terzo.
Vi è poi un’ulteriore ragione per escludere l’applicazione dell’art. 91 c.p.c. che prevede la condanna della parte soccombente ad eccezione di quelle specifiche ipotesi ivi previste.
Dobbiamo, infatti, ricordare che il creditore agisce normalmente in forza di un titolo definitivo per un credito certo, liquido ed esigibile, mentre il debitore, nonostante le formali notifiche, i precetti e, solitamente, gli ulteriori solleciti stragiudiziali non ha provveduto al pagamento.
Così pure dobbiamo ricordare che il pignoramento, seppure richiesto legittimamente dal creditore, è stato di fatto eseguito dall’Ufficiale giudiziario seguendo le precise disposizioni dettate dal legislatore (art. 513 c.p.c. e segg.): i beni pignorati sono, pertanto, quelli rinvenuti dal Pubblico Ufficiale nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti, beni che devono presumersi proprio per la loro ubicazione di proprietà del debitore.
Tutte le circostanze sopra descritte dimostrano che non può essere addebitata al creditore alcuna responsabilità per avere l’Ufficiale giudiziario sottoposto a pignoramento beni mobili o cose che potrebbero, in seguito, risultare di proprietà di terzi.
E allora se non vi è alcuna responsabilità da parte del creditore, che normalmente non assiste neppure alle attività di ricerca delle cose da pignorare e che, comunque, non ha elementi per poter dubitare della proprietà dei beni pignorati, non si può neppure disporre la condanna di esso creditore al pagamento di spese che, comunque, si sono rese necessarie per effetto del comportamento del debitore.
Pare, quindi, equo e in ogni caso conforme alle norme di diritto limitare il più possibile la condanna del creditore procedente – che si è opposto alla sospensiva richiesta dal terzo - esclusivamente a quelle ipotesi nelle quali vi sia un comportamento doloso o quanto meno gravemente colposo finalizzato al recupero del credito in contrasto con norme sostanziali e processuali.
Ma, in assenza di siffatto comportamento, il provvedimento di sospensione dell’esecuzione, anche se fondato sul fumus boni iuris del diritto di proprietà del terzo (che è sempre comunque soltanto un fumus destituito di una vera e propria prova in senso processuale) dovrebbe condurre ad una compensazione delle spese di lite.
Insomma, pare illegittima, oltre che ingiusta, la condanna tout court del creditore alle spese della sospensiva in quanto andrebbe a limitare il diritto di difesa, impedendo id evidenziare al Giudice circostanze di fatto e di diritto rilevanti anche se non decisive per respingere l’istanza di sospensione.
Ovviamente rimane salva la facoltà del Giudice di merito di disporre diversamente con la sentenza sulla base di accertamenti non solo sommari, ma completi sia in ordine al diritto di proprietà reclamato dal terzo, sia in ordine al comportamento tenuto dalle parti nel giudizio di opposizione.
Così almeno riteniamo in base alla legge, ma anche in base a quel principio di equità che costituisce il fondamento stesso della legge.
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