La cura interdisciplinare della balbuzie
Rieducazione del linguaggio e psicoterapia. Induzione ipnotica: linguaggio, respirazione e stato modificato di coscienza

E’ una psicoterapia, ma condizionata nel suo essere, dall’esigenza linguistico-fonetica. In questa visione terapeutica, non c’è un elemento dominante: tutto è supporto rispetto al resto. E’ una visione circolare e di movimento, scrivevo nel precedente articolo sulla cura della balbuzie. E strumento importante, nella cura della balbuzie, è la psicoterapia ipnotica. Suo riferimento teorico è il pensiero di Milton Erickson, tuttora in fase di rielaborazione anche per le diversità culturali Europa/USA. Teorizza lo stato modificato di coscienza come momento terapeutico in cui l’emisfero destro del cervello, creativo, emozionale, prevale sul sinistro, addetto al razionale.
Suo scopo è il cambiamento interiore, capace di "rompere il copione" del paziente: modi nuovi di pensare che lo affranchino da proprie stereotipie, da propri meccanismi di difesa, e lo portino a pensare il linguaggio, la comunicazione, in termini creativi e non più di pericolosità, minaccia, ansia, timore. Si raggiunge lo stato modificato di coscienza tramite l’induzione ipnotica: la sua mèta non è tanto lo stato di trance, quanto la ricerca interiore. Il terapeuta, con l’uso di metafore e favorendo un rilassamento fisico, vuole generare nella persona una spolarizzazione (in questo caso, rispetto al tema balbuzie) a favore di nuovi modi di pensarsi e di pensare, verso attitudini a nuove capacità dialogiche interne. È movimento interiore. Contro la fissità e la staticità, quale, per il balbuziente, la percezione stereotipata e pregiudizievole del proprio linguaggio. Teoricamente è pensabile che una psicoterapia ipnotica abbia grosse risonanze sulla balbuzie, in forza della sua etiologia psicologica: che l’induzione, cioè, riesca a sottrarre il paziente a quell’autosuggestione che lo trascina dentro alla balbuzie. Ma la mia pratica e ricerca terapeutica mi orientano di più verso la visione interdisciplinare. L’assuefazione al sintomo ha il potere di legare la persona al sintomo stesso, che finisce, così, col dominare il soggetto. Anche quando questi non balbetta, il suo eloquio presenta tachilalie, errori respiratori, disarmonie. La rieducazione del linguaggio, o presa in carico del sintomo, è necessaria: un utensile per aprire le porte della comunicazione, supportato dalla elaborazione (psicoterapia) di due problemi di fondo della balbuzie: il rapporto del soggetto con sé stesso (quindi con gli altri), e il rapporto con la comunicazione.
La balbuzie si disvelerà, allora, quale falso problema, problema "inventato", su cui il soggetto deposita ansie e difficoltà, ma anche emozioni ed energie (valorizzazione del sintomo). E ognuna delle due discipline (psicoterapia e rieducazione del linguaggio) fornisce strumenti specifici, il cui uso, a sua volta interdisciplinare, è anche a loro trasversale: 1. la respirazione, elemento principe del linguaggio parlato, e 2. la comunicazione, il dialogo, l’ascolto, che, nella psicoterapia della balbuzie, assurgono a ruoli centrali, toccando i "piani nobili" della persona, e così uscendo dalle "cantine" in cui sono stati, spesso, relegati. Il ruolo della respirazione merita, qui, un discorso più specifico. Durante l’induzione, il paziente è su una poltrona in posizione quasi orizzontale. Gli viene chiesto di agire intenzionalmente sul proprio corpo, per rilassarlo. E la prima funzione su cui agire è la respirazione: lieve, dolce, impercettibile all’uditio. Si passerà, poi, guidati dal terapeuta, a percepire le altre parti del corpo in un intenzionale percorso di distensione. La persona impara a trovare nella respirazione in particolare, ma anche nel corpo, miniere intere di nuovi modi di rapportarsi alla propria fisicità. E scoprirà: 1. il rapporto costruttivo (bildung) respirazione/corpo, 2. come un buon eloquio possa svolgersi grazie alla consapevole respirazione, di importanza basilare nella cura della balbuzie. Il terapeuta dedicherà al proprio paziente, consapevole e attivamente partecipante, parole e narrazioni in quel momento funzionali allo stato modificato di coscienza. Che si creerà grazie anche a una respirazione ormai stabilizzata su ritmi di levità e leggerezza. Aiutata anche dalla sua mente, disposta all’ascolto del terapeuta, ma soprattutto all’ascolto delle proprie sensazioni, emozioni, pensieri. Con i più piccoli, molto stimolante, utile e creativo è il racconto inventato, a due voci (bambino e terapeuta ne sono gli autori estemporanei). L’ascolto della relativa registrazione è un momento importante di consapevolezza e conoscenza del proprio parlato. L’induzione è quindi importante supporto terapeutico per questa visione interdisciplinare della cura della balbuzie. La quale così si organizza: rieducazione del linguaggio, in rapporto interdisciplinare con la psicoterapia, di cui fa parte integrante. La balbuzie è un sintomo, di cui il terapeuta deve occuparsi attivamente (durante l’induzione), anche rispetto al modo - pregiudizievole - con cui il balbuziente pensa il proprio linguaggio parlato, prima ancora di usarlo. Nel prossimo articolo, presenterò un caso: per rendere più concrete queste parole.
Suo scopo è il cambiamento interiore, capace di "rompere il copione" del paziente: modi nuovi di pensare che lo affranchino da proprie stereotipie, da propri meccanismi di difesa, e lo portino a pensare il linguaggio, la comunicazione, in termini creativi e non più di pericolosità, minaccia, ansia, timore. Si raggiunge lo stato modificato di coscienza tramite l’induzione ipnotica: la sua mèta non è tanto lo stato di trance, quanto la ricerca interiore. Il terapeuta, con l’uso di metafore e favorendo un rilassamento fisico, vuole generare nella persona una spolarizzazione (in questo caso, rispetto al tema balbuzie) a favore di nuovi modi di pensarsi e di pensare, verso attitudini a nuove capacità dialogiche interne. È movimento interiore. Contro la fissità e la staticità, quale, per il balbuziente, la percezione stereotipata e pregiudizievole del proprio linguaggio. Teoricamente è pensabile che una psicoterapia ipnotica abbia grosse risonanze sulla balbuzie, in forza della sua etiologia psicologica: che l’induzione, cioè, riesca a sottrarre il paziente a quell’autosuggestione che lo trascina dentro alla balbuzie. Ma la mia pratica e ricerca terapeutica mi orientano di più verso la visione interdisciplinare. L’assuefazione al sintomo ha il potere di legare la persona al sintomo stesso, che finisce, così, col dominare il soggetto. Anche quando questi non balbetta, il suo eloquio presenta tachilalie, errori respiratori, disarmonie. La rieducazione del linguaggio, o presa in carico del sintomo, è necessaria: un utensile per aprire le porte della comunicazione, supportato dalla elaborazione (psicoterapia) di due problemi di fondo della balbuzie: il rapporto del soggetto con sé stesso (quindi con gli altri), e il rapporto con la comunicazione.
La balbuzie si disvelerà, allora, quale falso problema, problema "inventato", su cui il soggetto deposita ansie e difficoltà, ma anche emozioni ed energie (valorizzazione del sintomo). E ognuna delle due discipline (psicoterapia e rieducazione del linguaggio) fornisce strumenti specifici, il cui uso, a sua volta interdisciplinare, è anche a loro trasversale: 1. la respirazione, elemento principe del linguaggio parlato, e 2. la comunicazione, il dialogo, l’ascolto, che, nella psicoterapia della balbuzie, assurgono a ruoli centrali, toccando i "piani nobili" della persona, e così uscendo dalle "cantine" in cui sono stati, spesso, relegati. Il ruolo della respirazione merita, qui, un discorso più specifico. Durante l’induzione, il paziente è su una poltrona in posizione quasi orizzontale. Gli viene chiesto di agire intenzionalmente sul proprio corpo, per rilassarlo. E la prima funzione su cui agire è la respirazione: lieve, dolce, impercettibile all’uditio. Si passerà, poi, guidati dal terapeuta, a percepire le altre parti del corpo in un intenzionale percorso di distensione. La persona impara a trovare nella respirazione in particolare, ma anche nel corpo, miniere intere di nuovi modi di rapportarsi alla propria fisicità. E scoprirà: 1. il rapporto costruttivo (bildung) respirazione/corpo, 2. come un buon eloquio possa svolgersi grazie alla consapevole respirazione, di importanza basilare nella cura della balbuzie. Il terapeuta dedicherà al proprio paziente, consapevole e attivamente partecipante, parole e narrazioni in quel momento funzionali allo stato modificato di coscienza. Che si creerà grazie anche a una respirazione ormai stabilizzata su ritmi di levità e leggerezza. Aiutata anche dalla sua mente, disposta all’ascolto del terapeuta, ma soprattutto all’ascolto delle proprie sensazioni, emozioni, pensieri. Con i più piccoli, molto stimolante, utile e creativo è il racconto inventato, a due voci (bambino e terapeuta ne sono gli autori estemporanei). L’ascolto della relativa registrazione è un momento importante di consapevolezza e conoscenza del proprio parlato. L’induzione è quindi importante supporto terapeutico per questa visione interdisciplinare della cura della balbuzie. La quale così si organizza: rieducazione del linguaggio, in rapporto interdisciplinare con la psicoterapia, di cui fa parte integrante. La balbuzie è un sintomo, di cui il terapeuta deve occuparsi attivamente (durante l’induzione), anche rispetto al modo - pregiudizievole - con cui il balbuziente pensa il proprio linguaggio parlato, prima ancora di usarlo. Nel prossimo articolo, presenterò un caso: per rendere più concrete queste parole.
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