La dichiarazione di conformità catastale (seconda parte)


La dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie
La dichiarazione di conformità catastale (seconda parte)
Il fatto che l’unità immobiliare sia stata accatastata è condizione necessaria ma non sufficiente per la conformità catastale.
Stabilire se la dichiarazione di conformità ai dati catastali ed alla planimetria possa essere resa o meno comporta una valutazione in merito ad aspetti di cui chi rende la dichiarazione stessa deve avere piena consapevolezza, e va ben oltre l’ indicazione degli identificativi catastali (sezione, foglio, numero di mappale (particella) ed eventuale subalterno) già in precedenza obbligatoria.

Ove la dichiarazione non possa essere resa, occorre presentare denuncia di variazione per la unità immobiliare (o all’accatastamento ove non sia mai stata nemmeno iscritta in catasto fabbricati) che aggiorni le risultanze catastali.

La norma ha mera finalità fiscale: ai fini della dichiarazione hanno rilevanza tutti gli aspetti che incidono sulla rendita catastale, che vanno valutati "sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale".
Con riferimento ai dati catastali delle unità immobiliari a destinazione ordinaria, la dichiarazione attesta la conformità (che quanto in atti risultante dalla visura catastale sia ancora valido e non debba essere oggetto di aggiornamento) di:
- categoria (identifica sostanzialmente la destinazione d’uso: es A/2 - Abitazioni di tipo civile , C/1 - Negozi e botteghe)
- classe ( identifica il grado di produttività delle unità immobiliari)
- consistenza ( numero dei vani e/o la superficie e/o la cubatura a seconda della categoria)
- rendita catastale (per le unità immobiliari a destinazione ordinaria, dipende dai tre dati precedenti: classe, categoria e consistenza)
- eventuale zona censuaria (determina la tariffa d’estimo da applicare)
ma anche di elementi cosiddetti informativi, come il piano, che possono incidere sulla redditività dell’immobile.
(v. in proposito sentenza Corte di Cassazione n° 11507 del 3 giugno 2016, e Circolari n. 2/2010 e n. 3/2010 emanate dall’ Agenzia del Territorio, ora incorporata nell’Agenzia delle Entrate).

Occorre precisare che la denuncia di variazione catastale è obbligatoria nel caso una qualsivoglia variazione incida sullo stato, la consistenza l’attribuzione di categoria o classe della unità immobiliare.
Mentre in molti casi la sussistenza di tale obbligo è facilmente ravvisabile, come nel caso di rilevanti modifiche planimetriche delle unità immobiliari (modifica del loro perimetro e/o della distribuzione interna ad esempio conseguenza di importanti lavori di ristrutturazione), in altri la valutazione è più complessa.

Caso frequente è quello di abitazioni oggetto di interventi edilizi "minori" ma che nel loro complesso abbiano portato ad una variazione delle caratteristiche dell’immobile.
Sono infatti influenti su classamento e rendita catastale (v. circolare 1/2006 Agenzia del Territorio)
"d) le variazioni interne alle unità immobiliari, con ridistribuzione e modificazione del numero dei vani principali e/o accessori;
e) le variazioni di destinazione d’uso delle unità immobiliari;
f) gli interventi di riqualificazione delle unità immobiliari, comportanti la realizzazione o l’integrazione di servizi igienici;
g) altri interventi significativi di riqualificazione delle unità immobiliari (installazione o integrazione degli impianti, miglioramento delle finiture, ecc...)."
ma anche con riferimento al fabbricato nel suo complesso
"c).. degli interventi di riqualificazione sulle parti comuni, sugli impianti tecnologici, ecc...."
mentre non lo sono
"c) gli interventi edilizi di restauro e risanamento conservativo;"
però non facilmente distinguibili da quelli precedentemente citati ( la circolare stessa afferma
"In considerazione della difficoltà connesse alla corretta qualificazione dell’intervento, appare comunque consigliabile una specifica valutazione da parte di un tecnico professionista ovvero degli uffici competenti.")

Con riferimento alla planimetria (che deve rappresentare anche le pertinenze esclusive, come aree a cortile, lastrici solari..), possono riscontrarsi difformità rispetto allo stato di fatto, per inesattezze nella rappresentazione grafica o avvenuta esecuzione di interventi edilizi minori, che possono o meno essere rilevanti ai fini della determinazione della rendita catastale e quindi della dichiarazione di conformità catastale.

In merito all’ obbligo di presentare denuncia di variazione, la circolare 1/2006, afferma: "le difficoltà di procedere ad una rappresentazione completa ed esaustiva della casistica in astratto ipotizzabile, nonché, soprattutto, di valutare le fattispecie sopra richiamate, con la determinazione direttoriale 16 febbraio 2005 è stato individuato, quale indicatore sintetico e parametro di riferimento, una soglia incrementale del valore (e quindi anche della redditività) dell’unità immobiliare, eventualmente derivante dall’intervenuta variazione, in misura non inferiore al 15%: soglia - com’è noto - corrispondente alla variazione di una classe catastale.")
In sintesi cioè la verifica di tale obbligo (e quindi della possibilità di rendere la dichiarazione di conformità catastale ) non si presta ad una mera "tabellazione" dei vari casi:
il criterio deve essere quello di appurare se gli interventi abbiano comportato una modifica del valore e quindi della rendita catastale che ne esprime la redditività.

Considerato come non sempre le parti siano in grado di orientarsi nella valutazione dei casi concreti e sia necessario quantomeno il supporto di un tecnico, il legislatore ha introdotto nelle legge di conversione anche la possibilità di sostituire la dichiarazione con un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale.

Articolo del:


di Ing. Antonio Tentori

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