La diligenza del prestatore di lavoro


In questo primo articolo si tratterà della diligenza del prestatore di lavoro. Seguirà "II dovere di fedeltà del prestatore di lavoro"
La diligenza del prestatore di lavoro
Nel rapporto di lavoro subordinato la regola della diligenza del prestatore di lavoro è posta a cardine essenziale dell’esistenza del contratto stesso. La fonte normativa comune che regola la diligenza del lavoratore è contenuta nell’art. 2104 del Codice Civile, specificatamente nel comma 1.
La diligenza nel rapporto di lavoro subordinato è un parametro per valutare l’esatta esecuzione della prestazione resa dal dipendente.
Nella dottrina e giurisprudenza il lavoratore oltre alla diligenza deve associare gli obblighi di fedeltà e di obbedienza. Al pari, il datore di lavoro ha il potere direttivo che si concretizza con l’onere dell’imprenditore ad organizzare l’impresa, in tale ambito deve provvedere ad adottare le regole concrete alle quali il lavatore deve uniformarsi per adempiere all’obbligazione assunta. Al datore di lavoro spettano anche altri poteri quale quello disciplinare e quello di controllo.
Resta inteso che i poteri dell’imprenditore non sono a contenuto illimitato. Essi trovano regolamentazione nel Codice Civile (es.: art. 2016, ecc.) e nella contrattazione collettiva (es.: CCNL, ecc.).
L’art. 1176, Codice Civile, prescrive al debitore di usare la diligenza del buon padre di famiglia nell’adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti del proprio creditore. La considerazione immediata è quella di circoscrivere "la diligenza del buon padre di famiglia" al comune modo di percepire i valori essenziali della società umana del tempo in cui si vive. Da ciò si ricava che il concetto generale della diligenza non può essere contenuta in una regola matematica valevole ogni tempo e in tutte le società: esso è da considerarsi un concetto "elastico", di provenienza dal diritto romano.
Più precisamente è rinvenibile nella Relazione al codice civile del 1942, al n. 559, la nozione oggettiva, elastica ed astratta di diligenza nel diritto comune dei contratti, quale misura del comportamento che debitore deve avere nell’esecuzione delle prestazioni dovute e: "... riassume in sé quel complesso di cure e di cautele che ogni debitore deve normalmente impiegare nel soddisfare la propria obbligazione, avuto riguardo alla natura del particolare rapporto ed a tutte le circostanze di fatto che concorrono a determinarlo...".
Nel secondo comma dell’art. 1176 viene trattata la diligenza nelle "...obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale" e tale stessa diligenza "...deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata".
Dall’esame dell’art. 2104 del Codice Civile si comprende che il prestatore, considerato quale debitore del proprio datore di lavoro, non può essere ritenuto diligente se si comporta solo come buon padre di famiglia, egli deve adempiere a regola d’arte, tenendo conto della causa del contratto stipulato.
Senza ombra di dubbio l’adempimento a regola d’arte presuppone la predeterminazione degli ambiti di azione della prestazione del lavoratore. In tal senso l’art. 2104 costituisce la premessa programmatica del contenuto della prestazione del lavoratore che nell’esecuzione e adempimento è caratterizzata dalle previsioni contrattuali di primo e secondo livello, rispetto alle mansioni dedotte in contratto.
Da ciò si ricava che l’art. 2014 del Cod. Civ., stabilisce che la misura della diligenza del prestatore deve tener conto di: 1) la natura della prestazione dovuta; 2) l’interesse dell’impresa; 3) l’interesse superiore della produzione nazionale.
Per cui la diligenza, in base alla natura della prestazione dovuta, deve essere rapportata alla qualità del lavoro fornito, il quale deve essere equivalente alle mansioni della qualifica contrattualmente previste per il lavoratore. Infatti, il datore di lavoro può pretendere dal lavoratore l’esecuzione a regola d’arte delle mansioni previste dalla qualifica contrattualmente stabilite.
La diligenza, dunque, è caratterizzata dalle mansioni e dalla qualifica.
Tuttavia la diligenza richiesta al lavoratore può cambiare in caso di innovazioni tecnologiche apportate dal datore di lavoro alla produzione e, più in generale, all’organizzazione del lavoro nell’azienda.
La diligenza specifica del lavoratore si esterna soprattutto in professionalità posseduta ed acquisita nel corso del tempo, che deve rimanere adeguata al mutare dell’organizzazione del lavoro quale conseguenza diretta dell’azione dell’imprenditore per motivi economici e/o per implementazione tecnologica.

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di Avv. Quirino Ciccocioppo

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