La Disputa Italia-Malta sulle zone SAR


La normativa sul soccorso in mare ha criteri non coordinati e la zona di competenza di Malta è troppo ampia
La Disputa Italia-Malta sulle zone SAR
Le norme del diritto internazionale, oltre a stabilire doveri a carico di navigli privati in ordine al soccorso in mare, anche pongono obblighi a carico degli Stati rivieraschi.
In particolare la Convenzione sul Diritto del Mare obbliga gli Stati, che si affacciano sul mare, a costituire un servizio di soccorso permanente ed efficace anche collaborando con gli Stati vicini (Conv. Art. 98, par. 2).
La Convenzione di Amburgo sulla ricerca ed il salvataggio (SAR) ha creato per ciascuno Stato una zona specifica di competenza e di responsabilità. Tuttavia la forte pressione migratoria ha alimentato un dissenso crescente nel Mediterraneo con particolare riguardo ai rapporti fra l’Italia e Malta.
Il dissenso deriva, almeno dal punto di vista prettamente legale, dal fatto che la SAR è, nell’articolo 98 citato, abbastanza vaga e rimette ad accordi tra le parti le stesse zone di delimitazione.
Nel caso specifico di Italia e Malta le zone in alcuni tratti di mare si sovrappongono. Inoltre Malta ha "ereditato" dalla Gran Bretagna la Flight Information Area (FIR), subentrando ad essa, dopo la cessazione del suo status di possedimento britannico, nella posizione di aderente alla Convenzione di Chicago del 1944 "on international civil aviation".
La FIR è, secondo la definizione dell’International Civil Aviation Organization (ICAO) "uno spazio aereo di definite dimensioni all’interno del quale vengono forniti il Servizio Informazioni Volo (FIS) e il Servizio di Allarme (ALS)". Parte dal suolo e si estende illimitatamente verso l’alto; la sua estensione è varia (può corrispondere ai confini territoriali, ma non necessariamente), interessa il controllo dello spazio aereo, ma non si limita ad assicurare supporti tecnici a garanzia dei due diritti estesi a tutti i Paesi contraenti (il diritto di un aereo appartenente a uno Stato contraente di sorvolare lo spazio di un altro Stato contraente e di atterrare nel territorio degli altri Stati contraenti, purché per scopi non commerciali). Oltre a queste "libertà dell’aria" la convenzione di Chicago prevede altre "libertà", (alcune originarie, altre aggiunte in seguito) il cui acquisto resta soggetto a trattative fra i singoli Stati.
Malta riceve un grande vantaggio economico dalla zona Fir, che è estremamente ampia, essendo stata delimitata originariamente per l’Inghilterra. La FIR non ha, di per sé, niente a che fare con le zone dedicate al soccorso in mare, tuttavia Malta ha preteso che coincidesse con la zona SAR, che è palesemente troppo estesa per le possibilità di Malta, che però teme le prevedibili pressioni internazionali, intese a ridurre la sua zona FIR, qualora si verificasse una considerevole sproporzione tra questa e la sua zona SAR, senza contare che, in prospettiva le SAR potrebbero diventare zone di sfruttamento economico esclusivo.
In tal modo, data l’estensione della SAR maltese, molti natanti in difficoltà in quella zona di competenza si vengono a trovare più vicini alle coste italiane che a quelle di Malta e, quindi, i Maltesi pretendono che ad intervenire siano gli Italiani e che italiano debba essere il porto più sicuro dove recarsi.
La normativa della Convenzione SAR non scioglie i nodi della disputa perché fornisce due criteri di individuazione delle responsabilità operative di ciascun Paese: la regione SAR dove si verifica il disastro o il rischio di disastro e il Paese che per primo riceve la richieste di aiuto.
La Convenzione non solo non fornisce elementi per coordinare i due criteri, ma si può verificare, come avvenuto, che la richiesta di soccorso venga da un naviglio in acque libiche (e quindi fuori dalle zone SAR di Italia e Libia), sia raccolto dall’Italia, grazie però alle indicazioni di Malta.
Un evento del 2011, ebbe come conseguenza che un naviglio in avaria non fu soccorso da Malta (perché la prima segnalazione era stata ricevuta dal centro di coordinamento italiano) e neppure dall’Italia, perché il porto più vicino, Lampedusa, era impegnato nei continui sbarchi e non poteva distogliere motovedette da inviare per giunta nelle acque territoriali della Libia.
Con l’operazione Mare Nostrum l’Italia, nel 2013, si è, in passato, assunta l’onere di operare i salvataggi di ogni natante in pericolo nel Mediterraneo, intervenendo, ad esempio, 284 volte: 69 nella SAR libica, 79 in quella maltese e in quella italiana per il resto, cioè per meno della metà, ma, conclusa l’operazione, che non poteva ritenersi un onere permanente, il problema si è ripresentato con gli avvenimenti recenti.

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di Pietro Bognetti

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