La finanza etica: una moda o un modello da seguire?
Parlare di finanza “etica” non vuole sottintendere che il resto della finanza non sia etica, nell’immaginario collettivo il termine si distanzia dall’idea pregiudizievole di speculazione, distacco, spietatezza: il mondo degli investimenti sostenibili non differisce né come struttura né come costi dagli strumenti finanziari tradizionali, ma è un trend che sta crescendo sia nella domanda di approfondimento sia nei ritorni a livello di performance.
La curiosità degli investitori e l’attenzione delle case di investimento all’ampliamento delle offerte verso un’economia circolare non fa parte di una moda passeggera, ma di un aspetto contingente degli interessi delle persone, soprattutto i giovani, che si domandano come sarà il mondo nel futuro e contestualmente cercano di fornire, tramite le loro attuali scelte di investimento, un impatto positivo a livello globale, ricucendo il rapporto non banale tra capitali ed etica, tra persona e non capitale, tra equa remunerazione e non speculazione, tra idea o progetto e non patrimonio.
E’ sicuramente comprensibile l’interesse crescente per l’ambiente e la società, basta aprire i giornali per apprendere catastrofi climatiche, quote rosa, povertà, integrazione, inclusione. Gli aspetti sociali e ambientali non toccano solo marginalmente la nostra vita, ma fanno parte del sistema in cui viviamo a tutto tondo.
Il mio modo di acquistare beni, preferire alcuni prodotti o premiare le scelte aziendali dei miei fornitori ha un impatto inevitabile su di me e sulle interazioni future, allo stesso modo gli intermediari finanziari operano scelte specifiche sempre più selettive sui brand rappresentativi.
Il manifesto dei prodotti finanziari definiti “sostenibili”
• Si pongono l’obiettivo di creare valore nel lungo periodo, cioè generando un profitto economico che non vada a superare la capacità di carico del sistema ambientale;
• Vengono affiancate agli obiettivi di investimento valutazioni di natura ambientale, sociale o di governance;
• Non hanno carattere speculativo e come molti altri prodotti, guardano al medio-lungo periodo;
• L’impatto sulle performance è una conseguenza, non il fine ultimo;
• Ritengono che il credito, in tutte le sue forme, sia un diritto umano;
• Sono trasparenti e prevedono la partecipazione dei risparmiatori, non solo dei soci, alle scelte dell’impresa;
• Considerano l’efficienza una componente della responsabilità etica, inoltre hanno come criteri di riferimento la responsabilità sociale ed ambientale;
• Non ritengono legittimi i guadagni basati solo sullo scambio e possesso di denaro;
• Possono effettuare scelte economiche anche sulla base di motivazioni ideologiche, politiche, religiose.
La storia
Fin dal XVIII secolo, il protestantesimo è stato promotore di un risparmio etico, ritenendo incompatibile la dottrina cristiana con le attività economiche che facessero uso di schiavi, fossero coinvolte nel gioco d’azzardo o nella produzione di tabacco, armi, alcoolici.
Nell’epoca moderna il discorso di fondo esula dalla religione e si sposta sui movimenti di protesta per i diritti civili e democratici che si andavano affermando dagli anni ‘60 richiedendo innovazione su mercato, prodotti e servizi.
Sempre a margine di contestazioni, questa volta quelle delle organizzazioni studentesche americane contro la guerra in Vietnam, l’investimento diviene strumento di promozione del cambiamento sociale: il denaro viene considerato “politico” in relazione agli effetti che produce e non è tollerabile l’investimento in imprese direttamente o indirettamente coinvolte nel conflitto.
Il momento topico della fase è, però, rappresentato dalla lotta al regime segregazionista sudafricano; il reverendo Sullivan riesce negli anni ’70 ad elaborare una serie di princìpi di non discriminazione, smuovendo anche l’azionariato di alcune multinazionali con un approccio attivo di boicottaggio su quelle coinvolte in pratiche di apartheid.
Anche in Italia, a Verona, a causa della crisi, molte aziende chiudono o falliscono; gli operai, pur sapendo di non possedere le conoscenze finanziarie ed aziendali adeguate, intuiscono che per sfuggire al rischio disoccupazione ci vuole l’autogestione e creano le prime MAG (mutua autogestione).
Negli anni ’80 e ’90 il fenomeno del microcredito si consolida anche in Europa e si pone come vero esempio per tutto il mondo degli investimenti, seguito da moltissime società di gestione.
Quando uno strumento finanziario è sostenibile?
Gli strumenti finanziari vengono selezionati con uno “screening”, positivo o negativo, ossia una valutazione del comportamento degli emittenti secondo i criteri ESG (enviromental, social, governance); ad esempio lo screening negativo riguarda la produzione e commercio di armi, produzione e distribuzione del tabacco, pornografia, OGM, test su animali, settori chimici e petroliferi che non sono compatibili dal punto di vista ambientale, violazione dei diritti umani, la presenza in paesi governati da regimi oppressivi, deforestazione, inquinamento dell’aria e dell’acqua, il mancato rispetto delle leggi e della deontologia…
L’impatto ambientale è ovviamente di primaria importanza, ogni giorno assistiamo alle immagini dei media che ci forniscono un’istantanea dell’ambiente deturpato dall’intervento dell’uomo.
Il riscaldamento globale non lascia margini ottimistici sull’imminente scioglimento dei ghiacciai, la deforestazione e gli incendi non solo depauperano ossigeno, ma contribuiscono ancora di più all’inquinamento e alla produzione di CO2.
Alcuni governi mondiali (partendo dalla Cina già dal 2015, molto sensibile ai numerosi decessi causati dall’inquinamento e con la forte ambizione di ritornare a respirare aria pura come negli anni ‘80) si stanno muovendo in tal senso con progetti che tenderanno a prediligere energia pulita e rinnovabile e riduzione di anidride carbonica e di rifiuti.
I profitti delle aziende sfruttatrici sono stati per lungo tempo in forte contraddizione con le condizioni e i diritti dei lavoratori, sottoposti a sostanze nocive e a condizioni climatiche estreme.
Anche la diversità di genere è un tema sempre più importante nella governance a livello internazionale; alcuni studi dimostrano che l’equilibrio dal punto di vista del genere migliora non solo le performance dell’azienda, ma anche il lavoro di gruppo, bilanciando gli aspetti caratteristici dei due sessi per arrivare a migliori idee e migliori risultati.
Purtroppo, a monte, le discrepanze tra istruzione e possibilità di scolarizzazione maschile e femminile, seppure in crescita rispetto al passato, sono ancora ben evidenti in alcuni paesi meno sviluppati, anche a causa di discriminazioni e violenze culturali.
Le due principali macro aree sono il microcredito e l’investimento etico.
Come detto in precedenza, i confini non sono estremamente definiti, proprio perché aziende che hanno criteri ESG possono fare parte di prodotti non espressamente classificati come socialmente responsabili.
In linea generale, gli intermediari e i mercati sono chiamati ad un’azione di responsabilità sociale, conducendo un movimento di economia circolare tra chi ha fondi in abbondanza e chi ne ha in difetto.
A comprova del fatto che lo sviluppo umano è condizione indispensabile rispetto al consueto sviluppo economico, si utilizza l’indice di sviluppo umano (ISU) in alternativa o affiancato al PIL.
Tutti questi fattori ci confermano che la finanza non è un gigante neutro, anche noi nelle nostre piccole scelte quotidiane possiamo cambiare rotta; informarci e renderci consapevoli può modificare in profondità le dinamiche del “tutto e subito” e dei prodotti spot.
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