La formazione professionale


La formazione professionale è un`opportunità e non un obbligo
La formazione professionale
Nella mia trentennale esperienza nella professione di ragioniere commercialista la sensazione che spesso mi ha assalito e mi assale è quella di inadeguatezza.
Questa sensazione è sempre derivata da più di un fatto che posso sintetizzare in queste considerazioni:
Sono io non all’altezza?
E’ la burocrazia di questo paese che è troppo complicata e che spesso è un muro di gomma nel quale tutti rimbalziamo senza possibilità di rimediare?;E’ la rincorsa a far cassa di tutti i governi, che, praticamente ad ogni piè sospinto elabora Decreti Legge (la legiferazione ordinaria per leggi oramai non esiste più) atte a far fronte ai sempre più alti costi di gestione della macchina statale?
E’ l’abitudine tutta italiana al rinvio?
Sono le abitudini della maggior parte di noi, che si limita a guardare al proprio orticello ed a considerare gli "altri" solo una scocciatura necessaria?

Potrei procedere con mille di queste considerazioni ma non raggiungerei lo scopo che intendo raggiungere con queste mie poche righe e quindi dico che tutto quanto ho messo in queste considerazioni è valido e che nulla è escluso.
Il mio scopo è quello di dimostrare che non si finisce mai di imparare e "tutti" gli altri possono insegnarci qualcosa.
Nei primi anni di professione, iniziando dalla fine degli anni ottanta ho sempre effettuato la formazione professionale "pagandola profumatamente" perché non era teoricamente obbligatoria.
Da quando la formazione è diventata obbligatoria ho accresciuto ancora di più la voglia di perfezionarmi e di imparare ogni giorno qualcosa di nuovo, anche perché a noi "piccoli professionisti" si rivolge la gran massa del popolo delle partite iva che è costretta spesso ad avere a che fare con un mare di incombenze che diventano montagne da scalare per la maggior parte di loro.
Ogni giorno c’è qualcuno che mi chiede di occuparmi di qualche "pratica" che non sarebbe proprio nella mia sfera di azione, ma mi attivo in tutti modi con le mie due collaboratrici a cercare di risolverla.
Da quando cerco di studiare ogni genere di argomento mi si allargano gli orizzonti ed alla fine anche il contatto con altri colleghi, con scambio di conoscenze, mi permette di raggiungere obiettivi impensabili.

Concludo queste mie considerazioni dicendo che per salvare il nostro lavoro dobbiamo fare solo una cosa, farlo bene e quindi giornalmente dobbiamo passare almeno un quarto del tempo a formarci, aggiornarci ed a cercare di rispondere alle mille esigenze di un paese che spesso è un pò schizofrenico ma che raccoglie in se anche tante capacità e tanto talento.
Chi fa il professionista non deve chiudersi nel proprio studio e farsi sommergere dalle carte, ma sistematicamente aprirsi all’esterno e trasmettere agli altri le proprie conoscenze chiedendo lo stesso tipo di reazione a tutti coloro con i quali interloquiamo quotidianamente.
Se rendiamo le nostre conoscenza accessibili a tutti prima o poi ritornano dagli altri interlocutori altre conoscenze e così via.
Ovviamente ho scoperto l’acqua calda, anche perché sono anni che esistono reti professionali, ma il mio sfogo vuol far capire che anche se non vediamo un tornaconto economico immediato lo scambio di informazioni, naturalmente gratuito, sicuramente farà diventare la nostra professione più vicino ai bisogni di tutti e ci renderà un pò più di meriti nei confronti di tutta la comunità che spesso ci avvicina e ci accomuna all’evasione fiscale.
Amo il mio paese ma ogni tanto le nostre cattive abitudini andrebbero bacchettate, naturalmente non buttando come si dice in gergo "il bambino insieme all’acqua sporca.
Ad maiora

R.M. 28/1/2016

Articolo del:


di Marcobelli Roberto

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