I rischi della gestione del rapporto di lavoro domestico tipo h24 tramite agenzia
Preliminarmente possiamo senza dubbio affermare come non sia possibile per una azienda (qualunque sia la sua forma giuridica) offrire servizi di assistenza familiare ad un costo concorrenziale rispetto al Ccnl per il lavoro domestico, che è un contratto agevolato (specialmente nella parte contributiva) perché riservato alle persone fisiche.
Neppure le agenzie interinali, che pur possono utilizzare il Ccnl colf badanti, possono essere concorrenziali, dovendo sostenere una serie di costi “istituzionali” che incidono pesantemente sul canone mensile addebitato alla famiglia.
Il costo di una assistente familiare è universalmente riconosciuto (per il livello cs “convivente”) pari ad € 1330,00 euro lorde mensili, escluso il Tfr, offrendo alla famiglia 54 ore settimanali di assistenza, ad un costo complessivo (includendo il Tfr) di circa 1.420,00 euro lordi mensili (circa 17.000,00 euro lordi all’anno).
Un altro elemento “non opinabile” è che ogni azienda che applichi un qualsiasi contratto “legale”, è sottoposta, suo malgrado a dei limiti:
1. non può far lavorare il dipendente così tante ore (nessun Ccnl prevede più di 40 ore settimanali e qualche ora di straordinario);
2. non è in grado di ottenere un costo del lavoro (che ovviamente deve poi essere ricaricato delle “spese amministrative” e del guadagno) inferiore a 20.000 euro all’anno (per circa 40 ore di lavoro settimanali), ai quali vanno aggiunti i costi relativi all’assistenza sostitutiva in caso di malattia o ferie dell’assistente familiare.
Tali comportamenti se posti in essere, spesso, coinvolgono la famiglia committente quale fruitore del servizio vedendola corresponsabile in solido con l’intermediario (in caso di contenziosi con la badante) giacché la legge italiana, mirando alla tutela della parte più debole, che è in ogni caso il lavoratore, ritiene nulla ogni clausola contraria a tale principio.
Anche la regolarizzazione parziale dell’assistente familiare (31/40 ore quando invece ne lavora 54 o altre “trovate” del genere) non porta alcun beneficio alla famiglia o al lavoratore e non esonera la prima dal concorso di responsabilità in sede civile.
A cagione di questi motivi è, quindi, sempre indispensabile richiedere a qualunque agenzia la documentazione relativa al rapporto di lavoro con l’assistente familiare e la relativa attestazione del versamento dei contributi previdenziali, principale ambito di “corresponsabilità” tra la famiglia e l’intermediario.
In merito, quindi, al conferimento di incarico alla agenzia risulta doveroso attenzionare bene le clausole giacché anche nel caso di esonero da eventuali responsabilità le stesse potrebbero essere parziali e non totali o addirittura nulle.
L’ispettorato del lavoro chiarisce che non ci sono conseguenze sanzionatorie per le famiglie se la badante fornita dalle agenzie di somministrazione non è in regola (nota 5617 del 21 giugno 2017), tuttavia diversa è la situazione per quanto concerne differenze retributive e versamento degli oneri previdenziali per personale regolarmente assunto.
Sulla base di corrette proiezioni previdenziali ed economiche fatte qualunque regolarizzazione inerente badanti conviventi con servizio di tipo h24 proposta a condizioni lavorative ordinarie discostanti in alta percentuale dalla cifra lorda mensile di euro 2.840,00 risulta destare vari dubbi sulla circostanza che il rapporto di agenzia possa mettere al riparo il consumatore finale da eventuali vertenze giudiziarie inerenti differenze retributive maturate da corrispondere o oneri previdenziali omessi da integrare.
Alla luce di quanto sopra, quindi, qualora, la situazione patrimoniale del committente sia tale da esporlo a procedure esecutive fruttuose si sconsiglia vivamente la sottoscrizione di prodotti commerciali dal costo ribassato come sopra indicato giacché l’eventuale liquidazione o insolvenza della agenzia di somministrazione scaricherebbe in toto la responsabilità e gli oneri in carico alla famiglia committente, almeno che la stessa non risulti a sua volta nelle condizioni di inattaccabilità patrimoniale di cui sopra.
Una ctp per un rapporto di lavoro domestico annuale stipulato, alle condizioni di cui sopra ed inerente a differenze retributive maturate ed oneri previdenziali da integrare, potrebbe fare emergere richieste giudiziarie per cifre verosimilmente oscillanti tra i 12.000,00 euro ed i 15.000,00 euro.
Alla luce di quanto sopra detto la soluzione prospettabile ottimale potrebbe essere quella di assumere direttamente le operatrici, con una flessibilità di orario di lavoro, versando direttamente gli oneri contributivi trimestrali alle stesse.
Ciò permetterebbe di avere un costo minore del servizio, privato degli oneri di agenzia, ed una copertura piena Inail per eventuali infortuni sul lavoro, posti comunque i valori quantificati come sopra.
Rimarrebbe deficitario l’aspetto assicurativo inerente ad eventuali danni che le operatrici possano arrecare nell’esercizio delle proprie funzioni, ma lo stesso risulta discrezionale al contesto familiare in cui le operativi verrebbero inserite.
In questa prospettiva, la gestione del rapporto di lavoro domestico potrebbe essere demandata ad un consulente esterno che si occupi della parte inerente la consulenza del lavoro.
Lo stesso potrà minimamente tentare di applicare l’elasticità del Ccnl di riferimento, sulla base delle normative in vigore, non potendosi escludere, tuttavia, dalle voci di retribuzione mensile quanto non risulti previsto nel compenso ordinario e straordinario ex Ccnl di riferimento.
Qualora, invece, ci si volesse comunque affidare ad una agenzia di somministrazione di lavoro si consiglia fortemente di verificare la regolarità trimestrale del versamento degli oneri contributivi dovuti come anche la corrispondenza tra le prestazioni lavorative svolte e quelle previste in contratto di assunzione, anche dal punto di visto della quantificazione degli oneri di cui sopra.
Posto che la normativa non permette esonero di responsabilità per mancata conoscenza del disposto normativo risulta, quindi, assai plausibile la possibilità di un coinvolgimento in eventuali contenziosi giudiziari della famiglia committente qualora le condizioni stipulate non rispecchino il disposto normativo sopra indicato.
Se poi nonostante tutto quanto indicato ed esposto si volesse, comunque, acconsentire al coinvolgimento in una alea di rischio inerente a contenziosi giudiziari si rimanda a quando indicato in merito alla preliminare verifica di inefficacia di eventuali procedure esecutive connesse alla presenza di condizioni patrimoniali tali da non esporsi, in caso di soccombenza giudiziaria, a danni diretti.
A riguardo si fa, tuttavia, presente che la mancata escussione patrimoniale in sede civile non esonera dall’esposizione ad eventuali azioni giudiziarie in ambito penale ove si profilino condotte perpetrate inquadrabili come fattispecie di reato.
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