La marca da bollo sulle fatture


Ma sulle fatture va messa la marca da bollo? E quando? Vediamo di fare chiarezza!
La marca da bollo sulle fatture
Le regole per le fatture cartacee
Una delle domande che si pone più spesso il neoimprenditore o neoprofessionista (ma anche la partita IVA navigata ha frequenti dubbi) è: sulle fatture che emetto quando devo applicare la marca da bollo?
La normativa, in realtà, è relativamente semplice, ma ovviamente bisogna conoscerla per poterla applicare.
Come regola generale, l’imposta di bollo e l’imposta sul valore aggiunto sono tributi alternativi. In altre parole, laddove si applica l’IVA non si applica il bollo e viceversa.
Per questo motivo, nelle fatture emesse dalla generalità dei contribuenti, non occorre applicare alcuna marca da bollo: se le cessioni di beni o le prestazioni di servizi sono soggette all’ordinaria aliquota IVA, non occorrono altri adempimenti.
I problemi sorgono, invece, in due casi:
- Operazioni non soggette a IVA: è il caso delle fatture emesse dagli aderenti al regime dei contribuenti minimi o al regime della contabilità forfettaria, delle prestazioni esenti (come i servizi dei medici, degli insegnanti...) e altri casi ancora;
- Operazioni soggette a IVA ma contenenti singoli importi non soggetti: la fattura segue le regole ordinarie, ma fra le varie voci ne compaiono una o più che non subiscono l’IVA (come i rimborsi delle spese anticipate in nome e per conto del cliente o gli interessi di mora).
Esiste però una deroga: per quanto non soggette normalmente a IVA, le esportazioni e le operazioni intracomunitarie non sono mai sottoposte all’imposta di bollo.
Nelle due ipotesi indicate precedentemente, invece, sulla fattura va applicata la marca da bollo. Ma non sempre: è infatti richiesto che gli importi non soggetti a IVA siano complessivamente di ammontare superiore a € 77,47. Per comprendere come il legislatore si sia inventato quest’importo, occorre considerare che si tratta dell’equivalente di 150.000 lire, e che dacché è entrato in vigore l’euro tale soglia non è mai stata rivista.
Per importi complessivamente inferiori alla cifra indicata, invece, non occorre alcuna marca. Si pone l’accento sul fatto che si parla di importi complessivi: se, per esempio, nella stessa fattura sono conteggiate due distinte prestazioni esenti entrambe di ammontare pari a € 40, poiché il totale supera la soglia citata, la marca da bollo è indispensabile.
L’ammontare della marca da bollo da apporre è attualmente pari a € 2,00.
Si segnala che occorre una sola marca, da apporre sulla copia della fattura destinata al cliente; sulla copia che rimane all’emittente, infatti, non occorre applicare alcuna marca. Per evitare possibili contestazioni, tuttavia, potrebbe essere prudente apporre sulla copia dell’emittente la dicitura: "Imposta di bollo assolta sull’originale", aggiungendo il codice identificativo del contrassegno.
La marca va obbligatoriamente annullata, altrimenti è come se non fosse stata apposta. Per annullarla, è sufficiente tracciare un tratto di penna che vada dalla marca al foglio sottostante.

Le regole per le fatture elettroniche e per le fatture analogiche inviate per posta elettronica
Fino a qui il discorso è molto semplice, e se la fattura è consegnata a mano oppure per posta ordinaria o raccomandata al cliente, non ci sono altri problemi da considerare.
Che cosa succede invece se la fattura è spedita al cliente per posta elettronica lasciando che sia lui a stamparsela a casa propria, come ormai succede sempre più di frequente? E che dire delle ben più complesse fatture elettroniche, ormai obbligatorie nei rapporti con la Pubblica Amministrazione e, con ogni probabilità, destinate a soppiantare completamente le fatture cartacee entro qualche anno?
Posto che la marca da bollo non può ovviamente essere smaterializzata, la legge oggi prevede una soluzione molto più semplice rispetto alla ben più complessa previgente disciplina basata su previsioni e autorizzazioni.
Su ogni documento interessato, in luogo della descritta dicitura "Imposta di bollo assolta sull’originale" occorre iscrivere le parole: "Imposta di bollo assolta in modo virtuale ex DM 17/06/2014 art. 6".
All’inizio di ogni anno occorre poi contare quante sono stati i documenti emessi nell’anno precedente e sottoposti all’imposta di bollo e provvedere a versare l’intero ammontare dell’imposta con modello F24 entro il successivo mese di aprile.
Ad esempio: nel 2016 sono inviate per posta elettronica la totalità di cento fatture, di cui settanta con importi non soggetti a IVA e, tra queste, trenta presentano importi superiori a € 77,47.
In tal caso sono dunque trenta i documenti interessati dall’imposta di bollo, perciò entro il mese di aprile 2017 occorre versare con modello F24 l’importo di € 60,00.
Per completare il discorso, aggiungiamo due precisazioni.
La prima è che le regole descritte concernono non solo le fatture (anche quando vogliamo chiamarle parcelle, bollette, conti o in qualunque altro modo) ma anche le note di credito e le copie conformi.
Si avvisa, inoltre, che nelle ipotesi in cui la legge esonera dall’emissione della fattura (per esempio: le cessioni per corrispondenza), non è dovuta l’imposta di bollo; ma se la fattura è emessa ugualmente per scelta del contribuente o richiesta del cliente, allora l’imposta di bollo è dovuta, qualora ne ricorrano le condizioni.

Le sanzioni
Vediamo, infine, gli aspetti sanzionatori. Sebbene l’obbligo ricada sull’emittente, è bene che il ricevente insista perché il bollo sia regolarmente applicato e pagato; in caso di violazione, infatti, la sanzione può essere richiesta indifferentemente ad una qualunque delle due controparti.
A quanto ammonta la sanzione? L’importo non è in realtà elevatissimo: si va dal doppio al quintuplo dell’importo del tributo evaso. Il cliente che ha ricevuto una fattura priva della necessaria marca da bollo, tuttavia, può regolarizzare la situazione presentando nei quindici giorni successivi il documento ad un ufficio dell’Agenzia delle Entrate e versando l’importo dell’imposta evasa; in tal caso, la sanzione sarà comminata esclusivamente nei confronti dell’emittente.

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di Giuseppe Aymerich

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